Il mondo videoludico nell’imminente 2023

Il 2022 è ormai agli sgoccioli, è stato un anno positivo per i videogames, nonostante anche le grandi opere abbiano dovuto adeguarsi al compromesso del cross-gen.
Dopo un triennio che, tra pandemia e guerra, ha sconvolto e cambiato il mondo, si spera di poter ritrovare la tranquillità per andare avanti, accogliendo quanto di buono e di nuovo si è comunque visto in questi anni.
Incrociando le dita si programma il futuro. Cosa si prospetta per l’industria videoludica?
Il vero inizio della next gen?
Il problema del creare videogiochi next gen in questi primi due anni di PS5 e Xbox Series X ed S, è stata sicuramente la difficoltà nella fornitura di console causata dalla crisi dei semiconduttori.
Jim Ryan, CEO di Sony, ha recentemente affermato di aver risolto il problema delle forniture di PS5 almeno in Giappone, ma viene da credere che tale soluzione sia prossima ad estendersi a livello mondiale.
Le dichiarazioni di Jim Ryan andrebbero accolte con cautela, visto che la comunicazione di Sony negli ultimi due anni, specialmente quella del suo CEO, ha lasciato a desiderare, ma le ultime settimane lasciano ben sperare riguardo la veridicità di tali affermazioni e pronostici.
Siamo ancora lontani dai muri di console next gen nei negozi e dalla possibilità di acquistare senza bundle, ma in questi giorni è stato possibile (probabilmente lo è ancora) acquistare abbastanza facilmente una PS5, sia online che addirittura in negozio.
Una situazione impensabile fino a poche settimane fa, dove regnava l’onnipresente preordine al quale seguono mesi di attesa, e i pochi rilasci nei negozi online con le disponibilità che spariscono in men che non si dica.

Bisognerà ovviamente attendere i prossimi mesi per valutare, dato che potrebbe anche essersi trattata di una situazione programmata appositamente per le festività natalizie.
Tuttavia c’è un altro indizio sul fatto che Sony sia davvero pronta a credere nelle generazioni (come avrebbe voluto fare anche nel biennio passato, non fosse stato per la crisi dei semiconduttori) ovvero la previsione di produzioni esclusive per PS5: Forspoken, Final Fantasy XVI, Marvel’s Spider-Man 2, persino il DLC di Horizon Forbidden West.
Certamente ci sono ancora diverse produzioni third party cross-gen previste per il 2023 (Hogwarts Legacy, il remake di Resident Evil 4, Diablo IV, il nuovo Armored Core) ma ce ne sono altrettante (il remake di Dead Space, Star Wars Jedi: Survivor, l’espansione Cyberpunk 2077: Phantom Liberty) pronte ad accodarsi alla next gen di Sony.
Il Game Pass alla prova del nove
Non solo PlayStation, anche Microsoft sembrerebbe pronta ad abbracciare la next gen, con la differenza di aver annunciato fin da subito di puntare sul cross-gen nei primi due anni di Xbox Series X ed S.
Quest’ultima mossa ha fatto guadagnare punti all’azienda di Redmond, ma resta il fatto che PlayStation ha lanciato comunque grandi produzioni sia next gen che cross-gen in questi due anni, mentre Xbox ha visto un 2022 senza esclusive Tripla A di alcun genere.
L’ultima di queste, Halo Infinite, risale all’8 dicembre 2021 ed è anche stata criticata per il debole supporto post lancio.
Il Game Pass è un servizio affascinante per il backlog e per dare valore a videogiochi che altrimenti sarebbero meno considerati, compresi titoli recenti degli anni passati (Outer Wilds, ad esempio).
Diverso è il discorso per l’attualità e per il futuro, quando la proposta sono i pur validi Scorn e High on Life di fronte a una concorrenza che risponde con God of War Ragnarok, il quale ha fatto vendere PS5 nonostante sia godibilissimo su ogni modello di PS4.

Microsoft deve dimostrare che il servizio del Game Pass è in grado di sostenere appieno il sistema del mercato videoludico, fosse anche tramite degli escamotage.
Altrimenti c’è il rischio “discount”, lo stesso delle piattaforme per film e serie TV, dove arriva la nuova serie o il nuovo film in voga che durano finché non arriva la prossima opera del momento, e così via per tutto l’anno.
Purtroppo, le opere sul Game Pass sono state spesso trattate in questo modo, quando un Elden Ring fa giocare e discutere dal 25 febbraio ad oggi, e così farà per anni.
La gravità avviene quando persino un titolo come Halo Infinite sembrerebbe venir relegato a un ruolo del genere, cosa che non deve assolutamente accadere con Starfield.
La next big thing di Bethesda deve davvero essere tale, dimostrando come gestire un’opera mastodontica disponibile anche con un abbonamento mensile a quei prezzi.

Lo stesso vale per Redfall, seppur con minor peso sulle spalle. Dal nuovo titolo di Arkane Studios ci si dovrebbe aspettare, seppur in maniera differente, un’opera paragonabile a Deathloop, Prey o Dishonored: meno noti ma dal valore riconosciuto.
Stavolta hanno anche il marketing di Microsoft dalla loro parte, a patto che sia a sostegno di prodotti in grado di camminare con le proprie gambe, non una sovraesposizione di un titolo per renderlo il gioco del momento e poi lasciarlo cadere nel dimenticatoio quando bisogna far ripartire la giostra con il prossimo.
Il videogioco oltre il medium con film e serie TV
Si è sempre tentato di portare i videogames oltre il medium tramite cinema, libri e fumetti; mai come negli ultimi anni si ha la concreta possibilità di avere successo in questo tipo di operazioni.
Il primo cambiamento sta nelle produzioni extra videoludiche moderne seguite dagli autori dell’opera originale. Ad esempio, Riot Games e Bandai rientrano nella produzione di Arcane e Tekken: Bloodline, così come CD Projekt ha fatto da supervisore per Cyberpunk: Edgerunners.
Oppure Neil Druckmann, director di The Last of Us e The Last of Us Parte II che ha partecipato direttamente alla scrittura dell’imminente serie TV su una delle più grandi opere di Naughty Dog.

Questo avviene in quanto creare un prodotto del genere scadente, al giorno d’oggi, non gioverebbe in nessun modo, facendo irritare i fan e senza riuscire a convincere gli spettatori esterni al mondo videoludico.
Sarebbe uno spreco anche per via del tipo di storia che si vuole narrare con queste produzioni, e del motivo per il quale probabilmente vengono realizzate.
Ad esempio, la serie di The Last of Us riproporrà in formato televisivo la storia del primo dei due videogiochi post apocalittici di Naughty Dog. Che senso ha riproporre in questo modo un videogioco fortemente narrativo ed esclusivamente story driven, se non quello di attrarre anche il pubblico non interessato ai videogames?
A maggior ragione l’opera in questione deve essere realizzata degnamente, al fine di non sprecare l’occasione di mostrare la maturazione raggiunta dai videogiochi, spesso in grado di raccontare storie, anche originali, migliori rispetto alle controparti cinematografiche e televisive.
Il fatto che si sia optato per riproporre in formato televisivo la storia del primo The Last of Us, quando avrebbero potuto optare per altri archi narrativi liberi di questo immaginario post apocalittico (come il fumetto The Last of Us: Il sogno americano, narrante l’incontro di Ellie con Riley e Marlene), è una prova della qualità raggiunta dal medium.
Non si tratta di opere come i film di Sonic o l’imminente lungometraggio d’animazione di Super Mario, dai quali si desidera semplicemente intrattenimento e un’estetica impeccabile (anch’essi assenti in passato e ora raggiunti). In una serie TV del genere la narrazione è fondamentale, pena: la fine della serie Netflix di Resident Evil (tra l’altro, serie videoludica eccelsa per tanti fattori ma non per trama e intreccio narrativo).

The Last of Us è solo il pioniere, dato che Prime Video ha da poco annunciato di voler fare lo stesso con God of War. Un’altra serie videoludica eccellente fin dagli albori, ma solo negli ultimi due capitoli che trattano la mitologia norrena si è visto il balzo narrativo ad altissimi livelli, con una grandissima caratterizzazione dei personaggi e una regia stupefacente.
Infine Death Stranding, ultima opera del sempre dichiarato amante del cinema Hideo Kojima, per il quale è stata ufficializzata una trasposizione cinematografica, dopo essere stato già trasposto sotto forma di romanzi lo scorso anno.
Un videogioco con così tanti attori e registi di cinema e serie TV ingaggiati per interpretare i personaggi che non avrebbe nemmeno bisogno di audizioni. Paradossalmente, visto il gameplay che può non piacere a tutti, la versione cinematografica di Death Stranding potrebbe essere davvero un’opera dedicata ai gamers.