Objection! The Game Awards tra pagliuzze e morali

The Game Awards, definiti “gli Oscar dei videogiochi”. Così simile alla celebre premiazione cinematografica eppure così diversa nel modo in cui viene trattata.
Più dibattiti sul metodo di votazione, sulle candidature, sui videogiochi premiati, sull’effettiva utilità della conferenza, ecc.
Potrebbe tutto ciò essere dovuto a una maggiore attenzione dell’utenza nei confronti del medium videoludico? Sarebbe bello, ma è probabile che non sia così.
Questo nuovo numero di “Objection!” vuole essere una difesa a The Game Awards, in quanto è bene la ricerca della maturità nella critica videoludica, ma non quando questa sfocia in moralismi discutibili e un eccesso nel desiderio di oggettività.
The Game Awards e le critiche all’oggettività
Indubbiamente si potrebbe chiedere di meglio a The Game Awards. Dalle premiazioni alle candidature, passando per la gestione delle categorie, è necessario trattare tutto ciò come fosse qualcosa di assolutamente insensato e inaccettabile?
Prendendo ad esempio gli Oscar, esistono molte meno categorie per i premi cinematografici, ma in novantatré anni nessuno se n’è mai lamentato o ha mai detto di non trovare sensato il confronto tra un film drammatico, una commedia, un film storico e un film dell’orrore.
Oppure il Pallone d’oro, per il quale nessuno ha mai chiesto di dividere i calciatori per ruolo, anzi giustificando, per esempio, la settima vittoria di Messi nel 2019 per i goal segnati, quando al probabilmente più meritevole van Dijk non bastò nemmeno la vittoria della Champions League con il Liverpool e l’essere stato un difensore mai superato in dribbling per tutta la stagione.
Inoltre, fino ad ora non si è mai vista la critica di The Game Awards influenzata dai capricci del pubblico. Il triste review bombing subito da Elden Ring poco prima di The Game Awards 2022, nello scellerato tentativo di favorire God of War Ragnarok, non gli ha impedito di essere premiato come gioco dell’anno.
Come dimenticare, invece, la cavalcata di Leonardo Dicaprio verso l’Oscar tanto bramato, ottenuto forse in uno dei momenti meno opportuni della sua carriera? Spinto per un anno intero dalla delusione dell’edizione degli Oscar precedente, dai fan e dalla stampa, e dall’aver ormai reso un meme il non aver mai vinto un Oscar.

L’oggettività, spesso, non è granitica, e le premiazioni non sempre sono condivise da tutti. A volte sono anche davvero poco condivisibili. Ma l’oggettività esiste, e non ha bisogno necessariamente di un insieme per essere colta.
Questo avviene in quanto la realizzazione di un videogioco non è qualcosa che viene assegnata come un compito a scuola, bensì una scelta. Indipendentemente se dalla produzione o dalla software house, la direzione di un’opera viene decisa liberamente.
Le scelte di mercato possono influenzare, ma nessuna di queste viene premiata a The Game Awards (spesso anche negli Oscar). Dopotutto il premio per il miglior videogioco sportivo e per il miglior multiplayer se lo sono aggiudicati Gran Turismo 7 e Splatoon 3, non FIFA 23 e Call of Duty: Modern Warfare II.
Alcune software house riescono ad avere successo tramite il “more of the same”? Significa che quel genere di produzione è stata realizzata in maniera eccellente.
Accessibilità, crunch time e… Mondiale in Qatar
Si passa poi alle critiche meno note ma più approfondite, le quali vanno a toccare temi spesso ignorati.
God of War Ragnarok ha vinto il premio per l’innovazione in accessibilità, ovvero il videogioco che nell’anno 2022 è stato riconosciuto come il migliore nell’inserire opzioni per far fruire l’opera a più giocatori possibili, compresi giocatori affetti da disabilità.
Un tema molto importante, sempre più diffuso negli ultimi anni ma poco considerato in troppe occasioni. Potrebbe The Game Awards rientrare tra queste? Dopotutto, quanto potrebbe mai aver pesato il premio ricevuto da God of War Ragnarok se il suo “rivale” Elden Ring, tutt’altro che accessibile in questo aspetto, è stato eletto gioco dell’anno 2022?
Oppure il crunch time, gli straordinari nell’industria videoludica gestiti in maniera alquanto discutibile. Un tema divenuto mainstream da un paio d’anni, grazie soprattutto al giornalista Jason Schreier.
Il crunch time è divenuto abituale nell’industria videoludica, al punto da essere considerato una cultura, non venendo minimamente preso in considerazione in occasione di The Game Awards.
Ad esempio, di recente si è parlato della cultura del crunch in FromSoftware e nell’industria videoludica nipponica, ma niente di tutto questo ha pesato su Elden Ring.

Il problema dell’ignorare questi argomenti sta nel fatto che, nella maggior parte dei casi, vengono trattati solo in determinati momenti, ovvero solo quando fanno scalpore.
Un po’ come la critica al Mondiale 2022 svoltosi in Qatar. Il paese ospitante ha ricevuto l’assegnazione dell’evento dieci anni fa; un arco di tempo durante il quale sono stati resi noti i problemi nell’organizzazione di questo mondiale, eppure la maggior parte delle critiche è giunta tutta insieme solo negli ultimi mesi.
Fatta eccezione per le indagini sul “Qatargate”, viene da chiedersi quanto davvero sarebbero state intense queste critiche se il Mondiale 2022 non si fosse svolto in inverno, senza così dover spezzare in due la stagione calcistica in corso.
La stessa domanda andrebbe fatta per il crunch time: non fosse stato per il caso di Cyberpunk 2077, quanto davvero sarebbe stato trattato al giorno d’oggi? Forse è proprio per questo che nessuno si pone mai il problema con FromSoftware o con altre software house nelle quali la presenza del crunch time è risaputa (Naughty Dog).

Peggio ancora è la situazione dell’accessibilità, anch’essa ricordata solo in questa occasione o quando c’è da elogiare qualche software house che le ha posto attenzione.
Paradossale, inoltre, come siano sempre le software house più grandi a proporre innovazioni in questo campo molto importante ma poco trattato. Alanah Pearce è una di quelle persone che si spinta molto nel sostenere l’accessibilità nei videogiochi, chissà se la sua presenza in Santa Monica Studio avrà influito anche sulle opzioni proposte da God of War Ragnarok.
Il mondo videoludico è più maturo?
Una domanda che fa eco a quanto detto nell’introduzione: il fatto che l’utenza dia maggiore attenzione ai suddetti argomenti, rende il mondo videoludico più maturo?
Purtroppo molti atteggiamenti, come il caso di Metacritic con Elden Ring e tanti altri visti negli ultimi anni sul noto sito agglomeratore di punteggi, tendono a non rendere esattamente l’idea. Un peccato, perché sembrerebbe esserci distanza d’intenti con chi i videogiochi li produce.
Questo perché le produzioni videoludiche sono sempre più mature, per l’esperienza che trasmettono e le storie che vogliono raccontare. Non è un caso che sempre più di queste produzioni si stiano espandendo in altri media, come nel cinema e nelle serie TV, e stavolta in maniera più promettente.
Il motivo di queste produzioni esterne più promettenti è dovuto proprio alla maggiore attenzione da parte dei fan che non si accontenterebbe nuovamente di un film di Super Mario Bros. come il live action del 1993, desiderando invece il film d’animazione in arrivo ad aprile.
L’utenza che ha stroncato la pessima serie Netflix su Resident Evil, che spinse a cambiare la realizzazione del volto di Sonic dopo aver visto il primo trailer del primo film. Perché quella stessa utenza dovrebbe andare a fare i review bombing per i motivi più assurdi?
Perché bisogna scadere nell’andare a cercare la pagliuzza nelle grandi opere e nei grandi eventi, solo per il fatto che non è stato premiato il gioco che avremmo voluto veder vincere?
Oppure attaccare usando la “morale a tempo determinato”; la morale giusta ma solo in determinati momenti, perché è un po’ come nel Calcio che si dice dovrebbe essere di tutti, che non si dovrebbe affidare solo per soldi a chi calpesta i diritti civili… però quanto sarebbe bello se uno sceicco acquistasse il club che tifiamo, vero?
Con quest’ultima riflessione vi saluto, lascio il link ai numeri precedenti della rubrica, e appuntamento alla prossima obiezione.