American Buffalo, docu-teatro sull’umanità al limite
American Buffalo è lo spettacolo in scena sino 10 dicembre 2017 al teatro Franco Parenti di Milano.
Lo vedrete con gli occhi, ma anche con lo stomaco. É infatti talmente reale nella sua crudezza che, dopo le prime scene, sentirete accumularsi li, proprio nella pancia, la storia dei tre personaggi, fatta di rabbia, tensioni, deriva, miseria, illusione di riscatto, solitudine.
Maurizio de Giovanni, che cura l’adattamento e Marco D’Amore, regista anche protagonista, hanno spostato dagli States al cuore di Napoli la vicenda. Si parla in napoletano, lingua piena di vibrazioni come uno strumento a percussione.
La drammaturgia è scarna, povera, cruda, priva di spessore temporale. Eppure...
Essa ricostruisce alla perfezione quel microcosmo di vuoto, povertà, ignoranza, dove il pensiero e il sentimento devono fare posto all’istinto animale.
La scena si apre su una bottega di un rigattiere ingombra di roba vecchia. Si avverte un’aria stantia, soffocante. La città è lontana, anonima, frettolosa, grigia con i suoi rumori angoscianti di macchine che passano e si allontanano.
É in questo spazio, che Marco D’Amore, come un attentissimo entmologo, cattura i tre personaggi oggetto di studio.
Appare il proprietario, Don, Tonino Taiuti, un uomo di mezza età, asciutto, vibrante, vestito da cow-boy. Inframezza il suo napoletano con parole americane, provando un piacere immenso nel pronunciarle, quasi che esse gli permettano per un istante, di volar via da quella esistenza al limite della vita.
Don ha venduto per pochi euro una monetina da mezzo dollaro con la testa di bufalo ad un cliente, scoprendo solo dopo, di aver dato ad un collezionista, una moneta rarissima. Cerca quindi di organizzare un furto a casa del cliente con i compagni di poker per recuperarla.
Prima pensa a Bobby. Vincenzo Nemolato incarna perfettamente questo giovane tremolante, dalla postura incerta, ripiegato un po’ su se stesso, nascosto in abiti enormi.
Ogni tanto, vorrebbe dire qualcosa; ed allora prova ad uscire col collo dalla massa delle immense felpe con cui si corazza; come una timorosa tartaruga lo allunga in avanti, muovendo la testa, guardingo, a destra e sinistra. Ma poi, spaventato, torna a rintanarsi nelle felpe.
Marco D’Amore è il “professore” specializzato forse un tempo nei furti, ora alla deriva tra alcol, solitudine e miseria. I suoi tic e il suo modo di parlare astioso e invidioso esprimono il suo livore contro il mondo. Ha i capelli grigi, unti, radi e lunghi; avvolto in una palandrana scura, si muove sul palco come un uccello del malaugurio seminando sospetto e calunnia. Si illude di tenere tutto sotto controllo. Sarà il primo a crollare.
Lo spettacolo da non perdere, lascia un sentimento di vertigine. Si ha la consapevolezza di avere assistito, da una posizione privilegiata, ad uno spaccato di vita reale, una sorta di docu-teatro.
I tre bravissimi attori vanno oltre la recitazione compiendo un’ulteriore operazione: scolpiscono all’interno dello spettatore, i loro personaggi. La regia è incisiva.
Il testo, tradotto da Luca Barbareschi, è dell’americano David Mamet (Il Verdetto, Il postino suona sempre due volte), drammaturgo, sceneggiatore, produttore cinematografico, nonché regista.
Teatro Franco Parenti, Via Pier Lombardo, 14, 20135 Milano
AMERICAN BUFFALO
di David Mamet
traduzione Luca Barbareschi
adattamento Maurizio de Giovanni
con Marco D’Amore, Tonino Taiuti,
Vincenzo Nemolato
regia Marco D’Amore
scene Carmine Guarino
costumi Laurianne Scimemi
luci Marco Ghidelli
sound designer Raffaele Bassetti
produzione Teatro Eliseo
Orari
mar, ven h 20.00 mer h 19.30 gio h 21.00 sab h 20.30 dom h 16.00
Durata: 80 Min
Prezzo : Intero Prime file biglietto unico 38€; I e II settore 30€; III settore 23,50€ Convenzioni (escluso prime file) 21€; Over65/ under 26 (escluso prime file) 18€ + diritti di prevendita
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