Kingdom Hearts: dagli albori all’apice del successo

Chiunque bazzichi il mondo dei videogiochi un po’ più a fondo della superficie si sarà inevitabilmente imbattuto nella saga di Kingdom Hearts almeno una volta nella sua vita. Nato dal peculiare sposalizio fra Square Enix e Disney all’inizio degli anni 2000, Kingdom Hearts è un brand con ormai venti anni alle spalle, dieci titoli principali pubblicati su altrettante console e una storia costellata di successi, ma anche di altrettanti fallimenti.
N.d.R.: Durante questo articolo non tratteremo in maniera approfondita i giochi secondari della serie, quali Kingdom Hearts V-Cast o la versione originale di Kingdom Hearts Coded
Cronologia dei titoli:
- Kingdom Hearts
- Kingdom Hearts: Chain of Memories
- Kingdom Hearts II & Final Mix +
- Kingdom Hearts 358/2 Days
- Kingdom Hearts: Birth By Sleep
- Kingdom Hearts Re: Coded
- Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance
- Kingdom Hearts HD 1.5 / Kingdom Hearts HD 2.5
- Kingdom Hearts χ / Unchained χ / Union Cross
- Kingdom Hearts III
La nascita di Kingdom Hearts
Nel gergo dell’industria videoludica, un Pitch è la presentazione di un’idea, di una demo o di documentazione che serve a convincere investitori, publisher e a volte anche il team di sviluppo della validità di un progetto. Esiste anche un termine, il cosiddetto Elevator Pitch, che ne indica uno dalla durata estremamente corta, solitamente non oltre i 60 secondi.
È solo un modo di dire solitamente, ma la leggenda vuole che sia proprio grazie a una fortuita conversazione avvenuta in un ascensore fra Shinji Hashimoto (all’epoca producer di Final Fantasy VIII e Final Fantasy IX) e un dirigente della Disney, con cui SquareSoft all’epoca condivideva gli studi, che l’idea di Kingdom Hearts abbia preso vita.
Quella breve conversazione in ascensore si trasformò presto in riunioni, accordi e contratti firmati, fino a quando un giovane Tetsuya Nomura (già veterano di titoli del calibro di Final Fantasy VIII, Live a Live, Chrono Trigger e Parasite Eve) si propose come direttore del progetto che, nel giro di un paio d’anni, divenne il primo Kingdom Hearts, rilasciato su PlayStation 2 nel 2002.
L’opera, a vederla oggi, è piuttosto grezza sotto il lato del gameplay, ma la grafica eccellente, una storia appassionante ed una soundtrack da paura (firmata Yoko Shimomura che, sette anni dopo, durante un’intervista, la definirà come “la soundtrack più speciale della sua carriera“) hanno contribuito a sollevare l’opera a ben più dell’ennesima saga targata SquareSoft.
Il gioco ebbe un successo strepitoso per l’epoca, vendendo oltre sei milioni di copie in pochi anni. Era un successo ampiamente previsto, chiaramente: la presenza dei personaggi di Final Fantasy attirò i videogiocatori incalliti e un pubblico adolescente (o addirittura oltre), mentre la presenza dei personaggi Disney attirò pressoché qualsiasi ragazzino nella fascia d’età compresa fra i sei e i venti anni.
L’amore dei fan per l’opera convinse Square a proseguire le avventure di Sora, Paperino e Pippo con un nuovo gioco su Game Boy Advance, chiamato Kingdom Hearts: Chain of Memories. Questa opera, da molti considerata uno spin-off, è stata in realtà la vera pietra miliare dei Kingdom Hearts usciti successivamente, che iniziarono a presentare diversi punti in comune:
- Pubblicazione su una piattaforma portatile
- Nome assurdo e difficile da ricordare
- Vendite attorno al milione e mezzo di copie
- Severe complicazioni della trama
Chain of Memories non arrivò neanche vicino al successo del predecessore, capitalizzando meno di due milioni di copie vendute: Il sistema di combattimento basato sulle carte, piuttosto sperimentale e che richiedeva un po’ di ragionamento nella fase di costruzione del mazzo, non piacque a molti giocatori e la grafica 2D venne ingiustamente vista come un downgrade rispetto al primo capitolo.

Ultimo ma non ultimo, la distribuzione capillare di PlayStation 2 in tutto il mondo rese molto più semplice raggiungere il grande pubblico, mentre il Game Boy Advance poteva contare solamente sulla metà di unità vendute rispetto alla console Sony.
Questo capitolo ebbe però il pregio di consolidare la narrativa dei “Cercatori dell’Oscurità”, il filo narrativo che collegò quasi ogni singolo Kingdom Hearts per i venti anni successivi, introducendo l’Organizzazione XII e il concetto di Nessuno.
L’epoca d’oro di Kingdom Hearts
Il 2006 segnò il ritorno di Kingdom Hearts sulle console fisse, con l’unica eccezione alle regole indicate sopra per i successivi quindici anni.
Kingdom Hearts II afferrò a piene mani ciò che i suoi predecessori avevano creato e lo migliorò sotto ogni punto di vista: un incipit incredibile, gameplay più veloce e basato sulle reazioni, una trama piena di colpi di scena e momenti indimenticabili, nuovi e numerosi mondi Disney con altrettanti personaggi, OST che ancora oggi fanno commuovere i giocatori di tutto il mondo; il ritorno in grande stile di Sora, Paperino, Pippo e tutti i personaggi iconici della serie fruttò a Square Enix la bellezza di cinque milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Ciò che più di tutto fece infervorare i fan, però, fu la versione “Final Mix +”: per chi non lo sapesse, la Square Enix aveva rilasciato, poco tempo dopo l’uscita di Kingdom Hearts, una versione aggiornata del gioco con boss segreti e cutscene aggiuntive.
Questa versione era disponibile all’epoca solamente per il mercato nipponico, e lo stesso trattamento venne offerto al secondo capitolo per console fisse, che permise ai giocatori non solo di combattere tutti gli avversari dell’Organizzazione XIII con le Data Battle e nuove cutscene che approfondivano la trama con spunti per il futuro, ma anche perché il “+” in “Final Mix +” indicava la presenza di un intero remake in 3D di Kingdom Hearts Chain of Memories!
Il vero punto di svolta, però, fu un filmato segreto presente solo in questa versione, chiamato “Birth By Sleep”, e prima di spiegare il perché quel filmato fu così importante per l’intera saga e per il suo futuro, è bene parlare di che tipo di gioco Kingdom Hearts fosse fino a quel punto: l’intero brand, essendo di proprietà della Disney, ha sempre avuto l’obbligo (se non legale, quantomeno legale) di essere family-friendly, con personaggi simpatici e carini e i cattivoni che fanno cose cattive solo perché sono cattivi e vogliono il potere.
La prima frattura in questo dogma avvenne proprio in Kingdom Hearts II, che con il suo incipit propose un nuovo personaggio che portava i giocatori a soffermarsi di più su questioni etiche, morali ed esistenziali all’interno del mondo di gioco (il tutto, chiaramente, rimanendo in termini adatti anche ai più piccini).
“Birth By Sleep”, il finale segreto di Kingdom Hearts II Final Mix + ottenibile solo dopo aver completato il gioco alla difficoltà più alta (o a difficoltà media, ma dopo aver completato ogni singolo contenuto del gioco al 100%), mostrò tre nuovi eroi del Keyblade mai visti prima che si riunivano al centro del cosiddetto “Cimitero dei Keyblade” (che implicava uno sterminio fratricida fra centinaia di eroi), subito prima di essere attaccati da due nuovi nemici. Uno di questi, a un certo punto del video, afferra l’elmo dell’armatura di uno dei tre eroi e, in un atto di brutale violenza, lo sollevava da terra per sfondare elmo e cranio con una sola mano, prima di congelarlo completamente e lanciarlo giù da un altissimo precipizio.
Capirete come questo semplice video abbia avuto un effetto incredibile sulla community, specialmente considerando come l’appena nato YouTube permise a tutti gli amanti della serie di vedere ciò che prometteva essere un futuro più adulto e maturo per la serie.

La prima conferma di questa speranza venne regalata da Kingdom Hearts 358/2 Days, uscito per Nintendo DS nel 2009. Nonostante le quasi due milioni di unità vendute, il gioco, in sé per sé, si dimostrò abbastanza mediocre sin dall’uscita: il tentativo di portare un gioco 3D all’interno di una console non abbastanza potente come la piattaforma portatile di Nintendo non dette i frutti sperati né al livello di gameplay né a livello grafico. Dal punto di vista narrativo, però, il gioco andava ad ampliare i temi trattati nell’incipit di Kingdom Hearts II, dimostrando una maturità non di poco conto. Ammetto che personalmente ritengo, tutt’oggi, la trama di Kingdom Hearts 358/2 Days come la migliore in assoluto all’interno di tutta la serie.
Arriviamo quindi al capitolo che segna, a detta di molti e me compreso, il termine dell’epoca d’oro di Kingdom Hearts: prendendo lo stesso nome della cutscene che scatenò il delirio dei fan, Kingdom Hearts: Birth By Sleep raggiunse gli scaffali nipponici nel gennaio del 2010 e quelli occidentali fra il 7 e il 10 settembre.
Nonostante le aspettative enormi, il gioco fu in grado non solo di soddisfarle ma addirittura di superarle. Un sistema di combattimento completamente nuovo basato sulle abilità speciali (secondo alcuni il migliore di tutta la serie), la maturità dei temi trattati e la presenza, per la prima volta, di non uno ma ben tre nuovi protagonisti di genere ed età variegati furono solo alcuni dei motivi per il quale questo capitolo su PSP è tutt’oggi considerato uno dei migliori in assoluto, nonostante le sue vendite al pari degli altri capitoli usciti su console.
Il finale di Kingdom Hearts: Birth By Sleep spianava la strada a quello che avrebbe potuto essere il capitolo conclusivo del brand, o quantomeno un degno punto e a capo.
Ma come si suole dire, tutte le cose belle finiscono, e al contrario della sua epoca d’oro, la serie di Kingdom Hearts continua ad andare avanti imperterrita.
Nel prossimo capitolo discuteremo degli episodi successivi della saga, andando ad approfondire gli avvenimenti e i numerosi passi falsi da parte di Square Enix che hanno inevitabilmente portato la maggior parte dei fan a separarsi sempre più dal titolo fino ad allontanarsi, in alcuni casi, del tutto.
Articolo di Ciro Acanfora