Sony tra passato e futuro con il nuovo PlayStation Plus
Con la recentissima riconfigurazione dei suoi abbonamenti – vera natura del fu tanto vociferato progetto Spartacus – Sony ha proposto alla propria utenza una congeniale unione tra PlayStation Plus e PlayStation Now, dando così l’inedita possibilità di scegliere fra tre soluzioni differenti in base a gusti e inclinazioni del tutto personali.
Mentre il primo tier, l’Essential, non fa altro che replicare i medesimi privilegi garantiti dal precedente PlayStation Plus, gli altri due tagli del nuovo abbonamento ridefiniscono e attualizzano la visione della casa di Tokyo, assecondando quella che solo in apparenza, rimanendo ancorati ad una misera, forse consolatoria idealizzazione della cosiddetta console war, potrebbe sembrare una risposta al Game Pass di Microsoft.
Al contrario di quanto fatto dal colosso di Redmond, infatti, Sony si sta evidentemente concentrando su due aspetti che ben poco hanno a che vedere con la realizzazione di un catalogo omnicomprensivo di tutti i franchise coniati dai propri studi interni, e anzi, rimandando alle parole di Jim Ryan, il quale ha più volte rimarcato l’insostenibilità di un modello analogo, l’offerta risulta in definitiva più incentrata su una funzione di recupero. Strada che, a sua volta, si biforca secondo due esigenze – di mercato e culturali – distinte, ma potenzialmente rilevanti per l’intero panorama.
Uno starting point per le nuove generazioni
Il PlayStation Plus Extra si allinea con decisione alla filosofia della libreria digitale già proclamata – seppur timidamente – con PS Plus Collection, la raccolta di grandi successi PS4 inclusa con l’abbonamento mensile per tutti i possessori della nuova console di Sony. Mettendo a disposizione titoli come Bloodborne, God of War, Horizon Zero Dawn, Ghost of Tsushima e Death Stranding (questi ultimi due con tanto di Director’s Cut Edition), la seconda fascia del nuovo abbonamento rappresenta dunque una ghiotta occasione per chi si avvicina per la prima volta ai servizi della casa di Tokyo.
Si tratta, a ben guardare, di un’opzione entry level che però non abbraccia solo il mondo dei PlayStation Studios, quanto piuttosto il panorama videoludico in generale considerando anche la presenza di produzioni third party quali, ad esempio, Assassin’s Creed Valhalla, Marvel’s Guardians of the Galaxy e Hollow Knight. Si dà così la possibilità di instradare i nuovi utenti, che magari mancano di una vera e propria cultura del videogioco per questioni meramente anagrafiche, e fornire loro le basi conoscitive da cui orientarsi per approfondire la conoscenza del medium e soprattutto del mercato.
Per comprendere meglio l’efficacia di questo approccio bisogna interrogarsi infatti sull’impatto potenziale nei confronti delle nuove generazioni. Se è vero che buona parte dell’utenza contemporanea è costituita da chi, nel corso degli anni, si è abituato ad un tipo di fruizione basata sull’acquisto al day one (per i quali la soluzione dell’Extra difficilmente costituirà un valido incentivo a fare l’upgrade dall’Essential), di contro, l’altra grande fetta di pubblico è senz’altro dominata da giovanissimi che iniziano a videogiocare oggi, il cui profilo di clienti non può certo rispondere alle stesse logiche.
Cogliendo l’interesse di questa frangia di utenti il PlayStation Plus Extra andrebbe ad assicurare – sebbene parzialmente – il ruolo di Sony all’interno di un’industria sconvolta dall’avvento dei servizi, dai quali il rischio di venire adombrata era più che tangibile in partenza. Insomma, pur sottraendosi – ragionevolmente – alla competizione con Game Pass, con il ripensamento dei propri abbonamenti la casa di Tokyo non fa che convalidare il cambio di paradigma segnato nientemeno che dalle mastodontiche acquisizioni di Microsoft, insegnando a chi solo ora si affaccia al console gaming l’orizzonte verso il quale sembra inesorabilmente tendere.
Il cloud come strategia di preservazione del videogioco
All’esigenza di garantire uno spazio – brandizzato, beninteso – adatto all’ingresso nel mondo dei videogiochi si accompagna, con il tier Premium, la volontà di edificarne un altro per il mantenimento del suo passato. La conservazione della cultura videoludica è d’altronde una sfida sempre più pressante vista la folle velocità evolutiva che il medium ha esibito nel corso della sua storia “solo” pluridecennale, e a cui viene tuttavia difficile trovare una soluzione che rientri nei bilanci delle grandi compagnie che operano nel settore.
D’altro canto, lasciare che una simile impellenza rimanga appannaggio dell’emulazione, con tutto ciò che comporta il muoversi in una zona grigia come quella, è un lusso che l’industria non si può permettere, ancor meno la storia. Al momento l’unica risposta concreta al problema della preservazione del videogioco proviene da realtà museali come quella – peraltro del tutto nostrana – dell’archivio videoludico di Bologna, un’ala della cineteca del capoluogo reggiano adibita a tempio del retrogaming, dove è possibile fruire di titoli piuttosto datati.
Soluzione, questa, che deve pur sempre rendere conto di tutta una serie di limitazioni dovute alla necessità di recarsi fisicamente in loco (spesso previa prenotazione), la cui conseguenza più ovvia è una mancanza di immediatezza in termini di accesso. La strategia di Sony va a collocarsi proprio in questa finestra d’opportunità: già nel catalogo di PlayStation Now, in fondo, si poteva individuare la tendenza a facilitare il recupero di alcune vecchie glorie, benché l’offerta fosse tutto sommato poco generosa e dedicata prevalentemente a PS4 e PS3.
Ma l’idea di utilizzare le potenzialità dello streaming a questo scopo non ha disdetto, evidentemente, le aspettative della casa di Tokyo. Anzi il nuovo abbonamento rinnova proprio la visione del cloud come strumento per il retrogaming, ed estende la sua portata fino all’epoca PS1 (passando anche da PSP). Non ancora una libreria archivistica nel senso stretto del termine, giacché la quantità di titoli messi a disposizione dovrebbe decisamente aumentare, ma sicuramente un più che valido incoraggiamento a ripercorrere quella strada lastricata da nomi leggendari come Ape Escape, Jak and Daxter The Precursor’s Legacy e Syphon Filter.
Naturalmente, gli introiti generati ed il conseguente impegno a investirvi ulteriormente avranno un ruolo centrale nella riuscita del progetto. Cionondimeno, questo impiego del tutto singolare del cloud fa di Sony l’apripista per un futuro culturalmente più sostenibile, dove la memoria storica del medium smetta cioè di subire l’avanzamento tecnologico e impari anzi a sfruttarlo per recidere finalmente i vincoli dell’hardware che l’hanno sempre assoggettata.