Call of Cthulhu – Recensione

Dopo quasi cinque anni di uno sviluppo più che travagliato, fra interruzioni e persino il passaggio nelle mani di un’altra software house, Call of Cthulhu è finalmente sbarcato sul mercato.
Affidato inizialmente a Frogwares, studio ucraino indipendente autore della serie videoludica di Sherlock Holmes (e anche di The Sinking City, altro videogioco ambientato nell’universo di Lovecraft, che vedrà luce il prossimo 21 marzo), il publisher Focus Home Interactive ha fatto ripartire il progetto quasi tre anni fa con i francesi di Cyanide.
Il gioco è arrivato sugli scaffali lo scorso 30 ottobre, alla vigilia di Halloween, e non credo si tratti di una scelta casuale… Infatti, Call of Cthulhu è un GDR investigativo ambientato nell’universo narrativo di Howard Phillips Lovecraft, scrittore vissuto nella prima metà del ‘900, autore di racconti dell’orrore e dell’inspiegabile.
Sebbene il titolo del gioco derivi da un celebre racconto di Lovecraft, prendendone quindi, inevitabilmente, anche alcuni elementi della trama, Call of Cthulhu trae ispirazione in particolare dall’omonimo gioco di ruolo cartaceo, dove appunto i giocatori interpretano personaggi alle prese con casi che pian piano sfoceranno nell’orrore cosmico.
Rammenta il distico inesplicabile, Edward Pierce
“Non è morto ciò che in eterno può attendere, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire”. Il distico inesplicabile è una delle frasi più inspiegabili, interpretabili e affascinanti dell’universo di Lovecraft, ed Edward Pierce scoprirà che può racchiudere anche il caso della famiglia Hawkins.
Il protagonista di questa storia, ambientata nel 1927 nei pressi di Boston, è un veterano della prima guerra mondiale che ora possiede una propria agenzia investigativa.
A causa di una orribile esperienza avvenuta durante la Grande Guerra, Edward Pierce soffre di incubi che di recente si sono fatti ancor più strani, il che lo porta all’abuso di alcol e di sonniferi.
Nonostante Boston si trovi in un periodo pieno di casi investigativi, Pierce non ne sta accettando da un po’ perché in cerca di un caso interessante, e l’inizio della storia è proprio il suo giorno “fortunato”: Stephen Webster, noto industriale di Boston, ha da poco perso sua figlia Sarah, famosa pittrice nota anche per i suoi strani sogni da cui diceva di trarre ispirazione.
Sarah era sposata con Charles Hawkins, un armaiolo e viaggiatore con il quale era andata a vivere sull’isola di Darkwater, a sud di Boston. Un incendio nella loro villa ha ucciso i due e il loro figlioletto: un incidente, a detta della polizia, ma Stephen Webster ha ottenuto degli indizi che non gli fanno credere a questa versione, e si è rivolto a Edward Pierce come ultima speranza.
Pierce accetta il caso e s’imbarca alla volta di Darkwater Island: un tempo patria di balenieri, è ora un posto dimenticato da Dio. Convinto di aver trovato gli stimoli che cercava, Pierce non ha ancora idea di quali oscuri segreti andrà a rivelare.
La storia è molto fedele allo stile dei racconti di Lovecraft, con un’introduzione intrigante, ma anche un inizio lento che potrebbe annoiare un po’, per poi sfociare pian piano in angoscia, orrore, paura, e inspiegabile, sostenute dall’atmosfera che si va creare con gli ambienti di gioco, i colori, e le musiche.
Una storia intrigante, ben narrata, con qualche difetto ma priva di buchi di trama; sebbene debba tener conto dei limiti in un gioco investigativo, dove il gameplay va inevitabilmente a condizionare lo storytelling.
Il problema, com’era prevedibile già dalle anteprime, sta nella realizzazione poligonale: la grafica non sembra nemmeno di questa generazione, e la componente artistica ha difficoltà a coprire questi difetti, trattandosi di un gioco investigativo in prima persona. In particolare, le animazioni degli NPC durante i dialoghi risultano spesso poco convincenti, ed è stato usato più volte lo stesso modello per la realizzazione dei popolani di Darkwater.
Se i problemi di sviluppo e il budget di produzione inferiore rispetto ad altri videogiochi giustificano la realizzazione poligonale, dovrebbero anche essere un motivo per gli sviluppatori affinché evitino gli altri difetti appena elencati.
Si può invece spezzare una lancia a favore almeno per le cutscene, dove il comparto tecnico migliora sufficientemente.
Sconfina nella follia
L’azione di Call of Cthulhu si svolge in prima persona, permettendo di immergersi al meglio nelle sensazioni trasmesse dall’avventura. Indosseremo i panni di Edward Pierce, e dovremo svolgere l’indagine sul caso della famiglia Hawkins, parlando con gli NPC e raccogliendo indizi per capire cos’è successo e come proseguire nell’indagine.
A eccezione della claustrofobia di cui sembrerebbe essere vittima Pierce (probabilmente a causa dell’episodio di cui è stato vittima in guerra), saremo liberi di far agire il nostro protagonista nel modo che vogliamo, sia tramite le opzioni di dialogo con gli NPC, sia tramite l’assegnazione dei punti personaggio.
All’interno del menù di gioco infatti, sono presenti cinque abilità potenziabili assegnando dei punti personaggio, ottenibili avanzando nel gioco e in base alle azioni che svolgerà Pierce. In base al livello di una determinata abilità, Pierce sarà più o meno convincente nei dialoghi con gli NPC, in grado di aprire porte bloccate e serrature, scovare oggetti nascosti, ecc. Ci sono poi altre due abilità, Medicina e Occultismo, potenziabili solo tramite il ritrovamento di determinati oggetti, le quali permetteranno a Pierce di capire meglio alcune situazioni altrimenti incomprensibili.
Fondamentalmente, il gioco è diviso in livelli che offrono al giocatore diverse opzioni per raggiungere un obiettivo principale. Il livello delle abilità di Edward Pierce serve a rendere percorribili o meno le varie strade, oppure a scavare più a fondo sugli eventi di Darkwater.
Ma la ricerca della verità nell’universo narrativo di Lovecraft porta spesso conseguenze negative. Forse è il caso di lasciare che Pierce si concentri sul suo obiettivo principale, ma è quasi impossibile che il giocatore non venga attratto dalla storia di Darkwater che è direttamente collegata con il caso degli Hawkins. Questo però porterà il protagonista a scontrarsi con qualcosa che l’uomo non dovrebbe affatto conoscere.
Questo aspetto della narrativa lovecraftiana, viene riprodotto nel gameplay di Call of Cthulhu tramite l’elemento della Follia: durante la storia è possibile imbattersi in numerosi eventi che andranno a toccare la sanità mentale di Edward Pierce. Questo permetterà di sbloccare nuove opzioni di dialogo con gli NPC e sarà determinante anche per la conclusione della storia, che presenta finali alternativi.
Sono presenti anche interessanti sessioni stealth in alcuni livelli, sebbene in certi casi anche l’IA mostra i suoi limiti.
In verità, il gioco raggiunge delle interessanti sessioni di gameplay da abbinare alla narrazione tramite l’indagine, ma non migliora ulteriormente sotto questo aspetto. Considerando che il titolo non è molto longevo, un gameplay più raffinato da abbinare alle sessioni investigative avrebbe garantito maggiore rigiocabilità, la quale è basata per lo più sulla ricerca dei finali alternativi e di indizi che approfondiscono meglio la storia.
Per concludere
Non ci sono molti titoli recenti ambientati nell’universo di Lovecraft, per quanto “il Solitario di Providence” abbia ispirato molto anche il mondo videoludico, ma ne vedremo ben tre da un anno a questa parte. Call of Cthulhu è il primo di questi tre nuovi giochi, ed è consigliabile a tutti i lettori di Lovecraft che vogliono vivere uno dei suoi racconti sotto un altro aspetto, grazie a una storia e un’ambientazione molto fedele all’universo lovecraftiano, ma anche con una narrazione quasi perfetta che può interessare tutti i giocatori che mettono la trama al primo posto, e anche i fan delle avventure grafiche. Peccato per la grafica decisamente non all’altezza dell’attuale generazione, in particolare per alcuni difetti che andrebbero evitati quando c’è già il budget ridotto a porre dei limiti, e per l’assenza di più sessioni alternative di gameplay che avrebbero reso il gioco più vario e anche aperto a un pubblico più ampio.