The Last of Us Parte II e Metacritic – L’omofobia è un problema anche nei videogames

The Last of Us Parte II è finalmente arrivato. Dopo sette anni dal primo capitolo, e dopo essere stato rinviato ben due volte in questo 2020, il sequel del capolavoro di Naughty Dog è ora disponibile su PS4, e sta ricevendo la stessa accoglienza del suo predecessore, a quanto pare, ma non da parte di tutti…
Andando su Metacritic, sito che racchiude moltissime recensioni di videogames, film, e serie TV, al fine di farne una media, il quale permette anche di far votare liberamente l’utenza, si scopre che per la critica il voto medio è 9.5, mentre per l’utenza è 3.4, ma com’è possibile leggere oltre 30.000 recensioni degli utenti al day-one? Lo hanno giocato e terminato in meno di 24 ore? È evidente che si tratti di un caso di “bombing review”, ovvero quando una grossa fetta d’utenza, probabilmente organizzata, decide di andare in massa a rilasciare recensioni negative.
Il motivo? Anche qui, è chiaro che sia a causa delle polemiche, spesso assurde, ricevute da questo titolo nei mesi passati.
The Last of Us Parte II e l’ipocrisia degli omofobi
Il bacio tra Ellie e Dina in The Last Us Parte II fece scalpore fin da quando fu mostrato nel video dell’E3 2018, nonostante l’omosessualità di Ellie fosse nota già dal DLC The Last of Us: Left Behind.
E’ lecita questa indignazione da parte del pubblico? Sì, se si è omofobi.
Potreste trovare pesante questa dichiarazione, ma non c’è altro motivo, in questo caso, se non l’omofobia. Si usa la giustificazione che questo tipo di storie non servono in un videogioco, che è un chiaro caso di politically correct, ecc. Stranamente questo tipo di storie sono ritenute inadeguate solo in questi casi: i videogames sono pieni zeppi di storie d’amore, ma non si sono mai viste tutte queste “riflessioni”, anzi.
Prendiamo ad esempio Days Gone, un altro videogioco post apocalittico in esclusiva per PS4. Come mai nessuno ha avuto da ridire sulla storia d’amore tra Deacon e Sarah, che invece è addirittura piaciuta molto?

Vi sembra una reazione esagerata per qualcosa che riguarda un videogioco? Forse dimenticate che dietro lo sviluppo di un videogioco ci sono persone che lavorano duramente, publisher che investono soldi, e se persone come Neil Druckmann prendono a ridere le minacce di morte ricevuto per The Last of Us Parte II, c’è chi invece potrebbe rimanere toccato sensibilmente.
Ad esempio, la content creator Alanah Pearce ha deciso di annullare il programma della diretta streaming di The Last of Us Parte II dopo aver ricevuto alcune minacce, tra cui minacce di stupro.
Facendo altri esempi, esterni alla situazione, qualche settimana fa Marco Crepaldi, fondatore del canale YouTube Hikikomori Italia, ha deciso di prendersi una pausa dal suo ruolo di conter creator dopo aver subito critiche feroci dalle femministe, a causa di una sua critica verso una frangia estrema del femminismo.
Infine, abbiamo anche esempi molto più gravi, come la wrestler giapponese Hana Kimura, che un mese fa si è tolta la vita dopo mesi in cui veniva perseguitata dagli insulti degli haters: aveva solo 22 anni.
Sappiamo benissimo che queste situazioni non vanno prese alla leggera, perché queste reazioni critiche non sono affatto uno scherzo. C’è chi si limita a fare il cosiddetto “troll”, ma quando si arriva a minacciare di stupro o di morte una persona, o a casa non hanno insegnato nemmeno le basi dell’educazione, oppure lo hanno fatto però si è deficienti.
“So che è difficile da accettare…” ma The Last of Us è così
In riferimento al dipinto “Guernica”, realizzato dopo il bombardamento dell’omonima città:
- Ufficiale tedesco: “Avete fatto voi questo orrore, maestro?”
- Pablo Picasso: “No, è opera vostra”
Il problema di The Last of Us Parte II, oltre alla questione dell’omofobia, è dovuta ai famosi leaks che non sono piaciuti a molti di quelli che li ha letti.
Innanzitutto, sappiate che parte di quei leaks erano falsi, come quello su di un presunto personaggio transessuale, che ha scatenato, insieme alla nota omosessualità di Ellie, le critiche sul politically correct forzato. Ebbene, quel personaggio non è transessuale, ma solo una ragazza mascolina.
Queste polemiche hanno fatto partire una reazione a catena di critiche su ogni cosa per The Last of Us Parte II; critiche che fanno pensare al fatto che i giocatori abbiano dimenticato cos’è The Last of Us.
The Last of Us è un’opera d’autore, e gli eventi nel gioco non vanno affatto come vogliamo noi. Facciamo un po’ di SPOILER del primo capitolo:
Qualcuno è mai riuscito, ad esempio, a capire perché il cordyceps è arrivato a colpire anche gli esseri umani? No, e il gioco non fa niente per spiegare, perché non è importante conoscere l’origine dei mostri, che possono essere odiati, si può essere spaventati da loro, si può ucciderli brutalmente, e questo perché sono aggressivi, pericolosi, fastidiosi, ma i mostri in The Last of Us non sono gli infetti: gli esseri umani sono i veri i mostri in questo gioco, gli infetti sono le vittime.
The Last of Us potrebbe essere visto come una versione videoludica del cinema zombie di George Romero, ovvero una storia che usa i mostri come scusa per mettere in luce i difetti della società. Quali sono i difetti che vengono mostrati in questo gioco? L’istinto di sopravvivenza sacrificando ogni morale, la volontà di primeggiare, la paura incondizionata, e l’egoismo.
Ah, il gioco è anche parecchio violento, visto che qualcuno sembrerebbe essersi dimenticato anche di questo.
Ma quanta voglia abbiamo, giocando a The Last of Us, di trovare anche solo un indizio riguardante l’origine della pandemia? Soprattutto, quanta voglia abbiamo noi giocatori di trovare una cura per il cordyceps? Ed è una delle critiche mosse contro The Last of Us Parte II: “ma sarà solo una storia di vendetta?” Avreste voluto di nuovo una corsa per trovare una cura alla pandemia, vero? Sarebbe risultata ripetitiva, non trovate? “Allora tanto valeva finire la storia con il primo capitolo”, ma non prendiamoci in giro… non poteva davvero finire con quella menzogna di Joel nei confronti di Ellie, la storia doveva proseguire, bisogna trovare una soluzione, e allora ecco il sequel… che non è la storia che ci si aspettava.
La verità è che siamo ammaliati dalle cosiddette “americanate”, dove il problema ha sempre un colpevole e dove alla fine l’eroe riesce a trionfare. Siamo talmente ammaliati da quel tipo di film che cerchiamo risposte simili persino quando è il mondo reale a essere colpito da un virus, ma la realtà racconta un’altra cosa, quindi anche una storia realistica dovrebbe raccontare un’altra cosa.

The Last of Us è uno dei casi in cui il videogioco può essere considerato arte, e gli artisti propongono la loro opera, che può piacere o non piacere, ma non esiste che qualcuno protesti affinché l’opera d’autore venga realizzata secondo il parere del pubblico. Ovviamente l’opera ha anche un fine economico, ma non si deve fare l’errore di credere che l’essere clienti dia sempre il potere di mettere bocca sul prodotto: sono sicuro che senza i nostri soldi Neil Druckmann e Naughty Dog troverebbero comunque altro su cui lavorare, ma noi non avremmo mai avuto The Last of Us.