Omori: quando il paesaggio è specchio dell’anima

Quando ho lavorato a “Perché Omori è il gioco più sottovalutato di tutti”, ho esplicitamente scritto che ci sarebbe stato presto uno speciale sul mondo di gioco. Ed eccoci qua! Quale miglior luogo per parlare dell’incredibilmente curato e simbolico design paesaggistico della meraviglia omocattiana, se non durante il nostro progetto su narrazione e paesaggio?
Andiamo insieme a conoscere e analizzare gran parte dei luoghi più importanti di questo gioco che contiene meraviglie e sorprese ad ogni angolo.
Parlare di ciò che ha a che fare con l’insieme dell’universo simbolico di Omori è quasi più entusiasmante (e difficile) che raccontarne la storia per quel che è, nuda e cruda come ci viene disvelata sul finale.
La verità, a conti fatti, è che tutto ciò che riguarda il puro design del gioco è praticamente una palla di Lore a sé stante, elementi che dialogano tra loro e con il giocatore per raccontarci non solo fatti, ma anche sensazioni ed emozioni dei personaggi e, soprattutto, lo stato psicologico del piccolo protagonista.
Il mondo reale: “I don’t belong here”
Nonostante non sia il primo luogo visitabile all’interno del gioco, è sicuramente il posto migliore da cui iniziare la nostra “lore-disamina”. Non solamente perché è di fatto il luogo reale in cui sono accaduti tutti i traumi che hanno poi dato vita al resto delle mappe, ma anche perché sono il luogo effettivo delle paure di Sunny.
Il mondo che lui si immagina, denominato Headspace e che analizzeremo più avanti, è stato formato col solo scopo di tenere “al sicuro” la sua giovane mente; un meccanismo di difesa assai comune nell’amnesia dissociativa, che sembra essere la patologia più affine alla situazione di Sunny.
Il real world, tuttavia, offre chiavi di lettura molto interessanti per gran parte delle questioni surreali o inspiegabili del mondo di “fantasia”.

Come succede spesso, il mondo dei sogni (non solo in senso metaforico, ma anche pratico, poiché visitabile solo nel sonno) non è altro che un rimaneggiamento- apparentemente in positivo e in senso, in parte, utopistico- di quello reale. Ed è per questo dualismo che molti elementi vengono visualizzati in entrambi i luoghi.
Ad esempio, il playground che nel mondo reale non è altro che un semplicissimo parco giochi con i personaggi più disparati e improbabili al suo interno, nel mondo dei sogni diventa un luogo magico e coloratissimo, dove tutti adorano Omori.
Lì, tutti si vogliono bene, in quella visione tipica dell’infanzia in cui ogni stato di disequilibrio emotivo viene cancellato e sovrascritto con la suggestione del “come dovrebbe essere”. Nel mondo reale, invece, il parco giochi diventa teatro di atti vandalici e di bullismo. Anche le persone che si volevano bene, come Aubrey e Basil, hanno interrotto i rapporti bruscamente.
Ed è proprio qui, in questo mondo vero, difficile e spaccato a metà dal dolore, che Sunny farà i conti con le sue paure e i sensi di colpa.

I frequenti attacchi di panico, oltre ad essere resi graficamente con una fedeltà psicologica elevatissima, sono sintomo di un malessere di fondo che permea ogni secondo di gioco, soprattutto durante la permanenza nel mondo reale.
Sono i “Something”, queste entità oscure e spaventose, veri e propri mostri, a ricordare costantemente a Sunny che c’è qualcosa che non va. Creature dall’aspetto orribile e mai definito, sono effettive incursioni dell’Headspace (o meglio, di una specifica parte dell’Headspace, come vedremo), e avvengono sempre in momenti di difficoltà, “luoghi” reali che Sunny vive metaforicamente da solo, essendo poi sempre accompagnato da Kel nel mondo al di fuori delle familiari quanto soffocanti mura domestiche.
Lo spazio bianco: “I wish I was special”
In seguito al trauma, Sunny vive un momento di depressione profonda. Si allontana dai suoi amici, si richiude in se stesso. Presumibilmente, anche stando al decorso generale del disturbo in sé, l’unico momento di quiete, o quantomeno di relativa pace durante una giornata gli viene concesso solo nel sonno.
È qui, al confine tra mondo reale e Headspace, che troviamo lo spazio bianco, una “stanza” completamente bianca che funge da anestetico, in un primo momento, e da ponte, poi, verso il mondo dei sogni.
Lo spazio bianco, però, è soprattutto un luogo sicuro, dove allontanare e coprire il dolore.

È per questo che Sunny non può accedervi col suo carico di colpe e rimpianti e resta indietro, dando così spazio al suo alter-ego Omori, una versione di sé ancora bambina ma infinitamente più forte dell’originale. Va in giro con un coltello, il che già suonerebbe abbastanza inquietante da sé. Non fosse che, in più, vive (o meglio sopravvive) in quest’ambiente scarno, riempito solamente da un pc, una scatola di fazzoletti, un gatto e una lampadina nera, appesa a un soffitto che non vedremo mai.
Di fatto, il white space non è visitabile. O meglio lo è, ma è davvero completamente bianco e looppato, come gran parte delle location del gioco. Se di per sé quindi gli elementi a schermo sono davvero pochi, è pur vero che ci parlano come pochi altri.
La scatola di fazzoletti, interagibile come tutto il resto, è forse l’indicatore più grande di un trauma irrisolto che è stato rimosso. La traduzione letterale, infatti, può essere:
“Una scatola di fazzoletti per (lett.) spazzare via la tristezza.”

Ma lo spazio bianco è anche altro… quella lampadina sul soffitto, perché è nera? Ci torneremo tra non molto, ma prima, usciamo da quella porta che è appena apparsa lì, poco dietro di noi.
Headspace: “She’s running out the door”
Ciò che vediamo non appena usciti dal white space è stupendo.
Kel, Aubrey, Hero, ancora tutti nostri amici, sono tutti insieme a giocare all’interno della “Neighbor’s Room”, uno spazio coloratissimo, con un grosso gatto giallo a fare la guardia, un serpente all’ingresso che ci dà la paghetta in “molluschi”, buchi nel pavimento a forma di gatto, un cielo viola-blu che è semplicemente magnifico.
Benvenuti nell’Headspace, il luogo delle avventure fantastiche e delle prove di forza. Il mondo dei sogni di Sunny, che si trasforma nell’unico mondo in cui Omori ha diritto di esistere. E lotterà, per questo suo diritto, con le unghie e con i denti.
Qui, Sunny rielabora, tramite il suo alter-ego, elementi del mondo reale, rendendoli surreali e fantastici, più a portata del suo dolore, ormai sopito.

Come vediamo dalla mappa, è composto da moltissime aree, tutte esplorabili e tutte incredibili, che ci condurranno, se lo vorremo, ogni volta un passo più vicini alla verità su “quel giorno”, difficile ma profondamente necessaria per tutti i personaggi.
Alcune zone sono visitabili solamente nella Hikikomori Route, percorribile se si compie una determinata scelta nelle prime fasi di gioco. Una di queste è sicuramente la parte dell’inconscio di Sunny, la parte più profonda di sé: The Abyss.
È anch’essa un luogo limite, ai “confini della mente”, chiamata anche “dark void”, letteralmente “vuoto oscuro”, ed è dimora di Abbi, curiosa figura semi-umana qui rinchiusa dallo stesso Omori.
Si narra di un tempo in cui Sunny, Omori e Abbi convivessero nel White Space amicalmente. Ma lei, “the wisest one”, dopo aver cercato di spingere Sunny a affrontare il proprio trauma, fu rinchiusa dallo stesso Omori nella parte più recondita delle mente di Sunny, prendendo di fatto possesso di tutto il mondo onirico.

Ogni volta che Omori si avvicina troppo al ricordo del trauma, viene di nuovo catapultato nel white space. Ed è proprio in questo immenso spazio bianco che Sunny si “riappropria” dei propri demoni, accedendo di fatto a un’altra area, dall’emblematico nome black space.
Lo spazio nero: “I’m a creep, I’m a weirdo”
Ve la ricordate la lampadina nera dello spazio bianco? Ecco. Quello al suo interno, è lo spazio nero. Il luogo in cui la verità è nascosta, in cui i dolorosi ricordi legati al trauma di Sunny vengono fuori, uno per uno; parallelo e contrario allo spazio bianco in cui inizialmente si trova.
Una volta “liberato” è effettivamente visitabile e consta non solo di moltissime stanze e luoghi, ma anche di una concettuale continua espansione. Qui Omori, a seconda della route scelta, compirà il suo destino: sparire per lasciar spazio a Sunny e alla sua vita, o prendere il definitivo controllo su tutto.

Gli elementi del blackspace sono davvero moltissimi e variegati -e tutti piuttosto disturbanti. Sono davvero pochi, qui, i jumpscare fini a se stessi- anche perché la tensione, a questo punto del gioco, è così alta che non ce n’è alcun bisogno.
Rendere comprensibile e parlare linearmente del blackspace in poche righe è molto difficile poiché segue regole diverse in base alla route (lineare, nella main, non lineare e riaccessibile con nuove zone nell’hikikomori, anche chiamato “Black Space 2”).
È, in linea generale, composto da diverse aree, tra le quali troviamo due delle più inquietanti location del titolo, nonché quelle che mi hanno certamente colpito di più: la neighbor area, apparentemente molto simile alla prima zona dell’Headspace ma con un sacco di tileset fuori posto che rendono il tutto più disturbante, e la punishment area, luogo in cui ci si reca per punire qualcuno che ha fatto qualcosa di davvero, davvero cattivo.
È evidente come la ricerca della verità scomoda e difficile di Sunny, metta costantemente in crisi tutto ciò che Omori ha creato per difenderlo (e difendersi).
Dall’ultima porta del black space, si ha poi accesso ad una specifica area ad esso appartenente ma concettualmente adiacente: il RED SPACE.
Questa è l’effettiva zona in cui (e su cui) Sunny non ha potere. Qui dentro risiede il trono di mani, legittimo posto di Omori sul quale siederà conquistando ancora più influenza su una fetta consistente di spazio nero.

Rielaborazione, landscape e strutture non lineari
Tutti gli elementi presenti nel mondo reale, vengono continuamente riproposti in ogni parte dell’Headspace (white space compreso): quello che nel mondo reale è il semplice peluche preferito di un personaggio, nel mondo dei sogni diventa un prezioso alleato o, al contrario, un pericoloso nemico; quel gatto che nel mondo reale si sistema sempre comodamente sul tetto della casa di Kel e Hero, nel mondo dei sogni diventa fedele controllore della neighbor’s room.
Non solo ogni elemento, ma anche ogni tileset e landscape hanno delle precise connotazioni simboliche, permettendoci di intuire lo stato psicologico di Sunny anche quando è Omori a guidare le nostre avventure.
La struttura non lineare e intersecata dei mondi di Omori, infine, ci permette di avere una buona panoramica non soltanto sulla vastità di possibili variabili, ma anche su quanto profonda e complessa sia l’intera mappa di gioco.
Vi lasciamo, in ultimo, proprio una piccola mappa orientativa per comprendere a fondo quanto ognuno di questi mondi sia contemporaneamente una realtà a sé che è però interdipendente da tutte le altre.

Ma come ci insegnano Aubrey, Kel e Hero, l’unica realtà che valga la pena di essere vissuta è quella reale. Ed è lì che con tutte le nostre forze dovremo riuscire a ricondurre Sunny, distruggendo (o meglio, facendo pace con) Omori, una volta per tutte.