Niente più selfie sul red carpet di Cannes

Grandi novità per la 71ma Edizione del Festival di Cannes 2018 (dall’8 al 19 maggio 2018) con Cate Blanchett presidente di giuria (e Ursula Meier per la Camera d’or).
Nell’epoca delle nuove tecnologie che stanno cambiando repentinamente le modalità espressive della creatività e soprattutto quelle di “consumo” dell’arte e cultura, il curatore Thierry Fremaux annuncia nuove regole severe per produttori, distributori, media e artisti a vario titolo coinvolti nelle pellicole in presentazione al festival. Il tentativo, con esiti tutti da verificare, è ripristinare un clima di sacralità in una delle manifestazioni cinematografiche più prestigiose sul pianeta, una sorta di austerity in ossequio alla settima arte oggi in preda alle mille manipolazioni del web, con film in streaming, uffici stampa sempre più social network oriented, le vecchie sale cinematografiche sempre più dimenticate in un mondo che corre a 300 all’ora e che consuma virtualmente arte e cultura attraverso gli smartphone e nei contesti più disparati.
Varie le nuove regole. L’anteprima mondiale dei film deve essere una premiere a tutti gli effetti, con proiezione contemporanea per stampa e pubblico (al Grand Theatre). I film in competizione devono necessariamente avere una distribuzione in sala in Francia, in contrasto con le promozioni/proiezioni streaming di gruppi multinazionali quali Netflix, Amazon, Apple, che sulla questione promettono guerra ad oltranza. I selfie sul red carpet, anche per le star, già sconsigliati a partire dal 2015, sono adesso vietati, non facendo più scivolare nel trash uno dei momenti più suggestivi e affascinanti del festival.
E pensare che le origini del tappeto rosso risalgono addirittura all’antica Grecia. Secondo la mitologia il primo red carpet risale addirittura a Clitemnestra che lo fa predisporre in occasione del ritorno di suo marito Agamennone, re di Micene, dalla guerra di Troia. Da sempre, quindi, simbolo di potere e regalità, negli ultimi secoli il tappeto rosso viene utilizzato dai reali per proteggere le loro calzature, anche se si può rinvenire qualche uso curioso nel secolo scorso (per esempio agli inizi del XX secolo le ferrovie inglesi lo adoperano per indicare ai passeggeri il percorso verso i posti loro assegnati).
Oggi il red carpet è emblema di celebrità, glamour e luxury. A partire dal 1929, anno della prima edizione del Premio Oscar Hollywoodiano, la passerella sul tappeto rosso connota il momento mediaticamente più atteso di tutti i festival cinematografici del mondo, l’unica vera possibilità di contatto quasi fisico per il pubblico con star internazionali accessibili solo tramite i rotocalchi.
Per Fremaux eliminare i selfie sul red carpet, oltre a restituire la giusta sacralità a uno dei momenti più alti del festival, evita tutte le problematiche di ritardo di scaletta quotidiana dovute alle pause di scatto; ecco come si esprime alcune settimane fa sulla rivista Le Film Français: « On the red carpet, the trivial aspect and the slowing down provoked by the disorder which these selfies create tarnishes the quality of [the red carpet experience] and of the festival as a whole ».
Il termine selfie, derivato dalla lingua inglese, indica un autoritratto per lo più realizzato – con scarse velleità artistiche – attraverso uno smartphone, un tablet o una webcam, di solito condiviso sui social network. Nasce nei primi anni del duemila e si diffonde notevolmente a livello planetario dopo il 2010.
Inizialmente è utilizzato per ottenere l’immagine dei profili dei vari social network, successivamente diventa quasi imprescindibile documentazione fotografica di momenti di vita vissuti e raccontati, trasformandosi in self-portrait sempre meno solitari e sempre più di gruppo, in linea col nuovo ruolo che le reti sociali via via assumono.
Quello dei selfie è diventato un fenomeno antropologico e sociale di grande interesse scientifico, con confini e riflessi sempre più ampi e inaspettati. Tutti noi ricordiamo, ad esempio, nel 2013, la foto, pubblicata sui principali rotocalchi internazionali, del presidente Barack Obama, la premier danese Helle Thorning-Schmidt e del primo ministro britannico David Cameron intenti a scattarsi un selfie durante i funerali di Nelson Mandela.
Gli psicologi spesso attaccano tale pratica definendola narcisistica, collegandola, in alcuni casi, ad una bassa autostima.
Il fenomeno è in piena evoluzione e si preannuncia ancora denso di colpi di scena.
In ogni caso Fremaux ha posto uno stop sul red carpet di Cannes, dove le dinamiche dei selfie spesso sono di più basso profilo motivazionale: predisporre immagini in preview, anche insieme a star, pagate a peso d’oro da alcune testate internazionali.