Thymesia – Il “Bloodborne” di Team17?

A distanza di tredici anni dall’approdo di Demon’s Souls sul mercato, la formula dei “Souls” continua ad avere successo in casa FromSoftware. L’ennesimo esempio lo si è visto quest’anno con Elden Ring, con il quale la software house capitanata da Hidetaka Miyazaki è tornata in maniera decisa a dove era rimasta con Dark Souls III, evolvendo ulteriormente quello stile piuttosto che ripartire dal pur eccellente Sekiro.
Eppure è incredibile come nessun’altra software house sia ancora riuscita a creare un Souls-like che possa davvero competere con le opere di FromSoftware, nonostante parentesi di valore (come Nioh e Nioh 2) che comunque seguono una strada diversa.
Un nuovo tentativo in questo 2022 arriva da una produzione Team17, publisher di tanti “indie games” di successo, nonché la prima opera della software house taiwanese Overborder Studio.
Si tratta di Thymesia, un Souls-like che molti hanno paragonato al tanto stimato Bloodborne, per via del genere videoludico ma anche del protagonista Corvus, guerriero dall’aspetto di un medico della peste che tanto ricorda Eileen il Corvo: personaggio iconico della celebre opera di FromSoftware.
Premesso il fatto che è difficile per una produzione indie giocare alla pari con una serie di videogiochi Tripla A, Thymesia riesce a farsi comunque apprezzare con uno stile proprio e con una buonissima attenzione ai dettagli di gameplay, ma fino a quanto riesce a centrare il punto?
Conosci te stesso
“Colui che indaga se stesso non sarà mai perduto”
Un’anima intrappolata, una non-morte, un “incubo”, una resurrezione infinita… I titoli FromSoftware sono stati attenti addirittura nel dare una motivazione narrativa al ripristino dopo la morte del personaggio giocante. In Thymesia, invece, si tratta di… ricordi.
Il nome “Thymesia” si riferisce all’ipertimesia: la capacità di un individuo di ricordare gran parte degli eventi della propria vita. E’ proprio questo che deve fare Corvus, il protagonista, per salvare il regno di Ermes nel quale è ambientata la sua avventura.
Ermes è un regno che è riuscito a spiccare tramite l’uso dell’alchimia, con la quale è stato possibile trasformare le pestilenze in cure, finché qualcosa non è andato storto…
Nei documenti rinvenuti durante il gioco si parla di un incidente, ed è proprio Corvus a dover indagare non solo per ricordare cos’è accaduto, ma anche e soprattutto per ricordare qual è la soluzione alchemica che permetterà di salvare il mondo.

Resilienza
Dopo anni di abitudine allo stile tendente al safety di Demon’s Souls, Dark Souls e Dark Souls II, fu “traumatico” nel 2015 il doversi abituare allo stile di Bloodborne: più rapido, senza scudi, e con armature utili più per l’estetica che per la difesa.
Nonostante le similitudini e l’appartenenza allo stesso genere, Thymesia ha il merito di proporre un gameplay tutto suo. Se proprio si vuol continuare a fare paragoni, si potrebbe dire che Thymesia dà la sensazione di giocare con il protagonista di Bloodborne contro i nemici di Dark Souls.
A favore del gameplay veloce in Bloodborne vi è la possibilità di recuperare in combattimento una parte di salute persa, colpendo il nemico nei pochi secondi successivi al danno subito. In Thymesia è presente una meccanica simile tutta a favore dei nemici, tramite la distinzione tra danni e ferite.
I danni inflitti da Corvus tramite gli attacchi con la sciabola potrebbero non bastare ad abbattere il nemico, in quanto la barra della salute (di colore bianco) rimossa lascia al suo posto un’altra barra di colore azzurro, ad indicare le ferite.
Dopo qualche secondo, la barra delle ferite inizierà a ripristinare lentamente quella della salute se il nemico non viene attaccato di nuovo.

Gli attacchi con la sciabola non sono molto efficaci sulla barra delle ferite, per la quale sono fondamentali gli attacchi con l’artiglio: uno strumento che riserva ben più del semplice infliggimento dei danni.
L’artiglio, oltre ad infliggere danni permanenti alla barra delle ferite, ripristina la barra dell’energia ad ogni colpo inflitto, necessaria per il costo d’uso delle armi pestilenziali.
Queste ultime sono sbloccabili dal menù dei Lumi pagando un costo di frammenti d’arma, rilasciati dai nemici sconfitti che brandiscono armi omonime. I frammenti permettono anche ulteriori potenziamenti, aumentando i danni inflitti e le tecniche possibili con l’arma.
Si possono equipaggiare al massimo due armi pestilenziali, ma è presente anche un terzo slot che ha a che vedere con la terza funzione dell’artiglio: depredare l’arma pestilenziale nemica.
Caricando al massimo l’attacco dell’artiglio, viene inflitto un danno maggiore alla barra delle ferite, e in contemporanea si equipaggia, nel terzo slot, l’arma pestilenziale del nemico, utilizzabile una sola volta (è comunque possibile assorbirla di nuovo dallo stesso nemico) ma senza consumo di energia.
Questo attacco, in genere, fa sì che i nemici rilasciano facilmente frammenti delle loro armi per potenziare le armi pestilenziali.

Oltre alla differenza tra danno e ferite, che permette ai nemici di tenere duro anche con la salute al minimo, in Thymesia tutti gli avversari di Corvus mantengono un equilibrio notevole sugli attacchi subiti (poise, come si dice in gergo). A questo si aggiunge anche una capacità di parata e contrattacco paragonabile a quanto visto in Sekiro.
Persino i nemici più deboli riescono a caricare il colpo mentre subiscono danni, così come affrontare un nemico equipaggiato di scudo potrebbe risultare più complicato del previsto.
Una scelta che lascia un po’ a desiderare sulla sensazione che si prova infliggendo i colpi, ma che assieme ad altre caratteristiche dà a Thymesia la possibilità di proporre un gameplay eccellente e con personalità.
Thymesia è un vero action RPG
Definire un gioco di ruolo (GDR) nel contesto videoludico può risultare addirittura difficile se paragonato con i GDR cartacei e dal vivo, per via degli ovvi limiti imposti da un codice di programmazione.
Sicuramente lo è definire un GDR d’azione, o action RPG, dove spesso si fa riferimento a un videogame con un combat system tipico degli action, unito alla possibilità di influenzare fortemente equipaggiamento, statistiche del personaggio giocante, e abilità.
I “Souls” hanno cambiato la tendenza di questo genere, facendo sì che la componente GDR serva a decidere in che modo giocare piuttosto che essere determinante a vincere le sfide, per le quali conta invece più l’abilità del giocatore.
Bloodborne è il “Souls” che più di tutti spinge la componente action, ma nonostante il continuo paragone con esso, Thymesia tende invece a bilanciare bene le due componenti di gameplay, soprattutto tramite i talenti.

Se l’incremento delle statistiche tramite i frammenti di ricordo non semplifica particolarmente l’elevata difficoltà di gioco, i punti talento assegnati vanno oltre il semplice scegliere o meno come giocare.
Pad alla mano, è facile accorgersi come inizialmente manca qualcosa al gameplay action di Thymesia in diverse funzioni: mancanza della possibilità di parare, poca ampiezza delle hitbox nella deviazione dei colpi, recupero importante nella schivata, attacchi con artiglio lenti, ecc.
In realtà, tutto ciò rientra nei talenti sbloccabili: una serie di alberi delle abilità dei quali fanno parte anche capacità fondamentali per Corvus, come la seconda schivata o la scelta tra parata e deviazione, ma anche altre funzioni come lo scatto dopo il lancio della piuma (l’attacco a distanza), e soprattutto la possibilità di recuperare un po’ di salute dopo aver inflitto il colpo di grazia a un nemico.
Potrebbe sembrare limitante tutto ciò, ma è possibile anche rimuovere e ridistribuire i talenti ogni volta che si vuole dal menù dei Lumi: i livelli di gioco non propongono insiemi di nemici che spingono troppo su questo aspetto, ma potrebbe essere un’ottima occasione cambiare l’assetto dei talenti tramite un Lume a metà livello, o meglio ancora prima di un boss o mid boss.
Level design e “il soldo che manca per fare una lira”
A differenza dei titoli FromSoftware, l’avventura di Thymesia è divisa in livelli, selezionabili dalla Collina dei Filosofi: hub di gioco che lascia un po’ a desiderare, dato che le varie funzioni da svolgere nelle diverse aree sono le stesse del menù dei Lumi, ai quali è possibile accedere semplicemente parlando con Aisemy, l’unico NPC presente in questo luogo.
La main quest è piuttosto breve, ma il completamento di ogni missione primaria ne sblocca altrettante secondarie collegate al luogo esplorato. Alcune di queste si svolgono nello stesso livello che viene esplorato in maniera differente (stile side quest di Nioh), altre invece si svolgono in livelli inediti, offrendo anche sfide con nuovi boss.
Dal punto di vista narrativo, le missioni principali riguardano il recupero dei ricordi per la Soluzione di Ermes che salverà il mondo, mentre quelle secondarie permettono di svelare la lore del mondo di gioco.
Il metodo scelto per spiegare la lore è legato a documenti sparsi nel regno. Testimonianze che, fortunatamente, vengono anche raccolte in un apposito menù dove è possibile leggerle di nuovo ogni volta che si vuole (in stile Mortal Shell).
Il problema di questa scelta narrativa è che risulta debole affidarsi unicamente alla lettura di documenti e ai dialoghi con un paio di NPC, quando le opere di FromSoftware hanno insegnato a rendere avvincente la narrazione tramite lore grazie ad elementi visivi, descrittivi, e di gameplay.
Ad esempio, è impossibile tralasciare l’assenza di descrizioni interessanti negli oggetti che non siano gli ingredienti per le pozioni. Nonostante il numero limitato di oggetti presenti nel gioco, ci si poteva aspettare qualcosa in più, come poteva essere qualche descrizione extra gameplay delle armi pestilenziali.

Il problema della divisione a livelli sta invece nell’assenza di una sensazione di progresso. Nell’avventura di Thymesia manca l’idea di star effettivamente scavando a fondo, dato che il grosso della storia riguarda le missioni principali, e per quanto oscure e interessanti possano essere le missioni secondarie, la narrazione relegata quasi del tutto ai documenti pecca nel creare hype per determinati incontri.
Inoltre, il numero risicato di livelli rende ancor più grave la pecca del rigiocare alcuni di questi in maniera diversa in alcune side quest.
Si potrebbe narrativamente giustificare il non poter accedere nuovamente a determinati percorsi della main quest con il fatto che si tratta di ricordare, andando dunque a circoscrivere la memoria alle sole zone importanti per la ricerca di un determinato ricordo.
Tuttavia, è ingiustificabile il solito errore di level design “alla Dark Souls II” fin troppo presente in Thymesia, consistente in strade inaccessibili che si è costretti ad aggirare semplicemente perché non è presente un comando per saltare liberamente.
E’ oggettivamente brutto, al giorno d’oggi, essere obbligati a fare il giro per raccogliere un oggetto o un documento posto sopra un dislivello di appena mezzo metro.

L’avventura di Thymesia è un’esperienza breve ma intensa, arricchita da un gameplay di personalità e da una difficoltà che potrebbe impegnare più del dovuto, nel caso in cui non si riesca a seguire le dure regole imposte dal gioco.
Tuttavia, un’esperienza del genere avrebbe avuto bisogno di eccellere sotto ogni aspetto per lo scomodo paragone con le opere di FromSoftware, anziché averne alcuni piuttosto deboli anche a causa di errori banali.
Svelare la verità sul regno di Ermes è abbastanza intrigante, trattandosi anche di un viaggio breve, ma pur con le dovute proporzioni, il desiderio di scoprire la verità su Yharnam venendo spinti dagli eventi incredibili dei quali si è testimoni in Bloodborne, è un’esperienza proposta in maniera molto più entusiasmante.