Tombi! Special Edition – Cosa cerchiamo in un remake?
Quello dei remake, remastered, reboot, è un tema ampiamente discusso soprattutto in ambito videoludico, l’unico, a differenza di altri media, a soffrire del problema delle generazioni. Un vecchio film può essere recuperato con relativa semplicità, mentre per un videogioco c’è addirittura il rischio, si intende seguendo vie legali, di perderlo per sempre.
Ci sono alcuni giochi della nostra infanzia che forse era meglio lasciare lì, perché una volta rigiocati la sensazione è che non avessimo niente di meglio da fare in quei pomeriggi estivi di vent’anni fa, ma alcuni invece validissimi che avrebbero bisogno di poter essere rigiocati.
Qui nasce il dubbio: rigiocarli così come erano un tempo, con tutta quella grafica pixellosa, la colonna sonora che va appresso ai cali di frame, oppure un motore grafico nuovo e più muscoli per fare un favore ai nostri sensi ora più esigenti?
Prima di parlarvi di Tombi! Special Edition va aperta una parentesi
Resident Evil ed Alone In The Dark
Prendo due saghe a cui sono molto legato, la prima più conosciuta, la seconda meno. Essere nati nel 90 significava poter accedere a qualsiasi titolo in barba del PEGI ed i nostri genitori non avevano una cultura tale da poterci guidare nelle scelte
- Mamma me lo compri?
- Se ti fai promuovere con buoni voti si
Fine. In questo articolo parleremo di Tombi! Special Edition, ma queste due saghe hanno subito remake, reboot, remastered e qualsiasi altra cosa quindi sono funzionali con quanto segue: le due saghe, confrontando il rispettivo vecchio e nuovo, sono due cose completamente diverse.
L’ultimissimo titolo di Alone In The Dark si propone di far ripartire la saga, riportandoci ancora una volta nella villa di Derceto, ma quello che abbiamo tra le mani è un prodotto nuovo, nuovissimo, che ha poco di quell’aria lovecraftiana cui eravamo abituati. Non è una critica la mia, come non lo sarà ciò che dirò riguardo Resident Evil.
In quest’altra saga invece abbiamo avuto due percorsi distinti: la nuova trilogia, che propone un assetto completamente diverso, a partire dall’utilizzo della prima persona, e la vecchia (per ora) tetralogia, che reinventa i classici in una veste grafica ed un gameplay originale, ma non troppo: la camera over-the-shoulder.
Le operazioni delle due software house sono dunque simili nel loro intento, ossia portare al pubblico, soprattutto quello nuovo e più giovane, prodotti giocabili per gli standard odierni, ma allo stesso tempo in grado di far assaporare la trama, la lore di un mondo ormai sepolto.
Ma è davvero così? Prendiamo come esempio Resident Evil 2, il nuovo e l’originale. Le texture, la palette di colori, l’audio più grezzo, i comandi legnosi, il sistema di mira, le porte salvavita, ma allo stesso tempo incognita, il ritmo più lento, erano caratteristiche che all’epoca crearono un cult irripetibile.
Irripetibile in tutti i sensi, perché oggi provare a giocarlo fa scattare subito nella mente una domanda: ma come facevo a giocarci? Il nuovo Resident Evil 2 invece mantiene inalterato lo stile, quel mix tra action ed horror, appunto survival horror, che avevamo assaporato con il primo, ma lo fa svecchiandosi completamente, riuscendo ad attirare il pubblico di allora e quello odierno.
Tombi! Special Edition, ma per chi?
Ma Tombi! cosa ha a che fare con tutto questo discorso? Accendendo la Nintendo Switch ero pronto ad immergermi di nuovo in una delle avventure che amo di più della storia videoludica, tanto che per prepararmi avevo da poco rigiocato l’originale, completandolo. Il risultato è stato quello di avere lo stesso identico titolo, un porting.
Non è un vero e proprio porting, perché è stato aggiunto il linguaggio in italiano, è migliorato il menù, con una mappa, ed è stata modernizzata la colonna sonora, ma graficamente abbiamo lo stesso gioco. Inizialmente rimasi deluso, mi aspettavo un’esplosione di colori considerando il titolo che si presta fortemente a questa operazione, però poi mi è tornato in mente proprio Resident Evil 2, per i motivi appena elencati.
Se nel titolo Capcom c’è stata la possibilità di modificare praticamente tutto, compreso il gameplay, in Tombi! Special Edition ovviamente non si poteva: parliamo di un platform 2.5D, dove l’andare cambiare la struttura del gioco è impensabile. Però dal punto di vista grafico siamo convinti che una nuova veste avrebbe reso giustizia al nostro beneamato Tombi?
La realtà è che sono combattuto, per un motivo semplice: a chi è rivolta questa operazione?
Tombi andrebbe valorizzato!
Se l’intento è quello di strizzare l’occhiolino ai più anziani come me va bene anche una grafica vissuta, anzi, è perfetta per ricreare l’effetto nostalgia, per riassaporare, come nell’originale di Resident Evil 2, l’aria di casa (non vi auguro di avere casa a Raccoon City!)
Ma se ci fosse stata la volontà di attrarre nuove generazioni, credo che questo sia un buco nell’acqua. Non è più tempo di giocare a Rayman o a Tombi, perché i platform moderni sanno offrire molto di più, ma proprio perché parliamo di platform, un genere che probabilmente non morirà mai e che mantiene salde le sue radici, è impensabile non proporre adeguatamente ad una nicchia di nuovi giocatori titoli così divertenti.
A vedere pixel e caricamenti con sfondi che svolazzano qui e lì io mi sciolgo, mi emoziono, ma le nuove generazioni no e non perché siano meno intelligenti, come spesso si vuol far credere, ma semplicemente, perché loro non hanno nulla per cui sciogliersi a vedere pixel e sfondi che svolazzano: non hanno vissuto quell’epoca e giustamente non gli interessa una scarsa qualità grafica.
Quest’ultimo capoverso ha bisogno di una precisazione importante, perché troppo generico. Nel caso di Tombi! Special Edition parlare di scarsa qualità grafica non è propriamente corretto, perché non è questione di mediocrità, ma di età. La precisazione è fondamentale, perché Tombi! resta godibile artisticamente.
La scelta di non rivedere alcunché dal punto di vista grafico è sicuramente intenzionale da parte degli sviluppatori, considerando invece le migliorie alla colonna sonora e a tutte le altre che ho citato prima.
Vederla come un’occasione mancata, oppure no è puramente soggettivo, perché mantenersi identico è stato probabilmente l’obiettivo per riportare alla memoria dei buontemponi dei novanta quei giorni d’estate ormai andati. Personalmente avrei preferito maggiore coraggio per un titolo che oggi farebbe impallidire molti suoi competitor.