Persona 5: la cultura Giapponese raccontata attraverso un videogioco
Quando decidiamo di rilassarci lasciandoci trasportare da un videogioco spesso, inconsciamente, ci prepariamo a farci travolgere dal suo mondo di gioco e dalla sua narrazione, qualsiasi essa sia.
Siamo pronti ad immedesimarci in un cavaliere senza macchia e senza paura, siamo pronti ad affrontare manicomi infestati da oscure presenze con, dalla nostra, solo una semplice torcia: stiamo in pratica, decidendo di immergerci in un mondo artificiale con delle regole e delle barriere che talvolta differiscono da quelle del nostro mondo reale.
Grazie a questo processo siamo in grado di goderci appieno un’esperienza artificiale che altrimenti non avrebbe lo stesso sapore ed inconsciamente assorbiamo informazioni da quello che è ambiente circostante a noi, siano esse reali o immaginarie.
Guardando questo processo da un altra prospettiva, il nostro cervello apprende nozioni relative a mondi immaginari che possono passare dal semplice apprendimento motorio sul come superare un livello, ad una vera e propria lezione di storia attraverso, per esempio, alle armi usate da un determinato nemico od ad una ambientazione ben specifica su un’epoca storica piuttosto che in una famosa città.
Ma fino a che punto un videogioco può spiegarci gli usi ed i costumi di una determinata civiltà?
Conoscere il Giappone attraverso Persona 5
Ho deciso di prendere un esempio a me molto caro, Persona 5, un videogioco che ha saputo trasmettermi, forse più di qualunque altro titolo che ho giocato fino ad oggi, quella che è la cultura giapponese, alla quale sono molto affezionato.
Ho sempre guardato il Giappone con gli occhi sognanti di un bambino davanti ad un negozio di giocattoli, ed anche quando ho avuto la possibilità di visitarlo personalmente sono rimasto con la bocca spalancata per tutta la mia vacanza.
Ma nel mondo videoludico difficilmente ho saputo assaporare quello stile di vita e quelle ambientazioni come quando ho ripercorso le avventure dei Phantom Thieves in Persona 5.
Ad inizio articolo ho voluto sottolineare la scelta del videogiocatore di lasciarsi coinvolgere dal videogioco, e questo è facile immaginarlo su un videogioco ambientato in un’epoca o in un contesto sociale molto diverso dal nostro, talvolta fantasioso.
Con Persona 5, invece, quello che il videogiocatore vivrà in modo inconsapevole e talvolta passivo è uno stile di vita tipico orientale, che si discosta molto da quello che siamo abituati a vivere noi in Italia ad esempio, assimilando quelli che sono usi e costumi della società nipponica attraverso espedienti di gioco e location tipiche dove verranno ambientati gli avvenimenti.
Non parlo semplicemente di vedere il famoso incrocio di Shibuya a Tokyo e di attraversarlo virtualmente con il nostro avatar, ma di una serie di espedienti inseriti in modo innocuo nel gameplay attraverso le meccaniche al quale il giocatore è abituato per via della sua affinità con il media.
Giocando a Persona 5 si avrà un infarinatura generale sul sistema scolastico giapponese, così come sull’uso della metropolitana, i bagni pubblici, le sale giochi ed il sistema giudiziario giapponese.
Lo stile di vita frenetico di una metropoli sempre in movimento si tramuta nella possibilità del giocatore di poter leggere libri per implementare statistiche durante i suoi spostamenti in metropolitana, ad esempio.
Anche il semplice dover pagare per potersi spostare all’interno della città stessa in base alle tratte scelte simulerà il sistema di trasporti reale giapponese, facendo immergere ancora di più il giocatore in quella che è la quotidianità della capitale nipponica.
Attraverso un espediente di gioco viene spiegata la grande diffusione dei distributori automatici, tipici delle grandi metropoli giapponesi. Vengono spiegati luoghi simbolo per i turisti come i Maid Cafè, le sopracitate sale giochi, i Gashapon Center e molti altre icone moderne di questa società.
Tutte attività che influenzeranno anche la vita dei vostri personaggi, dando la possibilità di potenziarli e renderli più incisivi, trasformando della attività secondarie in delle vere e proprie spiegazioni sul mondo giapponese e sulla sua cultura.
E sempre maggiori saranno le opportunità di apprendimento del giocatore che si lascerà trasportare per le missioni secondarie, che daranno accesso a Templi ed attività che la metropoli nipponica vive ogni giorno.
Un ponte per conoscere una cultura
Persona 5 è stato per me un esempio chiaro e lampante di come un videogioco è stato capace di trasmettere ad un ignaro giocatore il sapore di una cultura e di uno stile di vita decisamente diverso da quello a cui siamo abituati.
Lo si vede da ogni sua sfaccettatura, da ogni suo personaggio, ognuno talmente tanto caratterizzato da sembrare vivo in un contesto così esteso come quello della metropoli di Tokyo.
Gli Otaku, così come i Business Man sempre in giacca e cravatta tipici dei racconti sul Sol Levante, vengono spiegati al giocatore attraverso attività che altro non sono che un ulteriore espediente per spiegare la società giapponese dei giorni nostri, sempre di corsa e sempre indaffarata. Una sorta di finestra su di una società, ma a portata di Joystick.
Non pretendo di affermare che Persona 5 sia l’unico videogioco capace di raccontare vicende di cultura moderna in modo credibile, ma sicuramente lo fa senza mai esagerare, o senza stravolgere o caricaturare il personaggio o la situazione, come vediamo invece spesso in altri media che possono essere i manga o gli anime.
La sua struttura nettamente diversificata dalle attività giornaliere e quelle notturne dei suoi personaggi crea il mood giusto per lasciar spazio ad una creazione di due mondi paralleli ma uniti: da una parte la Tokyo vera, quella di tutti i giorni nel Giappone moderno e reale, dall’altra i combattimenti nell’universo distorto contro le ombre e la corruzione dei cuori.
Le problematiche sociali dei ragazzi della banda dei ladri mascherati sono vere, reali, e lo diventano sempre di più, man mano che si dovrà avanzare con la storia, sottolineandone lo stile di vita.
Il nostro personaggio che dovrà imparare a conciliare lavoretti saltuari con le lezioni scolastiche per poter guadagnare qualche somma da poter spendere con gli amici, è solo un piccolo esempio di come, attraverso una meccanica semplice, si stia cercando di far luce sulla situazione degli studenti giapponesi.
Uno spaccato di vita che riesce, attraverso il suo stile narrativo e le sue ambientazioni tipiche, a raccontare molto di una società senza per forza dover ricorrere a didascalie od a voci nei menu di gioco, ma che riesce a farlo semplicemente facendo giocare il giocatore che si ritroverà a vivere, inconsciamente, lo stile di vita di una cultura molto diversa dalla sua.