Perché Batman funziona ancora?

“Batman è l’eroe che Gotham si merita, ma non quello di cui ha bisogno adesso.”
Così recitava una delle battute finali del James Gordon di uno stellare Gary Oldman in quel caposaldo che ancora oggi è Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, ed essendo Batman l’eroe dei fumetti che più di tutti è stato adattato su altri media nel corso degli anni, sarebbe stato legittimo chiedersi se questa iconica frase non avesse dovuto cominciare ad essere presa sul serio anche da parte del pubblico: tra film, serie, videogiochi e animazione, il Crociato Incappucciato ci è stato presentato letteralmente in ogni versione possibile, e che fosse più o meno riuscita, sopra o sotto le righe, realistica o grottesca, ben accolta o controversa, ogni generazione si è potuta godere la sua versione di Batman mentre la controparte cartacea si evolveva e proseguiva nel suo percorso di evoluzione che procede ancora oggi.

E da qui la domanda: era davvero necessaria un’altra versione di Batman? Ed era davvero necessario che arrivasse proprio adesso, dopo l’interruzione improvvisa del percorso di un altro Batman live action, quello di Ben Affleck, e in un chiaro momento di crisi per un DCEU ormai ingolfato tra false partenze, pianificazione assente e la concorrenza spietata da parte del MCU?
A questo quesito più che legittimo giunge la brillante risposta di Matt Reeves e Robert Pattinson, che ci dimostrano che, sì, c’è ancora spazio per Batman nel nostro cinema: forse perché essendo il supereroe più “realistico” di tutti, si può prestare a una maggior varietà di interpretazioni, forse perché il suo cast di comprimari si sono ormai irrimediabilmente impressi nell’immaginario collettivo, o forse perché con ormai ottantatré anni di storia editoriale alle spalle, il materiale che si può adattare è pressoché infinito, ma la verità è che non ci interessa sapere il motivo, tutto ciò che ci interessa è continuare a godere delle storie che il Cavaliere Oscuro può ancora vivere sul grande schermo.
Lo scandalo Gothamgate
Una soggettiva su una vittima ignara con in sottofondo il respiro pesante di un predatore e l’Ave Maria di Schubert a rendere il tutto ancor più alienante.
L’assalto brutale e furibondo di un killer che si prepara a dare il via al suo gioco malato.
Un’inquadratura su una città marcia, battuta dalla pioggia e assediata dal crimine.
La voce narrante di un protagonista cupo e tormentato.
Sarebbe un perfetto inizio per un noir anni ‘50, e invece è l’inizio di The Batman, e qui sta la prima di una lunga serie di fortunate intuizioni da parte del regista Matt Reeves: laddove il Batman di Burton puntava su atmosfere grottesche e sopra le righe, e quello di Nolan era impostato come fosse un realistico action poliziesco, Reeves differenzia il suo Crociato Incappucciato in maniera brillante rendendolo un vero e proprio thriller talvolta ai limiti dell’horror.
Questa scelta stilistica pone le proprie radici in un elemento che è sempre stato parte integrante di ogni narrazione legata a Batman: la rappresentazione di Gotham City.
Dimenticate qualunque forma di edulcorazione o di romanticizzazione della città o dei personaggi che la popolano: Gotham è sporca e corrotta fin nelle fondamenta, l’ultimo luogo in cui vorreste mai vivere, e in cui l’angoscia e la malinconia la fanno da padrone.

Verrebbe da chiedersi dove sia la differenza con le precedenti incarnazioni della città di Bruce Wayne, e tale differenza può essere più o meno riassunta così: gli altri film ci mostravano la corruzione di Gotham, The Batman invece ce la fa vivere, e ne approfondisce in maniera quasi viscerale ogni singolo aspetto, dagli intrighi tramite i quali si ottiene il potere alla violenza con cui lo si mantiene, dalla bassezza da coloro che ne traggono vantaggio alla tragedia di chi ne subisce le conseguenze, e l’espediente del film per approfondire tale corruzione è un racconto investigativo sorprendentemente corale.
Laddove in altri cinecomic un numero eccessivo di personaggi coinvolti ha rappresentato uno svantaggio per l’efficacia della trama (sto parlando con te, Spider-man: No Way Home), la coralità di The Batman serve ad evidenziare la centralità di Gotham nel racconto come entità collettiva, non solo come scenario. Gotham è la vera protagonista e al tempo stesso la vera antagonista di questa storia, e proprio nel suo protagonista e nel suo antagonista va maggiormente a rispecchiarsi: da un lato un crociato consumato dai traumi, dalle battaglie e dalle paranoie, tanto che talvolta viene da chiedersi se sia davvero lui l’eroe o solo l’ennesimo pazzo furioso, e dall’altro lato un uomo che persegue una causa condivisibile con metodi disumani, un riflesso (e in un certo senso una conseguenza) dello stesso Batman, le cui azioni sono solo l’espediente della trama per far emergere i segreti più oscuri e marci delle élite della città. Due figli di Gotham, e al tempo stesso i suoi più grandi nemici.

La ciliegina sulla torta poi è il tocco estremamente personale che Reeves dà al tutto. La sua regia è paragonabile al costume indossato da Robert Pattinson: sobrio, quasi improvvisato, ma non per questo meno efficace e funzionale.
Con pochi accorgimenti, e senza troppi virtuosismi della macchina da presa o effetti speciali, Reeves ci regala una serie di sequenze e inquadrature che rimangono impresse nella memoria dello spettatore molto più facilmente di quelle di certi film dal budget molto più alto: che sia sfocando l’inquadratura, ribaltandola, accendendo una luce rossa, o semplicemente spegnendole, l’autore dà al suo Batman una personalità estremamente riconoscibile.
Dà lodare inoltre l’abile uso del realismo: il regista è abile nel rendere il suo Cavaliere Oscuro estremamente concreto e terreno, senza che questo risulti troppo simile a quello di Nolan, ma piuttosto sospeso in un delicatissimo equilibrio tra la crudezza del degrado urbano e una certa vicinanza al mondo dei fumetti.
Certi accorgimenti come delle lenti a contatto che fungono da bodycam o un costume in grado di resistere ai proiettili con estrema facilità, rendono una possibile introduzione di personaggi come Robin o Mr Freeze uno scenario non così improbabile come poteva esserlo ai tempi della trilogia di Nolan, e ribadiscono come una sintesi tra il mondo dei fumetti e il grande cinema, sia ancora possibile.
Elementare, Pattinson
Visto il rinnovamento di Gotham, era una conseguenza logica che lo stesso trattamento venisse riservato agli stessi personaggi che lo popolano, e tralasciando Batman e l’Enigmista, dei quali abbiamo già parlato, la prima a spiccare è Catwoman, interpretata da una Zoe Kravitz che guadagna a pieno titolo la palma d’oro di migliore interprete di Selina Kyle, l’unica a non averla resa solo una femme fatale o un’anonima ladra, bensì una vera e propria sopravvissuta, un’antieroina formatasi in un ambiente ostile pur avendola indurita e privata della sua innocenza non le ha comunque strappato via la sua integrità.
Abbiamo poi il Pinguino, sotto la cui grottesca maschera di arroganza, aggressività e trucco prostetico si celano un irriconoscibile Colin Farrell, e un’emotività complessa, contorta e ben celata (ma presente) mista a quel senso dell’onore che in un cattivo non smette mai di affascinare. Tutte caratteristiche che speriamo vengano approfondite nella serie spin off a lui dedicata, già annunciata per HBO max.
Leggermente messi in secondo piano sono invece Alfred Pennyworth (Andy Serkis) e James Gordon (Jeffrey Wright), cosa tutto sommato comprensibile data la loro assoluta centralità nelle saghe di Nolan e Burton, ma che non impedisce comunque loro di essere protagonisti di alcune tra le migliori scene del film.

Ma la vera sorpresa è Carmine Falcone: laddove sarebbe stato legittimo aspettarsi un vecchio mafioso in declino, sulla falsariga di quanto visto in storie come Anno Uno o il Lungo Halloween (il cui disegnatore Tim Sale è recentemente venuto a mancare), John Turturro ci sorprende con la sua rappresentazione di un boss all’apice del suo potere e della sua pericolosità, il vero padrone di Gotham, la sua emanazione, e forse vero antagonista principale della vicenda, ma anche suo unico vero difetto (insieme ad alcune eccessive lungaggini nel terzo atto) a causa di una cesura troppo netta tra la sua sottotrama e quella dell’Enigmista.
Insomma, al netto di alcuni trascurabili difetti, The Batman è un ottimo film, pregno di grande personalità e autorialità ma al tempo stesso capace di omaggiare i fumetti che lo hanno ispirato, così come è capace di raccontare una storia a sé stante, ma al tempo stesso di gettare le basi per tanti altri prodotti senza esserne fagocitato, e che se ben sfruttato potrebbe seriamente essere il punto di partenza per un serio rilancio cinematografico dell’Universo DC.