Cult of the Lamb – Come il Tumpaiesimo (non) cambiò il mondo!

Avete presente quelle volte in cui acquistate un videogioco e vi aspettate di trovare uno specifico gameplay e poi, una volta installato sulla console, vi accorgete di avere tra le mani tutt’altro? Ecco, questo è quello che è successo a me con Cult of the Lamb.
La produzione di Massive Monster e Devolver Digital si presenta come un roguelike con un lato gestionale che come protagonista ha un simpatico agnellino. Tutto carino e coccoloso all’apparenza, se non fosse per tutto quel sangue, quegli strani riti e quelle misteriose buche dove vengono lanciati i cadaveri già a partire dal trailer.
L’apparenza inganna, lo sappiamo tutti, ma ammetto che svariate volte mi è capitato di rimanere colpito da questo gioco, sia nel bene che nel male purtroppo. Alcune scelte particolari di gameplay, alcune situazioni strane e…alcuni piccoli bug qua e là. Questo viaggio alla creazione del mio culto si è rivelato alquanto particolare ed ora voglio raccontarvelo!
Cult of the Lamb, carino e coccoloso? Si ma…
Non vi nego che già dai primissimi minuti di Cult of the Lamb si capisce quanto l’alone di carinerie e dolcezza dei suoi personaggi sia semplicemente una facciata per nascondere una trama oscura e sanguinosa. Tuttavia, mi sono lasciato travolgere dall’enorme quantità di scelte di personalizzazione dei seguaci e mi sono detto “perché no?”.
Ma facciamo un passo indietro. La storia di Cult of the Lamb inizia in modo molto semplice: il nostro personaggio è stato scelto per essere sacrificato ad una divinità e per questo viene ucciso pochi istanti dopo l’apertura del gioco.
Gli viene tuttavia data una seconda possibilità, una misteriosa divinità incatenata convocherà l’anima del malcapitato proponendo un patto, ovvero quello di creare un culto in suo nome per affrontare gli altri Dei e ridare libertà.
Non che ci sia molta scelta quando si parla di un patto dopo la morte, quindi ci troveremo ad affrontare alcuni nemici in un mini dungeon, per proclamare la nostra libertà ed iniziare l’affronto agli altri culti. Ogni nostra azione servirà ad attirare alla nostra setta nuovi seguaci, impressionati dalla nostra forza in combattimento o semplicemente salvati da un sacrificio di un’altra congrega.
Ed è proprio quando un nuovo membro chiede di entrare nella setta che ho iniziato a fare i primi errori di valutazione: cosa sarà mai dare il nome di alcuni amici a questi personaggi carini e coccolosi? Nel dubbio mi sono lasciato prendere la mano e ho inserito i nomi dei vari utenti attivi nella nostra community su Twitch.
Tutto inizia in modo pacifico, Paninoprosciutto lavora i campi, Warci e Giumancu recuperano legna e sassi, Dario prega all’altare. Insomma, una ridente cittadina con uno strano totem a cui rivolgere le preghiere al centro.
Tutto rose e fiori, fino a quando non ho perso la mia prima run…

Una vita tra Roguelite e gestionale
Potremmo descrivere Cult of the Lamb come un gioco diviso di netto a metà. Da una parte bisogna gestire al meglio i vari personaggi all’interno dell’accampamento del culto, mentre dall’altra bisogna mettere alla prova le proprie abilità in un roguelike procedurale fatto di mini dungeon.
Non è propriamente vero definire questa divisione un 50-50 in quanto la parte gestionale, soprattutto nelle primissime fasi di gioco, sarà il fulcro per riuscire a proseguire nella parte attiva del gioco. Più saremo in grado di migliorare la stabilità del nostro accampamento ed a mantenere alta la fede e l’umore dei nostri seguaci, più questi cresceranno e più riusciremo a sbloccare abilità passive da usare nei dungeon.
Ma come ho lasciato intendere alla fine del capitolo successivo, non sempre si vincono i dungeon e talvolta bisogna tornare al campo con la sconfitta che pesa sulle nostre spalle e sull’umore generale del gruppo.
Fu così che, una volta rientrato il leader dopo una sconfitta, l’avatar di Paninoprosciutto aveva iniziato a inneggiare contro al culto, tentando di sabotarlo dall’interno. Di lavorare non se ne parla, di pregare nemmeno, tutto il giorno a incitare gli altri a non seguire il Tumpaiesimo e le sue regole. Urge quindi trovare una soluzione, ma quale?
Ed è proprio qui che Cult of the Lamb si rivela per quello che è: un gestionale le cui scelte sia “buone” che “cattive” hanno delle conseguenze. Per sedare un rivoltoso, ad esempio, ci sono due strade principali da seguire: la prigione, con un programma di rieducazione al culto, oppure il sacrificio. Sì, esatto, il classico “estirpiamo il male alla radice in nome di Tumpai”.
So che tutto questo può sembrare di dubbio gusto, e forse l’immersività era dovuta al fatto di aver messo i nomi dei miei conoscenti ai pupazzetti, ma la cosa più intrigante fu scoprire che non c’era una via giusta ed una sbagliata.
Ad ogni scelta corrisponde una reazione da parte di ogni singolo membro del culto. Reazioni che possono essere ammortizzate scegliendo specifici comandamenti durante le messe, improntati per uno o l’altro gameplay, ma che sono inevitabili quando sono gli stessi follower a fare richieste di sacrificio o simili. Una situazione sempre molto precaria quindi, da tenere monitorata in ogni secondo, che non viene di certo agevolata dalla presenza di alcuni bug (nella versione console da noi testata) che influiscono sulla riuscita di alcuni rituali o azioni nel gioco.

Problemi tecnici ne abbiamo?
Ed è proprio dai bug o dai problemi tecnici che partiremo per spiegare il gameplay effettivo di questo simulatore di culti perché se la parte principale di Cult of the Lamb risiede nel lato gestionale del titolo, per proseguire nel gioco bisogna affrontare e sconfiggere i vari mini dungeon che ci troveremo di fronte.
Lo strutturare il villaggio e lo sfruttarlo al meglio servono a gettare le fondamenta per una serie di potenziamenti da sfruttare poi nei dungeon. Aumentando la fede dei nostri seguaci sbloccheremo armi più potenti ad inizio run, o qualche maledizione migliore e più influente, che sommati alla classica fortuna nella casualità dei power up sparsi nei dungeon (tipici di questo genere) faranno il buono o il cattivo tempo della nostra partita.
Ma se Giumancu vuole sacrificare il dissidente Paninoprosciutto ( perché stanca del suo inveire contro il Tumpaiesimo) ed al momento del rituale il gioco si blocca?
Le opzioni sono svariate: Panino si salva calcio d’angolo grazie ad una svista del gioco (facendo di fatto fallire la mini quest di Giumancu), Panino sarà solo un vecchio ricordo (vanificando ancora una volta gli sforzi per completare la quest per mancanza di materia sacrificale) oppure ancora, tutti felici e contenti, quest completata e Panino e Giumancu amici per la pelle come se niente fosse.
Purtroppo questi esempi sono un pochino forti ed esagerati, ma non nego che effettivamente ho riscontrato diverse difficoltà in alcune parti del gioco proprio per il continuo non riuscire a compiere attività di questo tipo. In alcuni casi ho dovuto scegliere alcuni comandamenti proprio in base al rischio elevato di non riuscire a compiere determinate azioni con successo nel momento giusto.
Un malus che influenza lo svolgimento lineare del gioco, soprattutto nella sua versione per console (che speriamo venga migliorata in futuro grazie a qualche patch), ma allo stesso tempo non nega di godersi questo affascinante titolo, seppur con qualche riserva e qualche accortezza in più da tenere in conto.

Conclusioni
In conclusione, cosa aspettarsi da Cult of the Lamb?
Sicuramente, la fatica di Massive Monster e Devolver Digital ha tutto il potenziale per incuriosire e appassionare una grandissima fetta di pubblico. Un gameplay semplice, pulito e simpatico accompagnerà il giocatore per tutta la durata di questo titolo.
Il binomio tra roguelike e gestionale è solido, divertente e capace di far perdere diverse ore di gioco nello scegliere quali migliorie apportare per affrontare con più facilità i vari dungeon del gioco, seppur va ammesso che il lato gestionale è maggiormente influente nella prima parte di gioco che nella seconda, mentre al contrario, l’affrontare i dungeon rimarrà quasi sempre sulla stessa linea di difficoltà.
Attualmente mi sento di suggerire l’acquisto del titolo nella sua versione PC, in quanto al momento risulta essere la versione migliore (e maggiormente corretta) del gioco. In caso invece vogliate provare questo titolo su console, alcune scelte in gioco risulteranno quasi obbligate rispetto ad altre, per limare quanto possibile la percentuale di fallimento di alcuni passaggi.
Inoltre so che volete sapere che fine hanno fatto i nostri eroi Paninoprosciutto e Giumancu, ma i segreti del culto del Tumpaiesimo rimarranno sepolti con esso, per sempre!