L’effetto Shonda Rhimes
La produttrice televisiva Shonda Rhimes è attualmente una delle figure più potenti e influenti del piccolo schermo. Due dei suoi show hanno ormai conquistato, in misure differenti ma sempre consistenti, un vastissimo e fedele pubblico.
Stiamo parlando del colossale Grey’s Anatomy, giunto all’undicesima stagione con il suo team di medici, e dell’intricato Scandal, la cui quarta stagione è attualmente in onda negli USA con i suoi drammi politici.
Questo è stato inoltre l’anno del debutto di un suo nuovo progetto, How to get away with murder. Di questo telefilm è produttrice ma non creatrice, perché ricopre quel ruolo Peter Nowalk, già suo collaboratore nelle altre serie.
Questo thriller porta nel titolo un elemento di continuità dello stile di Shonda: “murder”, ovvero omicidio. Niente di troppo macabro, certo, ma c’è una ragione per cui questa donna di successo è stata soprannominata Shonda Crimes.
Lo sanno bene i suoi fan sofferenti, che si accostano ad ogni finale di stagione tutti tremanti e impauriti: è quella l’occasione più papabile per l’insorgere dei cataclismi tanto cari alla produttrice. Prendendo in esempio il medical drama, i protagonisti ne hanno viste di tutti i colori: bombe, attacchi terroristici, aerei che precipitano, pazzi che sparano in ospedale, incidenti automobilistici di proporzioni gigantesche, tempeste, uragani, strade che sprofondano, palazzi che crollano, navi che affondano, tentati suicidi, tentati omicidi e malattie di ogni genere. Non si può star tranquilli, insomma, e lo hanno imparato a loro spese molte dei personaggi di Shonda: George O‘ Malley, Mark Sloan, Lexie Grey, Heather Brooks, Harrison Wrigh o James Novak per citare alcune delle più eclatanti vittime. Talmente ben costruiti e radicati all’interno di un forte sistema relazionale e sentimentale, questi personaggi, strappati spesso brutalmente e senza preavviso dalle mani dell’ingenuo spettatore, lasciano un vuoto che nessun sostituto può colmare.
Lo stesso è accaduto con gli abbandoni del set della dottoressa Izzie Stevens e della dottoressa Cristina Young che, seppur non dettati da morti terrificanti, nono sono stati resi meno amari dalla mente diabolica della produttrice.
Non c’è un attimo di respiro nel complicarsi delle vicende e un momento tranquillo non necessariamente implica stabilità. I personaggi di Shonda sono costantemente spinti oltre i loro limiti, piegati quasi fino al punto di rottura. Ogni volta si riprendono e risistemano come ogni persona imperfetta. O almeno, i superstiti possono farlo.
Spesso, soprattutto dopo l’apocalisse di turno, lo spettatore fedele a Shonda ha spento la Tv, lanciato il telecomando e pestato i piedi dicendo: “Basta, S. Crimes io con te ho chiuso”.
Puntualmente, invece, quando i promo per il ritorno delle serie cominciano a girare in televisione, tale individuo prende nota della data di inizio del suo telefilm del cuore per non perdersi nemmeno una puntata.
Ma perché?
E’ semplicemente l’effetto Shonda Rhimes: la drammaticità che la produttrice ci propone è spesso troppo esagerata per sembrare legata ai nostri contesti quotidiani, ma offre quel pizzico di adrenalina che tanto ci piace. Al tempo stesso, le problematiche si ripropongono ad un livello umano a noi noto, riportando i personaggi più vicini a noi, al punto di potersi identificare in essi. Ogni show a suo modo offre uno spunto riflessivo sia sul piano introspettivo che su quello sociale, per mezzo di caratteri, spesso femminili, forti, decisi ma non fittizi. I grandi amori come le grandi amicizie delineate da Shonda non hanno nulla di perfetto o affettato che li renda “da favola”.
Così, la si odia e la si ama al tempo stesso, spesso a seconda dell’episodio che va in onda. Ma una cosa è certa: una volta provata, non si può più fare a meno della magia di Shonda. Da maneggiare con cura per via degli effetti collaterali, certo, ma impossibile da ignorare.
di Francesca Aliperta
21 novembre 2014