Cuisineer – Un confronto con i suoi pari

Devo ammettere una cosa: sono sempre stato appassionato di un particolarissimo genere videoludico di nicchia. L’idea di vivere la vita dell’NPC che tipicamente vende vivande, pozioni, armi e ninnoleria varia ai personaggi principali è sempre stata particolarmente attraente per una persona come me, che ha uno spiccato spirito imprenditoriale ma che nella vita è troppo intimorita dalla severa legge del “se rimani senza soldi muori di fame”.
Sono quindi sempre stato attratto da giochi come Recettear, Shoppe Keeper e Moonlighter (di cui, fra l’altro, potete trovare la nostra recensione). Questo genere di giochi è abbastanza raro e solo un anno fa sono rimasto estasiato da Potionomics, un altro titolo simile dall’elevatissima qualità produttiva; difficilmente mi sarei mai aspettato di ricevere solo un anno dopo un altro titolo molto interessante.
“Capitalism, ho!”
Cuisineer è un titolo di BattleBrew Productions, software house di Singapore, che solo pochi giorni fa (il 9 di Novembre) ha pubblicato la loro nuova opera su Steam grazie a XSEED Games e a Marvelous Games (anche famosi per aver prodotto il seguito spirituale di Harvest Moon, ovvero Story of Seasons: A Wonderful life).
Il gioco del team cinese ci lancia con una quasi comica e satirica fretta nel vivo della storia: la nostra protagonista è di ritorno da un lungo viaggio e i suoi genitori sono appena partiti per una lunghissima vacanza, lasciandosi dietro un ristorante di famiglia e una quantità di debiti non irrisoria.
Come nella maggior parte degli esponenti di questo genere, quindi, il giocatore si troverà ad accrescere piano piano il proprio negozio, le proprie competenze e il proprio equipaggiamento per dimostrare quanto vale e ripagare i suddetti debiti.
Al contrario di tutti i suoi predecessori, però, Cuisineer contravviene una regola che per molti potrebbe essere fondamentale: non ha una vera e propria condizione di sconfitta.
Mi spiego meglio. In Recettear, come in Potionomics, il giocatore aveva un limite di tempo entro il quale saldare il proprio debito, o affrontare il proprio avversario di turno. Cuisineer non presenta nessuna di queste due caratteristiche, persino perire all’interno di uno dei dungeon non porterà ad alcuna conseguenza negativa se non la perdita di buona parte dei materiali ottenuti durante l’esplorazione. Questa per me non è stata una problematica degna di nota, ma per alcuni potrebbe essere quella mancanza che rende il gioco meno avvincente e stimolante.

L’elemento più curato del gioco è probabilmente la libertà di personalizzazione del ristorante. I giocatori avranno la libertà di scegliere (utilizzando materiali diversi per ognuno) diverse tipologie di sedie, tavoli, addobbi e illuminazioni in base sia alle proprie preferenze estetiche sia alla tipologia di clienti che vorremo compiacere.
Ammetto purtroppo che sotto questo punto di vista il gioco non è chiarissimo; non è ben spiegato come si può attirare più gente, o anche solo in che modo gli elementi d’arredo impatteranno la nostra clientela: quando compriamo un oggetto che viene apprezzato dai turisti, ad esempio, non è chiaro se questo attirerà un numero maggiore di quella tipologia di clienti, se aumenterà la mancia lasciata da loro al termine del pasto o se farà scegliere loro piatti più costosi.
Dungeons, Roguelike e Loot a volontà
Passiamo all’altra metà del gioco, ovvero l’esplorazione di dungeon e il combattimento con i mostri.
Il numero di dungeon è relativamente limitato: sono solamente quattro e verranno sbloccati mano a mano che il giocatore prosegue con la trama principale. Anche i mostri presenti al loro interno sono un numero piuttosto esiguo, andando spesso a ripetersi fra una zona e l’altra.
Passando al sistema di combattimento, Cuisineer non se la cava troppo male. Le zone saranno piene zeppe di nemici e questo si tramuta, forse troppo spesso, in un puro e completo caos in cui sarà difficile rendersi conto di dove si trovino i nemici, di quando stiano per attaccare, di dove si trovino i loro proiettili… Insomma, una quantità di particellari smisurata andrà raramente a favore del giocatore nonostante sia molto accattivante da guardare.
I nemici, a loro volta, saranno spesso un po’ troppo “spugne per danni”, richiedendo fin troppi colpi per essere annientati. Affrontare una massa di mostriciattoli minuscoli che necessitano di due o tre intere combo per essere sconfitti sin dal primo piano del primo dungeon è qualcosa che mi ha lasciato abbastanza basito.

Se vogliamo fare un confronto con gli altri titoli di questo genere, penso di poter affermare che Cuisineer sia comunque un miglioramento rispetto al capostipite Recettear ma chiaramente non al livello di Moonlighter che, a onor del vero, puntava molto sulle sue fasi di combattimento e un po’ meno sul lato compravendita.
La vera nota positiva delle fasi di esplorazione è il loot: sia i nemici sia l’ambiente rilasceranno compulsivamente materiali di qualsiasi tipo, dal cibo all’equipaggiamento passando per legni e rocce necessarie per costruire e potenziare sia il ristorante che le armi.
Alti e bassi artistici
Il lato artistico di Cuisineer è apprezzabile: ambienti visivamente impattanti e personaggi molto variegati, il tutto condito da una alta saturazione che è un po’ la cifra stilistica di questo team di sviluppo. Tutto questo rende piacevole alla vista l’opera in sé, anche se ad un’analisi più approfondita si può notare qualche sbavatura sia a livello di texture che a livello di modelli.
Gli elementi 2D sono invece molto curati, sia per quanto riguarda i personaggi sia per quanto riguarda i piatti che possono essere serviti. Questi sono ottenibili prevalentemente tramite missioni secondarie (portando oggetti o piatti ai vari abitanti della cittadina) ma saranno fondamentali per procedere nel gioco.
Da questo punto di vista, Cuisineer si rapporta piuttosto bene ai suoi predecessori: la differenza d’età si sente, rispetto a Recettear, anche se la qualità produttiva non raggiunge il meraviglioso Potionomics che surclassa tutti i competitori dal punto di vista grafico.

Lato tecnico, invece, il titolo del team singaporiano non risplende particolarmente. Anzi, non risplende proprio. Un gioco di questo livello dovrebbe tranquillamente girare persino su hardware relativamente vecchi, eppure anche sui PC più potenti i caricamenti (che sono piuttosto numerosi, quando si gira fra città e ristorante) richiederanno decisamente più tempo di quanto ci si possa aspettare.
Anche all’interno dei dungeon, che fortunatamente presentano meno interruzioni, il framerate cala spesso a causa dell’enorme quantità di nemici e particellari presenti a schermo.
Un confronto diretto, ma non necessario
Con una longevità di circa 40 ore per vedere tutte le parti rilevanti del gameplay, l’ultima fatica di BattleBrew Productions è un titolo sicuramente interessante per chiunque voglia avvicinarsi al mondo della piccola nicchia videoludica che sono i giochi di commercio. Al contrario di Potionomics, che basa quasi esclusivamente il suo gameplay sulla creazione e sulla compravendita ignorando completamente la parte di combattimento, e di Recettear, che dall’alto dei suoi 13 anni può permettersi di essere ormai datato sia dal punto di vista grafico che a livello di dungeon-crawling, Cuisineer è un buon misto di azione e compravendita che però non brilla particolarmente, nonostante la carenza di veri e propri concorrenti diretti negli ultimi tempi.