Finale di partita, sopravvissuti incapaci di sopravvivere

C’è tutta la desolazione di Beckett, in Finale di partita, dal 23 ottobre al 4 novembre al Piccolo Teatro Grassi di Milano per la regia di Andrea Baracco. In scena Glauco Mauri e Roberto Sturno; l’uno, coperto da una montagna di stracci è cieco, in sedia a rotelle e impossibilitato a muoversi; l’altro, il servo, non può sedersi, vive in moto perpetuo e inutile. Si scambiano il ruolo di vittima e carnefice continuamente (perchè rimani con me? Perchè mi tieni con te?).
Entrambi desiderano la luce, ma il cieco non riesce più neanche ad immaginarla, mentre il servo deve prendere una alta scala per aprire le finestre poste ad una altezza quasi beffarda. Ed una volta aperte non si vede niente, le onde del mare sono piombo, il sole è nulla e tutto l’universo puzza di cadaveri. Si è rotto il filo, dice il vecchio, siamo rotti noi, si è rotto qualcosa. Tutto è successo senza di me.
In Finale di partita, la vita è passata accanto e il futuro non c’è. A tratti, appaiono anche i genitori senza gambe del vecchio. Vivono in due celle separate a scomparsa nel muro, tipo quelle di obitorio. Alla richiesta del vecchio, il servo le estrae dal muro. I due corpi allora, come fantasmi, disturbano, tolgono le visoni dolci, ridono dell’infelicità dei due che sembrano sopravvissuti incapaci di sopravvivere, in una solitudine mortale.
Non c’è “neanche un cane” a far loro compagnia; solo uno di pezza e per giunta senza una gamba. La tragedia del vivere diventa farsa, comicità grottesca: la fine è all’inizio, ma nonostante questo si continua! Non ci sono più parole vere, capaci di consolare, utili per comunicare. Mi hanno detto, dice il vecchio, che questo era amore, amicizia, che non ero una bestia. Ma non era vero niente. Non c’è riscatto.
Qualcuno ha ipotizzato che Finale di partita, pubblicata nel 1957, tratteggiasse una situazione post atomica. La seconda guerra mondiale, che aveva visto il premio nobel impegnato nella resistenza francese, con la bomba atomica era andata oltre l’umano. Beckett lo ha però sempre smentito.
Stupisce la bravura degli attori, capaci di attirare l’attenzione e mostrare sprazzi di poesia, nonostante una gestualità contenuta e un linguaggio che è svuotato, staccato dall’azione inesistente, pieno di silenzi e ripetizioni quasi comiche. La scena è disadorna, talvolta riempita dal suono di un ticchettio martellante di una sveglia.
Piccolo Teatro Grassi (Via Rovello, 2 – M1 Cordusio), dal 23 ottobre al 4 novembre 2018
Finale di partita
di Samuel Beckett
regia Andrea Baracco
con Glauco Mauri Roberto Sturno
e con Marcella Favilla, Mauro Mandolini
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Giacomo Vezzani
produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo.
Durata: 75 minuti senza intervallo
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro
Prezzo progetto speciale Beckett – Kurtág 20 euro
(per i possessori di tagliando d’ingresso per Samuel Beckett:
Fin de partie, Teatro alla Scala o per i concerti di Milano Musica).
Informazioni e prenotazioni 0242411889 – www.piccoloteatro.org