La lunga strada per l’ingresso in Europa
In un periodo in qui si parla dell’Europa solo in relazione a politiche economiche, crisi, disoccupazione, ha fatto poco notizia l’entrata della Croazia nell’Unione, il 1° luglio di questo anno. Così la quota dei paesi aderenti è salita a 28. E non sarà certo l’ultimo Stato ad entrare, dal momento che altri da tempo sono sulla strada per le riforme che li porterà infine in Europa.
Certo è che non si ottiene facilmente un seggio nel Parlamento Europeo. Sono infatti spesso necessarie una lunga serie di riforme ad ampio spettro, volte a garantire il raggiungimento dei criteri per l’ingresso nell’Unione. La lista delle richieste che l’UE pone ai suoi candidati è composta da vari capitoli che coinvolgono il rispetto delle pratiche democratiche e del pluralismo, la lotta alla corruzione, criteri economici, il rispetto dei diritti umani: tutti sintetizzati nei cosidetti “criteri di Copenhagen”. Gli Stati che sono a vari gradi di questo complicati cammino di riforme sono ad oggi 8.
Primo fra tutti la Turchia, nazione che sin dal 2005 ha iniziato i negoziati per l’adesione. Le politiche messe in campo da questo Stato sono state nel complesso giuducate positivamente a ottobre di questo anno dall’UE. Importanti passi avanti sono stati registrati nella gestione del conflitto Curdo nel sud-est del Paese, nel rispetto della libertà di espressione e delle minoranze. Accanto a queste note positive però il cammino delle riforme è ancora lungo, come hanno rivelato gli eventi di maggio-giugno. Non è infatti passata inosservata la dura gestione della serie di proteste ruotate intorno a piazza Taksim, che “sottolineano l’urgente bisogno di ulteriori riforme, la promozione di un più ampio dialogo lungo tutto l’arco politico e nella società nel complesso, altrettanto quanto il rispetto dei diritti fondamentali nella pratica”.
Questo cammino di riforme tocca a diversi livelli anche tutte le nazioni dell’area balcanica. Il Montenegro è lo Stato più avanzato nelle trattative con l’UE, seguito da Macedonia e Serbia; Bosnia ed Erzegovina, Albania e Kosovo hanno lo stato di possibili candidati. I progressi che vengono richiesti in questa regione riguardano soprattutto la libertà di espressione, in aree dove i giornalisti sono sottoposti a volte anche a minacce, e il rispetto delle minoranze, soprattutto in relazione alla comunità dei Rom e degli omosessuali. Di notevole rilevanza rimane la questione del Kosovo, alla cui soluzione è legata anche l’entrata della Serbia nella Comunità Europea.
Un caso a parte è quello dell’Islanda, l’ultimo dei paesi in attesa di far parte dell’Unione, e Stato che fa già parte del trattato di Schengen e dell’Area Economica Europea. Nonostante il notevole stato di avanzamento delle pratiche per l’adesione, dopo la vittoria del partito euroscettico a settembre i lavori si arenati e la procedura di ingresso in Europa è per ora sospesa.
Questo per quanto riguarda le nazioni che già hanno formalmente iniziato un dialogo con l’UE. La lista degli Stati potenzialmente interessati ad iniziare le trattative potrebbe però non essere ancora definitiva. Di particolare interesse è la situazione degli Stati aderenti al Partenariato orientale (Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Ucraina e Bielorussia): un programma europeo che mira ad avvicinare i partecipanti ai valori e alla sfera di influenza europea. In quest’area è però forte l’attrito con la Russia, che spesso reagisce con embarghi o con l’aumento del costo del gas a ogni segnale di avvicinamento di questi Stati all’Unione. Decisivi in questa partita saranno certamente le scelte dell’Ucraina, come ha sottolineato un recente articolo di Mareike Aden e Alice Bota sul settimanale die Zeit.
L’importanza di questo processo espansivo per l’Unione Europea nel complesso è stato sottolineato in ottobre dal Commissario Štefan Füle: “L’allargamento continua ad essere una delle politiche migliori dell’UE” in quanto può “rafforzare la stabilità politica ed economica nei paesi candidati e nell’Europa nel suo complesso”. Non solo, è forse il luogo in cui l’Europa mostra la sua faccia migliore, impondendosi come modello di sviluppo morale, civile e anche economico.
Daniele Di Giovenale
24 novembre 2013
Twitter: Daniele DDG