Kingdom Hearts: i passi falsi che hanno portato al declino

Nel primo articolo dedicato a Kingdom Hearts abbiamo visto come la serie sia nata e cresciuta sotto una buona stella, sia dal punto di vista delle vendite che dal punto di vista della qualità dei giochi prodotti. Come preannunciato, però, questa sequenza di fortune non sarebbe durata per sempre, purtroppo.
Il Declino di Kingdom Hearts
Il lento, ma inesorabile, declino per lo sposalizio fra Square Enix e Disney iniziò a ormai sei anni dall’uscita del primo capitolo e solo pochi mesi dopo l’uscita di Birth By Sleep, uno dei titoli più amati dai fan: l’ottobre del 2010, infatti, segnò l’uscita di Kingdom Hearts Re:Coded, capitolo per Nintendo DS che trasponeva su una console disponibile in tutto il mondo una versione aggiornata e migliorata di Kingdom Hearts Coded, un puzzle game uscito su telefoni cellulari esclusivamente sul territorio giapponese. Nonostante a livello qualitativo potesse fregiarsi di essere migliore rispetto al primo capitolo uscito su DS, Kingdom Hearts Re:Coded non offrì nulla di nuovo in termini di trama né di gameplay, dimostrandosi pressoché inutile per l’economia della saga.
E anche per l’economia della Square Enix, dato che per la prima volta in assoluto un capitolo della saga totalizzò meno di un milione di copie vendute e un terrificante 66/100 su Metacritic, a oggi ancora il peggior punteggio dell’intera saga.
Uno scivolone può capitare a tutti, i fan non presero negativamente l’accaduto: dopo Kingdom Hearts Birth By Sleep tutto era pronto, i segnali erano chiari e chiunque si aspettava un nuovo capitolo numerato per la neonata PS3!
A sorpresa, però, Square Enix decise di annunciare un terzo capitolo sì, ma per console portatile. Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance sarebbe uscito per la nuova console di casa Nintendo, il 3DS, nel 2012. Ora, prima di continuare, credo sia necessario un chiarimento sulla percezione che il grande pubblico aveva dei capitoli per console portatili: Sora aveva perso i ricordi relativi a Chain of Memories alla fine dello stesso gioco, 358/2 Days e Birth By Sleep avevano addirittura dei protagonisti diversi e Re:Coded… Beh, lui ebbe decisamente poca fortuna in generale. È quindi facile capire come chiunque non avesse giocato a questi titoli non avesse idea di quanto significativi fossero per la narrativa nel suo complesso.
Detto questo, Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance ricevette un trattamento addirittura peggiore dei suoi predecessori, totalizzando meno di un milione e mezzo di copie (complice anche la sorprendente decisione, per la prima volta, di non localizzare il gioco in italiano perché, a detta di Square Enix, la pirateria avrebbe reso il costo di traduzione pressoché vano in termini di vendite). Un buon gameplay, dei dolcissimi mostriciattoli collezionabili e un sistema di movimento straordinario non furono abbastanza per risollevare le sorti del gioco.
Il più grave peccato di 3D, purtroppo, fu quello di andare a complicare ulteriormente la trama, già complicata di suo: anziché dare delle risposte, altro non fece che aggiungere altre domande!
Se definire 3D un fallimento sarebbe sicuramente errato, altrettanto errato sarebbe definirlo un Kingdom Hearts ben riuscito se si va a guardare il quadro più ampio. Dopo la sua uscita per il decimo anniversario della saga, Kingdom Hearts Dream Drop Distance ebbe l’effetto di far genuinamente preoccupare i fan per il futuro della serie, che non accennava neanche lontanamente ad arrivare alla conclusione che tutti si aspettavano.
Square Enix decise quindi di pubblicare su PlayStation 3 una serie di remastered: Kingdom Hearts HD 1.5 Remix conteneva il primo capitolo, Re:Chain of Memories e dei filmati che raccontavano la storia di 358/2 Days, mentre Kingdom Hearts HD 2.5 Remix conteneva il secondo capitolo numerato, Birth By Sleep e dei filmati che raccontavano la storia di Re:Coded. Tutti, chiaramente, in versione rimasterizzata a 60FPS e con una qualità grafica più elevata (specialmente per i capitoli per console portatili).
Con il senno di poi, questa mossa ebbe particolarmente senso: non solo queste remastered avrebbero consentito al team di sviluppo di prendere tempo per pensare al futuro della serie e guadagnare anche qualche soldo, ma avrebbero anche consentito ai nuovi fan di conoscere il brand e ai vecchi fan di recuperare comodamente i titoli più difficili da recuperare (in quanto pubblicati su un totale di quattro console diverse) in attesa di quello che avrebbe tranquillamente potuto essere il capitolo conclusivo dell’intera saga.
La vera conferma della decadenza di Kingdom Hearts arrivò, per moltissimi appassionati, con l’arrivo di Kingdom Hearts χ: raccontando vicende accadute centinaia di anni prima dell’inizio del primo Kingdom Hearts che sappiamo essersi conclusa con la morte di pressoché qualsiasi personaggio coinvolto (ricordate il Cimitero dei Keyblade e lo sterminio fratricida del primo articolo?), la maggior parte degli utenti vide questo prodotto, alla sua uscita, come un vero e proprio spin-off. Mai errore fu più grosso.
La storia dei Foretellers e gli eventi accaduti durante la loro vita divennero una colonna portante per la realtà della serie, ma gli amanti di Kingdom Hearts rifiutarono in blocco il gioco (e gli episodi correlati, come Unchained χ e Union Cross) per numerosi motivi:
- Il gioco era esclusivamente in giapponese, al lancio. Se questo risultava quasi comprensibile nel 2002 e nel 2006 con le versioni Final Mix dei capitoli per PS2, all’alba del 2013 fu considerato inaccettabile, quasi una vera e propria presa in giro, per i fan di tutto il mondo al di fuori del suolo nipponico. Non si trattò infatti di aspettare solo qualche mese, come di consueto, per la release a livello mondiale, ma ben tre anni prima che i fan occidentali potessero giocare Unchained χ (una versione aggiornata per mobile con alcuni cambiamenti anche a livello di trama).
- Il gameplay a turni era completamente diverso rispetto ai precedenti capitoli. Tutti i titoli di Kingdom Hearts, chi meglio e chi peggio, avevano sempre impiegato sistemi di combattimento action, e da molti appassionati questo completo cambio di genere non venne per niente apprezzato.
- Meccaniche pesantemente Free To Play. Essendo un gioco nato per browser e, in seguito, adattato per Android e iPhone, Square Enix decise di adattarsi al mercato e proporre una monetizzazione basata sull’acquisto di contenuti in gioco e aiuti per velocizzare la progressione. Dover aspettare ore e ore per andare avanti con una missione della trama principale o combattere nemici troppo forti che richiedevano giorni di grinding (o l’utilizzo di soldi reali) per migliorare la propria squadra non andò particolarmente a genio ai giocatori.

Questo netto distacco fra la volontà di Square Enix di far gravare su questi titoli mobile l’intero futuro della serie e il disinteresse (o in molti casi la semplice difficoltà) da parte dei giocatori nel seguire le vicende di ere così remote segnò pesantemente la serie. Le seguenti remastered, Kingdom Hearts 2.8 Final Chapter Prologue e Kingdom Hearts 1.5 + 2.5 Remix, rilasciate negli anni successivi non fecero altro che gettare benzina su un fuoco già particolarmente incandescente, confermando l’idea ormai impressa nella mente di molti che l’obiettivo di Square fosse quello di riuscire a mungere quanti più soldi dalla vacca grassa che per loro era Kingdom Hearts.
Infine, Kingdom Hearts III
Nel frattempo, però, qualcosa iniziava finalmente a muoversi per quanto riguarda il tanto agognato terzo capitolo numerato della serie. Nell’estate del 2015 infatti, proprio durante l’E3, Square Enix mostrò lo stato dei lavori sul gioco. I fan avevano ora la certezza che questo fantomatico Kingdom Hearts III non era solo una fantasia, ma una realtà. L’anno seguente venne presentato un secondo trailer, per il Jump Festa, e infine nel 2017 la conferma definitiva con un terzo trailer che mostrava il nuovo mondo di Toy Story: Kingdom Hearts III sarebbe uscito nel 2018.
Nella realtà dei fatti, il terzo capitolo numerato della saga uscì il 25 gennaio 2019 (con somma ilarità dei giocatori, che lo definirono “il tredicesimo mese del 2018”, riferendosi al ricorrente numero XIII che appare più volte all’interno della serie) con un successo enorme, vendendo al lancio oltre cinque milioni di copie (che, paragonate alle 11,5 milioni di copie vendute dei primi due capitoli in tutta la loro vita, furono considerate clamorose).
Inutile dire, però, che anche questa volta qualcosa andò storto. Il titolo si dimostrò un fantastico gioco, con un sistema di combattimento apprezzato moltissimo dai fan, ma un Kingdom Hearts tutto sommato non all’altezza delle aspettative: una campagna di marketing che spoilerò numerosi momenti salienti dell’avventura, troppi intrecci narrativi sviluppati nel corso di vent’anni per essere conclusi a dovere e l’ennesimo finale con cliffhanger che strizza l’occhio al passato della serie hanno portato i giocatori ad apprezzare l’opera nel suo complesso ma a riconfermare i loro timori per il futuro del brand.
Inutile dire che anche il tempo è stato, a sua volta, un avversario della serie: i ragazzini che all’uscita di Kingdom Hearts vennero meravigliati dai mondi Disney a dieci anni, all’uscita dell’ultimo capitolo si ritrovavano ad averne quasi trenta. È difficile mantenere l’affetto di persone che hanno seguito il brand così a lungo senza crescere assieme a loro, ma è altrettanto complesso cercare di catturare nuovi fan quando questi hanno la necessità di giocare decine di titoli per riuscire a capire cosa sta succedendo.
Kingdom Hearts rimane tutt’oggi una serie viva e vegeta, con un quarto capitolo numerato in sviluppo (confermato tramite un trailer per il venticinquesimo anniversario del brand) e altri due titoli “secondari” che verranno rilasciati a breve, ma riuscirà Square Enix a risollevarla e farla tornare ai fausti di una volta? Solo il tempo ce lo dirà con certezza, ma come si suole dire: la speranza è l’ultima a morire.
Articolo di Ciro Acanfora