Statua di Aloy – Emancipazione sì, ma non quella femminile

Per la campagna pubblicitaria di Horizon Forbidden West, arrivato sul mercato lo scorso 18 febbraio, Sony sembrerebbe non aver badato a spese, facendo apparire statue inerenti al gioco in più di una città nel mondo.
In particolare per noi italiani, a Firenze, in Piazza della Madonna della Neve, è stata esposta il 17 febbraio una statua raffigurante Aloy, la quale resterà lì fino al 25 febbraio.
“Un’icona di coraggio, tenacia e intraprendenza tiene il posto a tutte le donne della storia che hanno condiviso questi valori e meriterebbero una statua.” Questo recita la targa affissa sulla base della statua.
Si tratta chiaramente di un’operazione di marketing, sebbene possa effettivamente risultare utile anche a fini culturali. A non essere del tutto corretto è, invece, il definire Aloy come simbolo dell’emancipazione femminile.
Aloy simbolo di emancipazione, ma non di quella femminile
L’emancipazione è il liberarsi da una soggezione tradizionale; l’emancipazione femminile riguarda la volontà delle donne nel non voler essere soggiogate alla tradizione che le vuole inferiori agli uomini, con tanto di disparità nei diritti.
L’emancipazione di Aloy non può essere definita “femminile” per il semplice motivo che ha niente a che vedere con quanto appena detto.
In Horizon Zero Dawn, Aloy è un’emarginata della tribù dei Nora, ma non per il suo essere donna che anzi sono a capo della tribù, bensì per il suo essere una senza madre.
Aloy è stata trovata da neonata dalle Matriarche dei Nora, apparsa misteriosamente all’interno della Montagna Sacra, dinanzi alla Porta della Madre. Un segno che le Matriarche hanno inteso come negativo, per cui decisero di affidare Aloy a Rost, un altro emarginato dei Nora, che decise di crescerla come una figlia.
In un mondo post-apocalittico, con la Terra tornata selvaggia ma popolata anche da misteriose macchine dall’aspetto animalesco, Aloy è cresciuta dubbiosa nei confronti della fede cieca delle varie tribù. Venuta a sapere del mistero riguardante la sua nascita, decide di mettersi in viaggio alla ricerca della verità, e di coloro che le hanno causato la perdita di persone care nell’inspiegato tentativo di ucciderla.

In Horizon Zero Dawn è quasi impossibile ricordare momenti di sessismo, anzi è presente una notevole parità di sessi, con le Matriarche a capo della tribù dei Nora, diversi personaggi femminili importanti e rispettati, e l’assoluta assenza di sessismo nei confronti della protagonista, schernita invece per altri motivi. Non sarebbe cambiato molto della storia se Aloy fosse stato un uomo.
Perché Aloy sì e Lara no?
Non solo la statua di Firenze, Aloy è finita persino sulla copertina di Vanity Fair. “Aloy e la rivoluzione” è l’articolo di Mario Manca che inserisce il suo titolo anche nella suddetta copertina. L’articolo raccoglie più di una dichiarazione da parte di alcuni membri dello staff di Guerrilla Games, ma si potrebbe obiettare su un paio di osservazioni dell’autore stesso.
La prima riguarda il riuscire ad Aloy di riscattare un’industria finalmente priva dalle etichette, se non fosse che quella videoludica è da sempre un’industria abbastanza priva delle etichette al quale si riferisce l’articolo in questione.
Sebbene ci siano diverse principesse da salvare, le storie del mondo videoludico presentano anche diversi personaggi femminili di un certo spessore, indipendentemente se protagoniste della storia o spalla dell’eroe, come Elena Fisher compagna di Nathan Drake in Uncharted, oppure Ellie in The Last of Us, o tutti i personaggi femminili dei vari Final Fantasy.
Ma il personaggio che più salta in mente per questo argomento è Lara Croft, protagonista di Tomb Raider nonché storica eroina dei videogames, e il motivo sta nella seconda osservazione che si potrebbe obiettare, quella sulla sessualizzazione del corpo femminile.

Se è vero che ci si batte contro i modelli sessualizzati della donna, è anche vero che tali modelli andrebbero contestualizzati: il fatto che la Lara Croft realizzata originariamente da Core Design avesse il seno enorme, la esclude automaticamente dal poter essere un simbolo femminile?
Certamente c’è differenza tra un’emarginata dei Nora nel mondo di Horizon Zero Dawn e l’essere nata in una famiglia nobile d’Inghilterra, ma quanti conoscono davvero il background di Lara Croft?
Non tutti sanno che la passione per l’avventura di Lara si intensificò dopo essere sopravvissuta a un incidente aereo e costretta a sopravvivere a condizioni ostili sui monti dell’Himalaya, così come non tutti sanno che fu diseredata dai suoi genitori nella speranza di farle mollare la sua neonata passione e accettare la vita da nobile. Nonostante il patrimonio di famiglia, Lara si è autofinanziata per otto anni, divenendo famosa grazie alle incredibili scoperte delle sue avventure.
Sicuramente Lara Croft è stata esteticamente sessualizzata, ma in fin dei conti faceva parte del suo personaggio. Lara era la versione femminile dello stereotipo dell’uomo d’azione anni ‘90, ed è anche per questo motivo che il suo personaggio funzionava.
Nathan Drake non è poi molto diverso, ed è giusto così, perché il personaggio di Drake è ciò di cui la serie di Uncharted ha bisogno, così come Lara Croft era ciò di cui necessitava la serie di Tomb Raider.
Ci si batte contro i modelli sessualizzati del corpo femminile, ma è anche vero che le donne vorrebbero poter apparire come vogliono senza venire etichettate per ragioni estetiche: il seno prosperoso dovrebbe cancellare la leggendaria archeologa-avventuriera che Lara è sempre stata?
La statua di Aloy e la cultura pop
La statua di Aloy a Firenze è dunque insensata? Assolutamente no. Innanzitutto, assieme alla frase scritta sulla targa alla base della statua, andrebbe citato il testo che la anticipa, presente sul PlayStation Blog e che recita quanto segue:
“Protagonista del gioco, in uscita il 18 febbraio, Aloy è un’icona virtuale ma allo stesso tempo realistica. Aloy rappresenta una delle possibili espressioni dell’incredibile complessità psicologica del genere umano, ai fini del racconto, non è centrale la differenza di genere, ma il valore della diversità.
Diversità intesa come unicità, come espressione della straordinarietà del singolo. Nata e cresciuta da emarginata, Aloy ha una prospettiva unica sul mondo. Si sente un’estranea, ma grazie alla sua intelligenza emotiva e a una spiccata empatia, con perseveranza e impegno, sfida lo status quo per dedicarsi alla ricerca instancabile della verità e alla scoperta di sé.”
Effettivamente, utilizzare Aloy come simbolo della sete di conoscenza sarebbe stato decisamente più coerente con la sua storia, oltre a consegnare temporaneamente a Firenze un simbolo che comunque ben si sposa con la realtà attuale fatta per lo più di apparenze e di fede cieca, sia essa religiosa, politica o sociale, nonostante non viviamo in un’epoca delle tribù.

In ogni caso la statua di Aloy è un elemento di cultura pop che potrebbe spingere gli appassionati ad interessarsi di altri temi culturali, come scoprire cos’è l’emancipazione, di cosa tratta l’emancipazione femminile, finanche a capire perché Aloy non simboleggia esattamente quest’ultima. Potrebbe anche spingere diversi giocatori a visitare Firenze in questo periodo, e magari scoprire molti altri elementi culturali presenti nella città toscana.
Questa storia ricorda vagamente un’altra recente storia fiorentina, quella di Chiara Ferragni in visita alla Galleria degli Uffizi. Molti criticarono il gesto della nota influencer, ma la Galleria degli Uffizi in quel fine settimana registrò un +27% di visite giovanili rispetto al weekend precedente.
Allo stesso modo, a Firenze si sarebbe potuta erigere una statua a molte altre donne, reali e che davvero potrebbero essere simbolo di emancipazione femminile, ma la notizia avrebbe avuto lo stesso risalto mediatico?