Ghostrunner – Recensione del cyberpunk per hardcore gamers

Novembre sarebbe dovuto essere finalmente il mese di lancio di Cyberpunk 2077, invece CD Projekt RED ha deciso di rinviare ancora una volta il gioco alla data del 10 dicembre (tra l’altro, il team di sviluppo ha qualche dubbio anche su questa nuova data), e allora il cyberpunk in questo periodo lo porta Ghostrunner, arrivato sul mercato lo scorso 27 ottobre per PC, PS4, e Xbox One, e che approderà anche su Nintendo Switch e sulle console next gen.
Sviluppato da One More Level, 3D Realms, e Slipgate Ironworks, e pubblicato da All In! Games e 505 Games, Ghostrunner è un action in prima persona fedelissimo allo stile estetico e narrativo del cyberpunk, ma è anche un gioco di una difficoltà che mai ci si sarebbe aspettati prima di provarlo pad alla mano.
Ghostrunner è una storia cyberpunk
Che cos’è il cyberpunk? La maggior parte di coloro che sono a conoscenza di questo termine pensano subito agli androidi, alle armi futuristiche, alla tecnologia avanzata; in realtà c’è molto più di tutto questo.
Il cyberpunk è una distopia che esalta i problemi della società attuale: il classismo, il consumismo tecnologico, l’estetica (che diventa cibernetica), i problemi ambientali, ecc.
Ghostrunner, appunto, vede il mondo colpito dalla Deflagrazione, e l’umanità è sopravvissuta dentro la Torre Dharma, una gigantesca struttura contenente veri e propri centri abitati.
Il protagonista del gioco è un Ghostrunner: un guerriero cibernetico con uno stile di combattimento ispirato alle arti shinobi, armato di katana, rampino, e capace di correre lungo i muri.
Il Ghostrunner si risveglia alla base della Torre privo di memoria, entrando in contatto con un’entità che si fa chiamare l’Architetto, il quale gli illustra la situazione: egli fu sconfitto da Mara, la Custode delle Chiavi (che ricorda molto il Dottor Octopus), nel tentativo di salvare la vita di Adam, il suo creatore. Adam e Mara erano a capo della Torre Dharma, ma la donna ha ucciso il suo socio e preso il controllo della Torre.
L’Architetto altro non è che la coscienza di Adam tramutata in un’intelligenza artificiale, e intende guidare il Ghostrunner a riacquistare le sue piene capacità scalando la Torre Dharma, fino a raggiungere la cima per sconfiggere Mara e interrompere il suo dominio.
Il Ghostrunner verrà contattato anche da Zoe, una ragazza superstite degli Scalatori, un gruppo di ribelli che ha tentato un colpo di stato contro Mara. Sono stati gli Scalatori a riparare il protagonista, seppur non in maniera ottimale, ma l’Architetto non è interessato a loro.
Inizia così la scalata del Ghostrunner, tra sessioni platform e nemici letali, alla scoperta del dominio della Custode delle Chiavi ma anche dei molti scheletri nell’armadio della Torre.

Ghostrunner è un videogioco action in prima persona; non si incontra alcun NPC durante l’avventura, per tanto la narrazione avviene tramite i dialoghi tra il protagonista, l’Architetto, e Zoe. Uno stile che, per più di un motivo, ricorda molto Bioshock.
L’ambientazione, invece, è prettamente cyberpunk, sia nell’estetica che nell’etica: l’idea di una società che vive in una gigantesca torre, dove non tutti possono accedere ai piani più alti, e chi sta più in basso non se la passa benissimo. Una filosofia che ricorda vagamente “Il buco”, film Netflix del 2019, ma anche Alita, pensando a un’altra opera cyberpunk, con la città sospesa sopra la città-discarica, e come protagonista un androide ritrovato tra i rottami, privo di memoria, che dimostra più umanità rispetto a quelli che un tempo erano esseri umani.
E ancora, cartelloni pubblicitari che invitano l’essere umano al lavoro o a modificare il proprio corpo, strade bloccate e guardie che impediscono di avanzare, anche se la presenza di alcune pareti lungo le quali correre, con tanto di frecce che indicano la strada, non sono molto giustificabili sul piano del level design.
La grafica a livello poligonale non è proprio all’avanguardia, e soprattutto mostra un aliasing notevole (abbiamo provato il gioco su PS4). Tuttavia gli ambienti sono abbastanza diversi, nonostante uno stile ben definito, e spiccano particolarmente nei livelli del cybervuoto.
Peccato per la totale assenza di interazione ambientale; spicca invece la colonna sonora: una synthwave perfetta per questo tipo di videogioco.

Braccati tra controllo e punizione
Quando vengono rilasciati videogiochi del genere, ci si domanda subito a quale titolo Tripla A possano assomigliare. A primo impatto, Ghostrunner fa tornare alla mente Dishonored, per via del cyberpunk, della prima persona, e del protagonista armato di katana. Tuttavia, il videogioco a cui effettivamente vien da pensare giocando Ghostrunner è un altro indie, e del tutto inaspettato: Celeste
Il paragone con Celeste è dovuto al fatto che in Ghostrunner si muore tantissime volte, al punto che, esattamente come in Celeste, è presente anche un contatore delle morti (attivabile nelle impostazioni, così come gli effetti di sangue, ma sarebbe stato più giusto renderli attivi di base).
Ghostrunner e Celeste sono simili anche nel sistema di respawn: i sette capitoli di Celeste sono divisi in diversi quadri 2D, e Madeline viene ripristinata immediatamente all’inizio del quadro ogni volta che muore; i livelli di Ghostrunner sono 3D e in prima persona, ma divisi in sessioni platform o di combattimento chiaramente circoscritte in una determinata area, all’inizio della quale il protagonista viene immediatamente ripristinato ogni volta che muore.
Certamente il Ghostrunner è più forte di Madeline, essendo in grado di camminare lungo i muri e uccidere qualsiasi nemico con un colpo; il problema è che anch’egli muore con un colpo solo.
Paradossalmente, a discapito del titolo e dello stile del protagonista, in Ghostrunner la fretta è cattiva consigliera: meglio fermarsi un attimo a osservare l’area da affrontare e i nemici sulla minimappa, perché una volta lanciati nella sessione, o si muore o si raggiunge il traguardo.

Il problema è che in Celeste viene mostrato l’intero quadro da affrontare, permettendo così al giocatore di pianificare per bene l’azione prima di agire; in Ghostrunner, per via del 3D e della visuale in prima persona, non è quasi mai possibile.
Non si riesce a visualizzare l’intero percorso nelle sessioni platform, così come la minimappa non basta per scovare perfettamente tutti i nemici e la loro tipologia. A volte si tende a cercar di vedere l’ambiente con un po’ più di chiarezza, ma potrebbe anche essere quel tanto che basta per esporsi al fuoco (ricordatevi che si muore con un colpo solo).
La visuale in prima persona può anche penalizzare alcune azioni, ad esempio capire se si sta saltando nel modo giusto per una corsa durante una parete, oppure capire quando è il momento giusto per saltare durante tale corsa. Stessa cosa per le fasi di combattimento: avvicinarsi a un nemico per ucciderlo potrebbe far perdere di vista un altro nemico nelle vicinanze (e ricordiamo ancora che si muore con un colpo), o peggio ancora lanciarsi velocemente contro un nemico e mancarlo di pochissimo, e tenete conto che il segreto per evitare i colpi d’arma da fuoco è non fissare il nemico in linea retta, bensì leggermente di lato.
Potete immaginare come il vero problema sia quando le sessioni platform vengono unite a quelle di combattimento.

Ghostrunner lascia il giocatore braccato tra la mancanza di controllo e il suo essere incredibilmente punitivo; forse sarebbe stato molto meglio essere più generosi da una delle due parti.
Ghostrunner – Un gioco per pochi che avrebbe potuto essere per tutti?
Tirando le somme, Ghostrunner è chiaramente un videogioco per hardcore gamers, o addirittura per hardcore gamers che amano davvero le sfide pressoché impossibili.
L’avventura non è particolarmente longeva, ma alcune sessioni potrebbero bloccare il giocatore per decine e decine di minuti, morendo decine e decine di volte, il che potrebbe risultare frustrante per molti. Il discorso è simile a quello per Crash Bandicoot 4: dare il respawn immediato non è sufficiente; la frustrazione può essere molto peggio di un game over.
La narrazione a un certo spiega anche come le abilità del Ghostrunner sono nettamente superiori a qualsiasi nemico con armi da fuoco, per questo la katana e le sue abilità risultano essere migliori, ma gli sviluppatori avrebbero dovuto ricordare che il giocatore che controlla il Ghostrunner è un semplice essere umano.
Inoltre, sarebbe stato bene spiegare anche il motivo per il quale un androide così efficiente muoia con un singolo colpo di arma da fuoco.

Non c’è niente di male nel creare un videogioco hardcore, ma viene da chiedersi se Ghostrunner non sarebbe potuto essere un videogioco per un pubblico più ampio.
Un videogioco che, come da titolo, prevede di correre, quando poi in fin dei conti conviene essere pazienti prima di agire, o in alternativa ripetere più e più volte la stessa sessione di gioco perché si muore in continuazione. Non sarebbe stato meglio inserire una difficoltà più agevole e un’azione davvero più frenetica?
Gli sviluppatori hanno chiaramente voluto dare questa personalità al gioco, ma Ghostrunner dà l’idea che sarebbe davvero potuto essere qualcos’altro.