Steelrising – di automi e rivoluzionari

Facendo capolino al Tokyo Game Show dell’anno scorso, Steelrising aveva destato l’interesse di non pochi, promettendo di inserirsi nel solco, ultimamente piuttosto florido (come dimostra l’approdo di Thymesia), scavato dal filone dei Soulsborne. Action RPG in terza persona, il nuovo titolo di Spiders – gli stessi autori dietro l’emblematico, ma forse un po’ grezzo GreedFall – si era presentato infatti come un souls-like vero e proprio, attingendo dal canone delle opere FromSoftware ma con un setting del tutto inedito: la Francia rivoluzionaria del 1789.
Già un primo contatto con la demo messa a disposizione a qualche settimana dalla release aveva però rivelato un prodotto meno canonico, che seguitava sulle orme dei titoli From senza per questo scivolare nel pedissequo, ma nemmeno reinterpretandone la formula. Portata a termine l’avventura parigina le impressioni sulla sua “non ortodossia” si sono dimostrate esatte, e l’ultima fatica del team francese va indubbiamente rivista alla luce di alcune scelte peculiari: la figura dell’automa, ad esempio, è tanto cruciale per lo sviluppo narrativo quanto per l’assetto ludico.
La voce della rivolta
Gravido di idee e spunti narrativi, il setting della Rivoluzione francese esercita un magnetismo che tuttavia solo di rado è giunto alle soglie del videogame (anzi l’unico caso che valga la pena di ricordare è forse Assassin’s Creed Unity). Già per questo la proposta di Spiders merita di essere presa in considerazione, tanto più quando, nel rievocare una sanguinosa rivolta popolare e le sue enormi conseguenze storico-culturali, riesce a costruire un ordito ben coeso, capace di tenere alta la curiosità del giocatore per tutte le 10-12 ore della campagna (conteggio che slitta a 20 se ci si dedica alle attività secondarie).
Lo scenario, se vogliamo, è quello di un grande what if: in una Parigi assediata dalle infernali macchine di Luigi XVI – automi spietati, dotati di armamenti tecnologici ed un folle istinto omicida – i fuochi della ribellione vanno sopendo, e il Terzo Stato rischia addirittura di non riuscire nell’impresa che verrà poi ricordata e glorificata dal celebre La Liberté guidant le peuple di Delacroix. Dopo il consueto giro di editor – in vero poco più di una formalità visto il basso livello di personalizzazione – ci viene presentata Aegis, un automa dalle delicate fattezze femminili nata come ballerina di corte e riprogrammata come guardia del corpo della regina Maria Antonietta.
Sarà proprio quest’ultima a darci l’incarico di indagare sulle nefandezze e i soprusi perpetrati dal marito, segnando così l’inizio di un viaggio che si snoderà tra strade messe a ferro e fuoco, stipate di cadaveri dal castello di Saint-Cloud al Palazzo delle Tuileries. Nel mistero di questa ucronia senza precedenti emergono temi esistenzialisti a cui, a ben guardare, l’espediente della robotica – come Blade Runner insegna – si presta benissimo. Sospinto da brevi sequenze cinematiche, quello di Aegis è anzitutto un percorso di autodeterminazione, dove la ricerca di sé e di uno scopo vanno confluendo nel tumultuoso vacillare di una rivoluzione disperata, fatta di stenti.

La presa di coscienza dell’automa è affidata a un sistema per nulla invadente di scelte morali, che – pur non aprendosi ad una pluralità di finali alternativi come da tradizione Souls – riesce a tratteggiare un’efficace evoluzione del personaggio (determinando all’occorrenza anche qualche bivio narrativo). Al netto di una realizzazione tecnica che spesso finisce per minare la credibilità delle animazioni, la sceneggiatura di Steelrising rimane uno dei suoi più grandi meriti, e la bontà della scrittura – solo alle volte un po’ troppo didascalica – risalta appieno nel world building cesellato a dovere.
Benché infatti lo studio francese abbia optato per un tipo di narrazione esplicita, rifiutando così la deriva criptica delle opere FromSoftware, il massiccio strato di lore che fa da sfondo all’intera avventura riesce nel duplice tentativo di dare corpo ad un contesto storicamente ben definito, alimentandone d’altra parte tutte le suggestioni di una riuscitissima rivisitazione in chiave steampunk. Ambientazione e storytelling si fondono insomma inun’esperienza che, pur non facendo della narrativa una prerogativa assoluta, non manca di affascinare grazie all’originalità della sua premessa.
Inerzia omicida
Descrivere un’opera partendo dalla sua relazione con il genere che – volente (ed è questo il caso) o nolente – si trova a rappresentare è una tentazione a cui si indulge forse troppo di frequente. Eppure nel caso di Steelrising il paragone con gli altri esponenti del filone Souls è quantomeno necessario per comprendere meglio la strada intrapresa dal team di sviluppo. Sebbene la stessa campagna di marketing vi facesse ricorso, l’etichetta di souls-like calza solo in parte alla produzione targata Spiders, tanto che sarebbe forse più appropriato parlare di souls-lite.
È innegabile che vi sia un preciso e deferente recupero di alcuni stilemi di casa From, quando non veri e propri elementi ludici. Tanto per cominciare, l’espediente dei falò è qui riproposto con la soluzione delle vestali, cabine situate nelle zone franche nelle quali sarà possibile eseguire upgrade o accedere all’emporio. L’essenza animica, d’altro canto, sostituisce le anime di Dark Souls assolvendo la medesima funzione e anche il sistema di progressione ricalca quelle stesse dinamiche, con punti da spendere sulle varie statistiche del personaggio (ci sono però solo 6 valori su cui poter intervenire). La rosa di possibilità non è ampia tanto quanto, ma si possono comunque adottare build differenti – e in questo la scelta della classe iniziale risulta grosso modo determinante.

Quanto al sistema di combattimento, siamo di fronte ad una strana bestia chimerica: benché la presenza della stamina costringa a ponderare scrupolosamente ogni mossa, l’impatto visivo degli scontri tra automi è caratterizzato da un dinamismo che a tratti potrebbe addirittura ricordare Devil May Cry o Bayonetta. Non uno slancio indifferente verso quel tipo di mischie furibonde, ma se non altro un’inclinazione stilistica che fa di Steelrising un prodotto decisamente più actiondi quanto si potesse pensare. Complici le opzioni del salto e della schivata laterale, l’approccio sul campo di battaglia volge repentinamente dal metodico all’impulsivo, pur tuttavia mantenendosi facile da padroneggiare anche grazie al livello di difficoltà generalmente tarato sul basso.
La meccanica del raffreddamento, che consente di ricaricare parte della stamina premendo col giusto tempismo un certo tasto, e accettando il contraccolpo di un danno da ghiaccio autoinflitto, interviene proprio per assicurare la tenuta di un simile combat system. In questo serve al meglio i presupposti narrativi, restituendo l’idea di un corpo meccanico dotato di una certa autonomia (e infatti è proprio questo il nome del parametro che influisce sulla barra verde), andando però a scapito di una piena realizzazione ludica.
In un certo senso è come se il grande limite della proposta di Spiders fosse la sua stessa ambizione, almeno nella misura in cui, pur rendendo tangibile tutta l’inerzia che soggiace ai movimenti sincopati degli automi, la soluzione adottata dal team parigino non fa che lasciare i combattimenti in bilico tra una tensione calcolata ed un margine d’azione alle volte troppo poco permissivo. Ed è forse proprio per questo che anche le boss fight, comunque artisticamente bellissime, non risultano mai veramente memorabili.
Tra le macerie
Tetra e macchiata del sangue di innumerevoli vittime, la Parigi tardo settecentesca modellata da Spiders è, a suo modo, una protagonista carismatica dell’avventura. Ripensare la capitale francese nel contesto di un avvenimento storico reale e, subito dopo, stravolgerla con un pittoresco dispiegamento di macchine assassine, non era del resto un’operazione priva di rischi, ma la cura riposta nella realizzazione del mondo di gioco sottolinea un intento artistico tutt’altro che di pessimo gusto.
Sebbene la mancanza di dettaglio grafico arrivi non di rado a palesare dei vuoti ambientali che poco si addicono all’idea di una città in preda al caos, il colpo d’occhio è nel suo insieme soddisfacente, merito di un’estetica sobria, in linea coi presupposti di un rovinoso decadimento, terribilmente azzeccata a partire dalla palette cromatica.

L’impianto ludico di Steelrising, dal canto suo, si presta anche ad una buona dose di esplorazione, devolvendo talvolta in brevi sessioni platform a fronte di un level design discretamente articolato e alcune – meno riuscite – fasi di backtracking. Elementi questi che giustificano scelte inerenti l’utilizzo di indicatori obiettivo ed un vero e proprio quest log, il cui maggior peso è senz’altro quello di ridefinire il linguaggio del titolo.
Sacrificando quella palpabile sensazione di smarrimento che solitamente i Souls riescono a sprigionare, la proposta di Spiders si rifà più ad un tradizionalismo ruolistico in grado di rendere più intuitiva e diretta l’intera esperienza di gioco. Quel che ne rimane, al di là degli scostamenti dal canone Souls, è un prodotto misurato, senza troppe sbavature ma con dei limiti che sarebbe delittuoso non riconoscergli, soprattutto sul fronte tecnico, laddove (almeno su PlayStation 5) un frame rate incerto affligge tanto il combattimento quanto l’esplorazione.
Non sarebbe però corretto parlarne come di un’opera priva di carattere: che sia per il piacere di muoversi in un’ambientazione ispirata o per un gameplay comunque fedele ai retaggi del dungeon crawling, l’epopea steampunk messa a punto da Spiders riesce facilmente a fare breccia nel cuore e a condurre il giocatore nei più oscuri anfratti di una Parigi abbandonata tra le macerie.