Objection! In difesa di Diablo III
Diablo II: Resurrected sta riscuotendo il gradimento dei fan (eccetto per i problemi ai server riscontrati nei primi giorni), essendo una remastered fedelissima al gioco originale ma con una grafica moderna, la quale mantiene lo stile orrorifico che tanto ha fatto appassionare.
Finalmente è possibile giocare di nuovo il tanto acclamato secondo capitolo della saga di Diablo; un capolavoro del suo tempo al quale i fan si sono affezionati ancor più negli ultimi anni, dopo una lunga attesa per Diablo III che si è rivelato poi come un sequel deludente.
Ma Diablo III è davvero così disastroso come si vocifera? Molti giocatori nuovi alla saga lo hanno apprezzato molto, e bisogna ammettere che i fan di vecchia data esagerano con le critiche.
E’ proprio Diablo III il protagonista di questo nuovo numero di “Objection!” Un titolo che, in realtà, ha molto da insegnare anche al tanto stimato e recentemente rimasterizzato Diablo II.
Diablo III e le abilità – C’è davvero un problema?
Diablo è una serie videoludica con un gameplay basato molto sul loot, ovvero il bottino, ciò che forzieri e nemici lasciano cadere a terra una volta aperti o sconfitti.
La soddisfazione sta nel rendere il proprio personaggio giocante sempre più forte, fino ad arrivare a un endgame dove i giocatori gareggiano nello sconfiggere il più velocemente possibile i nemici più forti del gioco e ottenere gli oggetti più rari e potenti, da equipaggiare o scambiare a caro prezzo.
Il problema di Diablo III in questo campo, inizialmente era dovuto a una terribile accoppiata composta da una casa d’aste con microtransazioni e un loot in gioco piuttosto misero. In pratica, un sistema che spingeva i giocatori a spendere soldi veri per ottenere equipaggiamenti importanti.
Dopo appena un anno, la casa d’aste è stata rimossa e il loot è stato migliorato moltissimo, ma ora il gioco è accusato di rilasciare gli oggetti leggendari troppo facilmente, molti dei quali non sono neanche abbastanza competitivi per i livelli più alti dell’endgame.
I fans preferiscono il vecchio sistema dell’albero delle abilità, determinato dai punti abilità che si guadagnano ad ogni aumento di livello, e influenzato in maniera decisamente minore dagli oggetti. Difatti, gli oggetti in Diablo II hanno effetto sulle abilità solo se possiedono proprietà apposite per influenzare il numero di punti abilità assegnati, mentre in Diablo III il danno inflitto dalle abilità è basato sui danni dell’arma.
Il problema di Diablo, come già accennato nell’articolo della scorsa settimana*, è che i fan danno troppo valore all’endgame e accantonano in fretta tutto il resto, senza rendersi conto che questa saga, soprattutto per la maggior parte dei giocatori, non può limitarsi ai Varchi Nefilim così come non può limitarsi neanche a fare “Baal Run” e “Pandemonium Event”.
Prima dell’endgame, prima del Paragon Level, c’è un intero mondo da apprezzare per storia, ambientazione e gameplay. In tal caso, il gameplay di Diablo III è davvero così problematico? Nient’affatto, anzi è in molti aspetti più efficace di quello di Diablo II.
L’idea di basare l’efficacia delle abilità e il valore delle statistiche sul danno dell’arma e sulle proprietà degli oggetti, non è così sbagliata in una serie videoludica da sempre basata sul loot.
Per questi motivi, in Diablo III ci si ritrova a cambiare più volte l’equipaggiamento raccolto durante l’avventura, mentre in Diablo II si può tranquillamente arrivare fino all’Atto successivo senza mai cambiare equipaggiamento, ed è qualcosa di paradossale in un gioco dove possono essere raccolti tantissimi oggetti sconfiggendo i nemici, molti più rispetto al sequel.
Inoltre, il sistema di Diablo III permette di sbloccare tutte le abilità e le rispettive rune (che determinano le varianti di un’abilità) semplicemente raggiungendo il massimo livello con una classe (molto più facile da raggiungere rispetto a Diablo II) per poi sceglierne solo sei più quattro abilità passive, con la possibilità di cambiarle ogni volta che si vuole.
In Diablo II, invece, l’albero delle abilità di un personaggio può essere resettato solamente tre volte, una per ognuno dei tre livelli di difficoltà: Normale, Incubo, e Inferno. Un sistema non solo limitante, ma anche conosciuto dai giocatori di Diablo II solo tramite una patch arrivata dopo ben dodici anni dal lancio del gioco sul mercato.
Se è vero che i fan di Diablo si concentrano molto sull’endgame, dovrebbero riflettere sul fatto che un click sbagliato in Diablo II potrebbe minare la competitività di un personaggio.
La storia di Diablo: questa “sconosciuta”
Il problema della storia di Diablo è stato spiegato nell’introduzione dell’articolo della scorsa settimana* : sebbene appassionante e apprezzata dai fan, viene anch’essa accantonata velocemente a favore del solito endgame.
In ogni caso, anche qui bisogna spezzare una lancia a favore di Diablo III, sebbene l’intreccio narrativo di questo titolo non sia privo di difetti.
La storia di Diablo II affascina per lo stile artistico del gioco (oggettivamente migliore di quello di Diablo III) e per l’essere un racconto che sembrerebbe voler far scivolare il giocatore sempre più nelle tenebre, un po’ come la storia di Marius e dell’Oscuro Viandante, affrontando scenari e nemici che diventano sempre più da incubo con il procedere dell’avventura.
Tuttavia, bisognerebbe a dir poco chiudere un occhio per non notare delle evidenti assurdità nella trama di Diablo II. La storia viene raccontata tramite i flashback di Marius, un uomo comune rinchiuso in un manicomio che riceve la visita di una misteriosa figura incappucciata, da lui riconosciuta come l’Arcangelo Tyrael.
Marius è pentito per aver deluso Tyrael, ma è evidente il fatto che sia così debole mentalmente da non rendersi conto nemmeno lui dell’assurdità della trama.
I filmati di Diablo II, come sempre nella saga, hanno il loro impatto scenico: bello vedere Tyrael combattere contro Diablo e Baal, ma davvero aveva affidato quella missione a un un uomo qualsiasi quale è Marius? Insomma, gli aveva praticamente detto di farsi l’Atto III e l’Atto IV di Diablo II da solo. Un’altra cosa assurda è che Marius ce l’ha anche fatta a completare l’Atto III, dato che ha assistito alla riunione dei Primi Maligni, ma davvero non si spiega come ci sia riuscito.
Infine, il collegamento tra la fine dell’Atto IV e l’Atto V aggiunto con l’espansione Lord of Destruction è immediato, eppure dovrebbe avvenire dopo il racconto di Marius in manicomio, ed essendo quest’ultimo visibilmente invecchiato e da tempo cercato da quella figura riconosciuta come Tyrael, dovrebbero essere trascorsi anni, non attimi.
Trovare una spiegazione a questi errori sarebbe difficile persino tramite un dibattito tra i fan, in ogni caso vige sempre la regola: “Show, don’t tell”. Se c’è una spiegazione valida, bisognerebbe mostrarla o farla intuire, e non lasciare che venga realizzata come fan made.
L’intreccio narrativo di Diablo III ha sì dei difetti, ma niente di così assurdo ai fini della trama. La storia è anche raccontata in maniera più fluida, senza concentrarsi sul numero di missioni (comunque più alto rispetto a Diablo II, oltre al relegare a eventi casuali le missioni secondarie).
Inoltre, è proprio la storia di Diablo III quella che più tratta la filosofia della serie, prendendo ispirazione dalle opere cartacee di Diablo, in particolare dalla trilogia The Sin War, le quali sono state fondamentali per lo sviluppo di questo universo narrativo.
I difetti di Diablo III sono comunque reali
Per quanto Diablo II possa risultare arretrato in molte features rispetto al suo sequel, è innegabile che si tratti di un capolavoro della sua epoca, cosa che invece non è mai stato Diablo III.
Il terzo capitolo della serie, oltre a presentare notevoli problemi fin dal debutto, ha anche avuto, negli anni, uno sviluppo travagliato, con la risoluzione dei problemi e l’aggiunta di miglioramenti che andavano ogni volta a creare nuovi difetti.
Ad esempio, uno dei miglioramenti di Diablo III è l’inserimento della modalità Avventura, sbloccabile subito dopo aver completato una prima volta la campagna principale, andando così a rimuovere le ridondanti difficoltà Normale, Incubo e Inferno (alle quali si era aggiunta anche Abisso) e lasciando solo le numerose nuove difficoltà selezionabili a partita in corso.
Il problema di questa miglioria è semplicemente quello di averla sfruttata male: la modalità Avventura avrebbe potuto permettere tante sfide diverse per il mondo di gioco di Diablo III, e invece si limita a dare l’obiettivo di sconfiggere nuovamente determinati nemici unici solo per ottenere le chiavi d’accesso ai Varchi Nefilim, nei quali il giocatore deve sconfiggere numerosi nemici entro un limite di tempo per sbloccare nuove orde sempre più potenti.
In pratica, l’endgame di Diablo III converge tutto in un unico punto, nonostante il potenziale per essere più vario. A questo va aggiunta l’assenza del PvP, promesso fin dalle fasi di sviluppo (è scritto persino sul retro della prima cover di Diablo III) e mai realizzato.
Un altro elemento migliorato ma mai reso soddisfacente è il Paragon Level, i Livelli di Eccellenza, sbloccabili dopo aver raggiunto il livello 70 e sbloccato tutte le abilità, incrementabili all’infinito per ottenere ogni volta un misero potenziamento a scelta di alcune statistiche del personaggio.
Come non citare poi la morte del personaggio giocante, divenuta pressoché inutile (a eccezione della modalità hardcore, ovviamente) a causa della possibilità di ripristinarsi in pochi secondi nell’area dove si è caduti? Nei primi tempi di Diablo III il tempo di ripristino aumentava a ogni morte consecutiva, rendendo davvero necessario il potenziamento del personaggio giocante o la ricerca di un modo per superare sfida.
Si potrebbero citare molti altri problemi di Diablo III, come la direzione artistica che ha realizzato un dark fantasy tendente più al fantasy che al dark, quando nei primi due capitoli era quasi horror, per certi versi, ma il problema di questo sviluppo travagliato è sempre il solito: le patch gratuite per gli utenti costano soldi agli sviluppatori, e non è conveniente passare un decennio a modificare pesantemente un gioco.
“Objection!” è ripartita dopo una pausa estiva e vi da appuntamento al prossimo mese, ma aspettate anche la prossima settimana per parlare nuovamente di Diablo. Vi lascio con il link ai numeri precedenti di “Objection!”e al precedente articolo su Diablo: