La sindrome di Hugh Grant, il nuovo romanzo di Daniele Cobianchi
Ogni donna è destinata, prima o poi, ad incontrare un uomo affetto dalla sindrome di Hugh Grant. Un uomo che non riesce a crescere e ad assumersi responsabilità. Come i personaggi delle commedie romantiche dell’autore britannico, questi uomini cercano in tutti i modi di prolungare la propria giovinezza, di vivere alla giornata, senza fare programmi a lungo termine.
Potremmo definire questo comportamento come un moderna sindrome di Peter Pan? Anche, ma non solo.
Daniele Cobianchi ci racconta delle scuse, delle fughe dalla responsabilità, ma anche di quello che c’è dietro tutto questo: fragilità, insicurezza, una generazione di quarantenni che non sanno ancora che fare della propria vita.
Il romanzo racconta la storia di Thomas Rimini, che lavora nel marketing dei sughi pronti.
È bello e brillante, ma ha quarant’anni: non l’età di mezzo, l’età dove sei mezzo. Mezzo adulto e mezzo ragazzo, mezzo sognatore e mezzo disilluso, mezzo innamorato e mezzo in attesa di chissà chi.
Ogni qual volta la vita gli chiede una presa di posizione lui non risponde e si rifugia in un eterno presente.
Lascia Marcella, che era pronta a sposarlo, si butta nel lavoro, prende una casa in centro, affina tecniche di seduzione da chef e ritrova vecchi amici: tutti suoi coetanei, ognuno impegnato ad affrontare i propri fallimenti come può.
Chi diventa professionista dell’happy hour, chi sogna l’amore e gira sempre con un anello in tasca, chi si ammazza di running fino a diventare pelle e ossa.
Non è che Thomas scappi dalle responsabilità: anzi, le brama. È dal compromesso che fugge, dal modello sociale che impone tempi e modi preconfezionati alla sua generazione, cresciuta nel benessere ma spesso incapace di capire cosa vuole. Accade però che la strada scelta da Thomas, quella che sembrava la più facile, improvvisamente s’impenna, e il tracciato inizia ad aggrovigliarsi irrimediabilmente.
Una storia di quarantenni disperati che l’autore ci racconta con ironia, un pizzico di amarezza e soprattutto con una profonda empatia per i suoi personaggi.
Daniele Cobianchi, anche lui quarantenne, pubblicitario e laureato in Filosofia del Diritto ci presenta un mondo che immediatamente riconosciamo e in cui possiamo identificarci.
Dal racconto emerge una generazione di uomini fragili che hanno solo la necessità di non tradire loro stessi, per guardarsi allo specchio e, anche con la barba lunga e la fedina sentimentale non proprio immacolata, sorridere.
Come dice l’autore stesso: «Credo che la cosa migliore alla fine sia ordinare giapponese e raccontare la verità. Usare il dramma a mio vantaggio, mostrare il lato debole, quello dolce, intenerire romanticamente, sbattere gli occhi velocemente come Hugh Grant nelle sue commedie. Nei film funziona sempre e, se questo lo fosse, le donne in platea farebbero il tifo per me».
Particolarità assolutamente inedita di questo simpatico romanzo è la colonna sonora ad esso dedicata: La sindrome, cantata dal misterioso gruppo Cavalli e Segugi, il cui brano lo potrete ascoltare vedendo il video qui sotto.
Valeria Campisi
13 dicembre 2014