Crash Bandicoot ti avevo dimenticato!
Il 29 Giugno è uscita su Nintendo Switch la trilogia di Crash: Bandicoot. Un po’ per nostalgia, un po’ per la validità del titolo non potevo farmi sfuggire questa piccola perla. Giocarla poi sulla casalinga-portatile (già, non so di preciso cosa sia) di Nintendo che rende ancora più godibile questo genere di titoli, rende la trilogia un vero e proprio must.
Il piano è perfetto: tornare a casa, sdraiarsi sul letto, inserire la cartuccia e spassarsela per diverse ore, ricordando i bei momenti dell’infanzia, convinti poi di essere, ad oggi, più bravi ed esperti nei videogiochi. Qual è stato il risultato? Un disastro totale!
Crash Bandicoot ti avevo dimenticato!
Ovviamente se si tratta di una trilogia è bene iniziare dal primo capitolo, e così ci immergiamo nell’Isola Wumpa, pronti a salvare la nostra amata Tawna. I primi livelli, ovviamente, sono stati di una facilità disarmante, ma poco a poco la mente ha iniziato a cambiare parere, ed anche i nervi, sempre più tesi e pronti a scagliare la nostra amata Switch con i joycon color Neon contro il muro.
Ma è possibile Crash? Non ti ricordavo così difficile! Va bene, forse sto esagerando, ma come è possibile che un gioco con due soli tasti da premere possa essere così divertente e allo stesso tempo complicato? Da qui continui dejavu di pomeriggi estivi ormai andati, di giochi che nemmeno ricordavo di aver giocato, della difficoltà all’ordine del giorno di titoli che, appunto, non avevano nient’altro che due tasti da premere.
Oggi i giochi sono belli, complessi, tecnicamente sbalorditivi, in grado di coinvolgere il giocatore in mondi enormi, con menù pieni di funzioni, combat system variegati ed appaganti (no, non parlo di Assassin’s Creed).
Un solo modo di procedere è anche quello più difficile
Eppure, ad oggi, sento di essere meno capace, meno paziente, meno veloce. Forse è l’età, o forse è il livello dei videogiochi che si è diversificato, perché se hai molti modi di affrontare il tuo percorso, sceglierai quello che ti verrà più naturale e facile.
Oggi puoi affrontare la storia con le armi spiegate, oppure nascondendoti con cura, puoi colpire con un’arma di precisione, o fare rumore con la dinamite. Gli esempi sono ancora tantissimi, ma non è il caso di dilungarsi.
Ciò che sembra chiaro è che tu Crash mi dai solo un modo di proseguire: andare avanti correndo e facendo giravolte. Un tuffo nei ricordi di giochi a cui non sono più abituato a giocare, nonostante la presenza, oggi, di molti platform di ottimo livello.
La pazienza o l’assenza di altro
Mentre affrontavo Ripper Roo mi domandavo: la mia generazione quanto è diversa da quella attuale? O meglio: quanto è più paziente? Non voglio inveire contro i ragazzi di oggi, anzi, affrontano giochi con una complessità nettamente superiore alla nostra, magari lavorando di più con la testa. Ma una cosa è certa: la mia era una generazione di ragazzi pazienti.
Pazienti perché Crash, amico mio, ho ripetuto l’isola Wumpa decine di volte perché ancora dovevo comprare la Memory Card, ma non ne volevo sapere di scollarmi dal joypad. Pazienti perché ripetevamo lo stesso punto centinaia di volte, provando a fare un salto più lungo, una giravolta più veloce, respirando a fondo prima di correre in mezzo ai pericoli. Pazienti perché una volta messo il disco non lo toglievamo finché non lo avevamo finito (se non per brevi pause con altro).
(Forse, però, è perché non c’erano saldi Steam, centinaia di giochi a basso prezzo, ma solo giochi che ti regalava la nonna a Natale)
Ciò che resta di queste considerazioni e dei tanti ricordi sono le ore di gioco che, dopo venti anni si rinnoveranno di nuovo, perché la cartuccia credo che non la toglierò per un lungo periodo (nonostante abbia una libreria piena di giochi che aspettano solo me! Grazie Crash)