Il Tredicesimo Simbolo
Arnaldo Pavesi torna in libreria con un suo secondo romanzo: Il Tredicesimo Simbolo, edito da Il Ciliegio, casa editrice comasca che, nella sua vasta offerta, dà molto spazio a romanzi gialli e thriller.
E Il Tredicesimo Simbolo ha qualcosa di entrambi.
Come un giallo pone il punto di vista sul detective, in questo caso l’antiquario milanese Ludovico Boringhieri, centro effettivo della narrazione. Sarà lui infatti a svelare il mandante e il motivo della serie di crimini che si producono intorno ad un monastero medievale situato tra le dolci colline toscane, a Cortona. Con lui, scopriremo anche alcune delle bellezze architettoniche della Val D’Orcia e della Val di Chiana.
Del thriller invece, ritroviamo il climax ascendente di intrecci e concatenazioni di eventi, anche mortiferi, che genera una suspense, una tensione costante nel lettore. Lo stile è asciutto.
Il titolo contiene già qualcosa di misterioso.
Il numero tredici infatti viene dopo il numero dodici che simbolizza il compimento di un ciclo. Dodici sono i mesi dell’anno, le ore del giorno e della notte, i segni zodiacali, le tribù di Israele, le fatiche di Ercole, gli apostoli di Gesù.
Il tredici quindi arriva appena dopo, come fonte di disequilibrio, come rottura di armonia, come qualcosa che si oppone al divino. Rappresenta infatti anche la ribellione di Lucifero.
E qualcosa di demoniaco sembra davvero essere entrato all’interno del monastero toscano abitato in gran parte da monache di clausura, dove Boringhieri è chiamato dalla badessa per eseguire una perizia estimativa del suo tesoro.
La splendida costruzione medievale infatti, dopo secoli di presenza sul territorio, necessita di una importante ristrutturazione conservativa. Qualora la badessa non arrivi a trovare i fondi necessari attraverso la vendita del tesoro, la Curia dovrà procedere alla vendita e l’Ordine delle suore di clausura ospitato al suo interno, sarà costretto ad andarsene.
Pur professandosi ateo, Ludovico Boringhieri accetta l’incarico con piacere, anche perchè spera di trovare, “lontano dalla vanità e dalle tentazioni”, un pò di ristoro per il suo spirito in cerca di pace e armonia dopo una relazione sentimentale naufragata.
Non solo però non trova ciò cui anela, ma si scontra da subito con la rigidità e la diffidenza delle suore, “aggrappate, scrive l’autore, come monoliti all’imperativo dell’obbedienza” cui lui sembra allergico.
Inoltre investitori privi di scrupoli già si profilano all’orizzonte, cosi come il primo omicidio. Si tratta di Suor Celeste, la novizia che stava compiendo studi segreti su qualcosa di molto prezioso e sconosciuto contenuto all’interno del luogo sacro. Al suo, ne seguono altri ed anche la vita di Boringhieri e del suo fido collaboratore è in pericolo.
Gli eventi si susseguono vorticosamente mentre si delinea sempre di più, il piccolo mondo “umano” che ruota attorno al detective, quasi una fotografia della nostra contemporaneità.
Il Tredicesimo Simbolo: personaggi soli, schiacciati sul presente
Boringhieri passa attraverso il suo sguardo disincantato personaggi soli, schiacciati sul presente, alla ricerca di una dimensione estetica, edonistica, sempre materiale.
Sono persone semplici come Egidio e Cosimo, collaboratori del monastero, o politici affaristi o nobildonne. Come la contessa di Cortona che, ci racconta lui stesso, prende in considerazione i futuri mariti delle figlie dopo averne vagliato le dichiarazioni dei redditi. O la sua avvenente collaboratrice che misura nel volume economico delle transazioni, il carisma del capo. Più di una volta si sofferma su “pici e fiorentina, innaffiati da dell’ottimo vino rosso, che hanno la meglio su conversazioni banali”.
Talvolta sembra voglia confessare al lettore che è stanco della vanagloria e supponenza che sembrano alternarsi in “duelli concettuali e sfide dialettiche” tra i protagonisti, che appaiono persi nel loro labirinto individuale.
Il labirinto come vita, la vita come labirinto
Sarà invece proprio un labirinto disegnato secoli prima su uno dei preziosi arazzi ritrovati all’interno del monastero insieme alla interpretazione di frasi latine, pergamene e dipinti, a far luce non solo sugli omicidi del presente, ma anche su fatti antichi, che ricordano il processo alle streghe di Salem.
L’arte, la conoscenza, l’amore per il sapere, riescono così a riscattare l’ignoranza, l’invidia, l’avidità, l’ottusità, il sospetto e la paura di ieri e di oggi. Diventano luce che illumina e riscalda la vita. E fanno nascere persino nello spirito del freddo antiquario Boringhieri, uno sguardo nuovo e fiducioso sul futuro.
Per informazioni sull’autore: www.arnaldopavesi.com.
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