Final Fantasy V e VI – Quando il paesaggio cambia la storia

Abbiamo imparato a conoscere la narrazione tramite la lore, quando la storia la racconta il mondo di gioco, ma ricordiamo ancora quei titoli, come Final Fantasy V e Final Fantasy VI, dove il mondo di gioco cambia la storia?
Il decennio appena trascorso ha visto il diffondersi di un nuovo tipo di narrazione nei videogiochi: quella della lore; la storia nascosta dietro il mondo di gioco che viene raccontata solamente dal level design, dalle descrizioni degli oggetti, e da pochi dialoghi.
Con la narrazione tramite la lore, il mondo di gioco È la storia del gioco, ma esistono anche titoli dove il mondo di gioco cambia, e così facendo cambia anche la storia.
Un genere, questo, che ancora non è stato replicato nei tempi moderni, nemmeno dai suoi “stessi creatori”. Mi riferisco a Square Enix, in quanto due esempi perfetti per spiegare questo argomento sono Final Fantasy V e Final Fantasy VI.
Il mio mondo che cambia
Non si tratta del recente Returnal né di qualsiasi altro Rogue-like (e neanche dei Litfiba), bensì di casi nei quali il paesaggio videoludico, tramite la sua mutazione, influisce sia sulla trama che sul gameplay.
Forse il paragone più azzeccato è quello con i Metroidvania, con una differenza: nei Metroidvania, per via del gameplay che prevede l’acquisizione di oggetti o power-up per sbloccare percorsi sì raggiungibili ma altrimenti inaccessibili, ci si pone la domanda: “cosa devo fare per proseguire?” In questo altro genere videoludico, al quale non saprei dare un nome (forse nemmeno definibile come “genere”), la domanda che viene da porsi è: “cos’è questo posto?”
Squaresoft (molto prima della fusione con Enix) aveva già mostrato un accenno di tutto questo con Final Fantasy e Final Fantasy III, mettendo curiosità al giocatore semplicemente mostrando luoghi e personaggi momentaneamente incomprensibili: perché la terra non può tornare alla normalità dopo aver sconfitto il boss? Perché gli abitanti di questa città parlano una lingua incomprensibile? Che cos’è quella torre nel deserto? Che cos’è quell’albero volante? Che cos’è quella sagoma gigantesca che nuota nel lago? Perché questa terra è bloccata dalla “nebbia”? Le risposte a queste e ad altre domande a riguardo risultano piacevoli o addirittura sorprendenti.
Ma è nel 1992 con Final Fantasy V che Squaresoft ripropone questa struttura in maniera sconvolgente, ponendo molte domande di quel tipo e rispondendo in una maniera incredibile.
Final Fantasy VI, approdato sul mercato nel 1994, propone invece il mondo che cambia in maniera diversa rispetto al predecessore, ma il modo in cui lo fa colpisce direttamente al cuore il giocatore.
È impossibile spiegare questa struttura di gioco senza fare degli esempi pratici, ed è impossibile, purtroppo, fare questi esempi senza fare spoiler. Pertanto, se non conoscete Final Fantasy V e VI e avete intenzione di provarli in futuro, fidatevi di questa introduzione, passate direttamente alla conclusione, e recuperate assolutamente questi due titoli.
Final Fantasy V e i due mondi
Provando l’esperienza di giocare in ordine cronologico i capitoli principali della saga di Final Fantasy, ci si accorge che in Final Fantasy V si parla di Cristalli e Guerrieri della Luce per la terza o quarta volta nei primi cinque capitoli della saga. La differenza è che stavolta i protagonisti non devono salvare i Cristalli in pericolo: stavolta stanno perdendo. Per quante battaglie possano vincere, i protagonisti di Final Fantasy V non riescono mai a fermare l’avanzata del male, che riesce sempre ad avere l’ultima parola dopo ogni sessione dell’avventura, ma questa disperata corsa contro il tempo conduce, paradossalmente, a un’esperienza di continua scoperta e meraviglia.
Il viaggio degli eroi in Final Fantasy V porta il giocatore attraverso antichi templi, luoghi inquietanti, e impensabili tecnologie avanzate; il tutto impreziosito da un combat system ottimo, tenendo anche conto dell’epoca.
Quando il male sfugge definitivamente ai nostri eroi, è lecito aspettarsi un cambiamento importante nell’avventura, e tale cambiamento avviene in una maniera inaspettata: i protagonisti si spostano su un altro mondo e il gioco dà la possibilità di esplorare un intero nuovo over world, con nuove città, nuovi dungeon, nuovi nemici, e nuovi misteri.
Secondo la trama i protagonisti non potranno più tornare nel loro mondo, ma il giocatore può facilmente intuire che non sarà così per via dei troppi misteri rimasti irrisolti nella mappa precedente. Il modo in cui il gioco svela tutti i suoi misteri è davvero impensabile: i due mondi si uniscono, le due mappe diventano una sola e tutto ottiene un senso.

Potremmo riassumere dicendo semplicemente che tutti i luoghi inaccessibili o insensati della mappa erano tali perché l’ingresso o la chiave per accedervi si trovavano nell’altro mondo. I due mondi uniti sono la spiegazione di tutti i luoghi apparentemente inaccessibili, del design incomprensibile di alcuni tratti della mappa, e dei dungeon con vicoli ciechi, portando così un endgame di continuo stupore. Non mancano poi nuovi luoghi visitabili direttamente collegati al nuovo mondo che si va a creare.
Final Fantasy V non ha una gran trama (sfatiamo un luogo comune: dei celebri primi dieci Final Fantasy, per metà non hanno una gran trama), ma questa esperienza dei due mondi va parzialmente a coprire anche le lacune narrative, oltre a essere un’esaltazione per lo spirito d’avventura tipico dei JRPG.
Final Fantasy VI e il “World of Ruins”
Quando le fiamme si spensero,
del mondo non rimase che la carcassa.
La magia aveva perso il suo potere.
Nel millennio che seguì, la magia
fu sostituita da ferro, polvere da sparo
e macchine a vapore.
Sull’arida terra tornò, lentamente, la vita.
Tuttavia, oggi vi è un essere che intende risvegliare
l’antica magia e usare il suo terribile potere
per conquistare il mondo intero.
Come si può essere tanto folli da voler causare
una seconda, irreparabile tragedia?
Intro del gioco
Domanda: se parliamo degli antagonisti della saga di Final Fantasy, chi è il primo che viene in mente? La risposta è, sicuramente, Sephiroth. Ma Sephiroth è davvero il miglior antagonista di questa saga? Se siete convinti di questo, vi invito a scoprire Kefka in Final Fantasy VI.
L’essenza di Final Fantasy VI è la brama di vita, e chi brama la vita deve combattere la morte. I ben quattordici personaggi giocabili di Final Fantasy VI, insieme a diversi NPC, esprimono tutti, con un modo e un’intensità diversa per ognuno, la loro brama di vita, scontrandosi con l’Impero di Niflheim e il suo Imperatore Gestalt, il quale invece non rispetta la vita ed è mosso dalla brama di potere. Tuttavia, è chiaro come l’antagonista principale del gioco sia in realtà Kefka, l’antitesi della vita.
Braccio destro dell’Imperatore Gestalt, primo umano ad aver subito gli esperimenti della tecnologia Magitech, Kefka è un pazzo che vuole solo distruggere la vita. Egli agisce per conto dell’Impero, ma ciò che desidera davvero è semplicemente far del male al prossimo.
Kefka sembrerebbe essere ispirato al Joker, l’arcinemico di Batman, e come il Joker commette atti malvagi senza un vero scopo. Ottiene il potere per un capriccio, e paradossalmente riesce dove anche gli antagonisti più astuti falliscono.
In Final Fantasy VII, Sephiroth minaccia di distruggere il mondo. In Final Fantasy VI, Kefka lo fa davvero, ed è l’elemento della trama che giustifica il mondo che cambia.

Final Fantasy VI è un’avventura toccante con una morale profonda, condita da personaggi ben scritti, luoghi che rimangono impressi, e anche qui con un ottimo gameplay (seppur con una difficoltà troppo scorrevole se confrontata con molti altri capitoli di Final Fantasy), e quando l’avventura sembrerebbe volgere al termine, arriva la sorpresa: il mondo di gioco cambia e inizia un’altra avventura.
Kefka, ferito e arrabbiato, decide di rispondere con il gesto più folle, liberando il potere della Triade della Discordia che distrugge il mondo. La storia prosegue così nel “World of Ruins” (Mondo delle Rovine), dove la natura non riesce più a prosperare ed è minacciata da mostri antichi risvegliati dalla catastrofe; dominato da Kefka, divenuto un dio che se ne sta in cima a una torre inaccessibile creata dalle ceneri del vecchio mondo, il quale esercita periodicamente il suo nuovo potere per continuare la sua distruzione immotivata.
Il giocatore si ritrova a esplorare un over world piuttosto diverso da quello della prima parte dell’avventura, con addosso un alone di tristezza dovuto al pensiero di quanto accaduto, al ricordo di luoghi cambiati o non più presenti, e alla visione di un nuovo mondo morente. Persino il party va riformato, per via di tutti i numerosi protagonisti dispersi per il nuovo mondo (l’avventura nel “World of Ruins” inizia un anno dopo la catastrofe), ognuno con nuovi obiettivi e segnato da nuovi traumi, ma bisognosi di chiudere le questioni in sospeso del passato.
Final Fantasy VI con il “World of Ruins” racconta una storia di caduta e di rinascita, nella quale non manca il piacere della scoperta.
Dov’è finito il mondo che cambia?
La struttura di Final Fantasy V e VI è tanto bella quanto irripetibile, almeno per il momento. La stessa Square Enix ha tentato di riprodurre qualcosa di simile in Final Fantasy XV, ispirandosi proprio a Final Fantasy VI, ma senza successo. Oltre agli errori di base dell’open world di Final Fantasy XV, il “Mondo dell’Oscurità” non può raccontare nulla essendo inesplorabile.
Al di là dei tagli subiti da Final Fantasy XV in fase di sviluppo e produzione, tra i quali figura una parte della mappa prevista come open world e divenuta invece estremamente lineare, la difficoltà nel riprodurre le strutture del quinto e sesto capitolo di Final Fantasy sta anche nello sviluppo dei videogiochi moderni, molto più difficili da realizzare e che richiedono un budget molto più elevato per la produzione.
Quello che nei primi anni ’90 era ancora un over world in 2D, con incontri casuali e combattimenti a turni, oggi dovrebbe essere un videogioco 3D dettagliatissimo, con un mondo aperto e un gameplay completamente in tempo reale. Creare un open world al giorno d’oggi richiede un gran lavoro da parte degli sviluppatori e molto spazio su disco, figurarsi doverne creare praticamente due per un solo gioco.
Chissà se la next gen, con i suoi caricamenti rapidi, permetterà alle software house di sviluppare dei “moderni Final Fantasy V e Final Fantasy VI”. Probabilmente non sarà il caso del prossimo Final Fantasy XVI, anche se da questo gioco vorremmo semplicemente che Square Enix torni finalmente con un nuovo capitolo principale di Final Fantasy degno del suo nome.