Objection! Ron Gilbert, Cory Barlog e le nuove forme di comunicazione

Non è un segreto il fatto che il web sia ormai da tempo pieno di atteggiamenti discutibili dell’utenza, specialmente con l’utilizzo diffuso dei social.
Con l’affacciarsi su questi ultimi anche da parte di società e personaggi illustri, le critiche deliranti hanno colpito anche il mondo dei vip.
Gli ultimi casi riguardano Ron Gilbert e Cory Barlog, con il primo che ha deciso di non rilasciare più informazioni sull’attesissimo Return to Monkey Island fino alla data di lancio, dopo le critiche ricevute a causa dello stile grafico scelto per il nuovo capitolo della fortunata serie da lui ideata nel 1994.
Il direttore creativo di Santa Monica Studio, invece, ha chiesto rispetto per gli sviluppatori del suo studio, dopo le critiche ricevute a causa del ritardo di informazioni su God of War: Ragnarok, arrivando addirittura al punto in cui una sviluppatrice del suo team ha ricevuto foto di peni non richieste.
Le vicende di Ron Gilbert e Santa Monica Studio sono protagoniste di questo nuovo numero di “Objection!”
Le critiche ricevute sono eccessive e fuori luogo, ma non per questo bisogna considerare incriticabili i soggetti di questa situazione.
L’educazione alla base di tutto
Alla fine la data di lancio di God of War: Ragnarok è stata rivelata. Nessun rinvio, il titolo arriverà sul mercato il 9 novembre 2022 per PS4 e PS5.
Cosa avrà spinto Santa Monica Studio a rivelare finalmente la data d’uscita della nuova avventura di Kratos e Atreus? Saranno state le foto dei “membri” inviate alla sviluppatrice, oppure bastava semplicemente aspettare?
Considerando che la seconda opzione era stata suggerita dallo stesso Cory Barlog, e che la prima in genere non funziona mai per nessuna tipologia di approccio, è il caso di fare una riflessione sull’educazione e sulla frenesia da social.

I social hanno cambiato la comunicazione quotidiana in ogni ambito, permettendo ai personaggi pubblici di rilasciare dichiarazioni in ogni momento e all’utenza di rispondere a chiunque, al punto tale da riuscire persino a creare dei veri e propri trend.
L’errore è considerarsi più importanti di quello che si è realmente soltanto per via di questa nuova possibilità.
Ad esempio, essere gli acquirenti di un videogioco non rende anche proprietari creativi dell’opera. Acquistare o meno un prodotto è il miglior modo di fare critica, ed è possibile criticare anche dopo l’acquisto, ma non esisterebbe alcun prodotto senza gli autori ad investire preventivamente tempo e risorse.
Inoltre, la possibilità di una comunicazione continua tende a creare un clima di hype ad ogni ora del giorno. Si aggiunga la presenza di personaggi pubblici sui medesimi social e la situazione non può che peggiorare.
Eppure basterebbe fermarsi a riflettere per rendersi conto di come l’attesa frenetica non sia sempre giustificata. Dopotutto, bisognerà comunque attendere altri quattro mesi per mettere le mani sul nuovo capitolo di God of War: costava tanto aspettare tranquillamente come richiesto da Cory Barlog?
Ron Gilbert è infallibile?
L’educazione è assolutamente alla base di tutto. Senza l’educazione si potrebbe spingere una persona a non relazionare, figurarsi convincere un addetto ai lavori a condividere il proprio operato.
Tuttavia, sebbene vadano assolutamente condannate le critiche becere e deliranti, lo stesso non vale per le critiche di altro genere, soprattutto se costruttive.
Pretendere che Ron Gilbert cambi lo stile grafico di Return to Monkey Island è un tipo di pretesa che rientra nei casi di credersi proprietari dell’opera: di un’opera d’autore, in questo caso.
Dopotutto non si sta parlando, per esempio, del passaggio dal fotorealismo al nuovo stile scelto da Gilbert, bensì da una serie che in passato ha utilizzato la pixel art.

Non c’è nulla di clamoroso in questo cambiamento, tuttavia può benissimo trattarsi di un cambiamento criticabile (se la critica viene espressa nella giusta maniera) allo stesso modo di come, per esempio, può non piacere il nuovo stile di God of War o di come si possa preferire la trama del primo The Last of Us rispetto al secondo, nonostante i meriti oggettivi delle nuove opere.
Inoltre, Ron Gilbert è sì in questo caso sinonimo di garanzia, ma non di infallibilità. Quanti autori, dopo anni, sono tornati su nuove opere o sulle loro stesse opere di successo, per poi deludere? Uno scenario che si augura di non vedere in questo caso, ma non è del tutto impossibile che accada.
L’educazione prima di tutto, ma non esiste che un autore affermato debba essere considerato addirittura intoccabile dalle critiche.
La scelta di Ron Gilbert di non rilasciare più notizie sul suo lavoro è invece condivisibile, anzi è il modo migliore se ci si vuole esternare da questi nuovi metodi comunicativi. Al contrario, se Cory Barlog e il suo team decidono di mettersi a disposizione e non stare al gioco, rischiano ovviamente di venir travolti da questo sistema.
Sul comportamento dell’utenza si è già parlato prima, ma andrebbe condannato anche il “due pesi e due misure”. Ad esempio, perché si considera un problema se Santa Monica Studio non rilascia nuove informazioni, ma non è lo stesso per Bethesda che opera in questo modo da sempre?