Passione al lavoro, trova il lavoro che piace e ti realizza di ANTONIO D’ELIA
«APOLOGIA DEL CHOOSY»
Lavorare con passione e/o arricchire di passione ciò che facciamo. Poeticamente molto bello, e considerando casi particolari come il volontariato, meraviglioso anche da un punto di vista pratico. A questo magari ci arrivo, ma ciò che mi stranisce è lo spietato e impavido uso dei verbi: tempo presente, modo indicativo “TROVA il lavorochepiace e ti REALIZZA”. Però! Non ci sono condizionali o futuri, tempi verbali menzogneri che ti guidino verso terribili prospettive di attesa o peggio di impossibilità. Il presente? L’avvenenza di un tempo nato sotto l’egida dell’azione? Sobbalzo dal divano dove comodamente seduta stavo leggendo quest’opera, e non certo per un tuono. Un temporale memorabile quella sera, mi fa spegnere pc e iPhone, optando per la lettura di Passione al lavoro – trova il lavoro che piace e ti realizza di Antonio D’Elia, edito nel 2009 dalla WIP Edizioni (Bari). Ore 19.30: scarto il regalo di Natale di una cara amica, il mio sguardo già attratto dall’affettuosa postilla dell’autore, indirizzata ad ogni suo sconosciuto lettore, «Dedicato a te che stai seguendo la strada per la tua realizzazione e la tua gioia»; comincio realmente a pensare di aver ricevuto in dono qualcosa di più di un insieme di pagine rilegate. E pensare che la crisi generale italiana, i politici corrotti, l’immobilità evolutiva di un Paese mi avevano portato a pensare alla «strada» solo come una via asfaltata. «No, qui si intende altro» mi dico e ammetto che la cosa, seppure molto allettante, mi ha quasi spaventata. L’idea di poter trovare lavoro con un impiego che mi possa piacere e realizzare professionalmente ed economicamente, mi è sembrata più rivoluzionaria della Teoria Copernicana. In realtà si tratta di un clichè piuttosto comune: sperare di farcela davvero e, immancabilmente, essere assaliti dai primi dubbi per poi convincersi di non potercela fare sul serio.
Eh sì, perché la felicità è una variabile attraente ma pericolosa, che necessita più di convinzione che d’impegno. Al contrario, al dolore e all’insoddisfazione ci si abitua come a due fratelli cattivi e invidiosi che hanno l’unico merito di non abbandonarci mai, affezionati servitori della nostra inerzia. La possibilità, sinonimo di azione, terrorizza perché può comportare errori; la staticità rappresenta la calma, l’indolenza che ci rende fermamente convinti e ancorati alle nostre idee, ai nostri tabù. Ma torniamo al libro: l’indice, ordinato in maniera semplice e pragmatica, occupa soltanto una pagina e rivela un’organizzazione mentale interessante. Dopo le iniziali premesse, l’autore ci accompagna con un sorriso alle fasi successive caratterizzate dai titoli, rigorosamente in grassetto, dei tre capitoli principali: SCEGLIERE, PREPARARSI, MUOVERSI. Continuo la mia lettura ma un drammatico pensiero mi attraversa la mente: e se fosse uno di quei manuali miracolosi, basati sull’idea di fondo di un Salva-vita Beghelli? Procedo con difficoltà e l’atroce dubbio di avere tra le mani una guida con le istruzioni per l’uso sull’esistenza umana mi blocca: voglio prima comprendere chi ha realizzato quest’opera e con quali intenzioni. Ricerco quindi notizie su Antonio D’Elia e con mio grande sollievo, apprendo che non si tratta di uno sciamano fuggito dalla foresta indiana delle Sunderbans ma di uno studioso di PNL. L’acronimo recita Programmazione Neuro Linguistica. È una branca della scienza molto complessa che si avvale dell’analisi dei tipi psicologici per delineare caratteristiche, comportamenti, esiti immaginativi dell’essere umano. Perché Programmazione? Perché la società, la religione, la famiglia ha influito pesantemente sulla nostra crescita, creando dei condizionamenti mentali che ci portano a compiere determinate azioni piuttosto che altre. Molto spesso questo si traduce in un senso di caducità e infelicità, che sfocia in eventi più significativi come la depressione. Occorre quindi riprogrammare il nostro cervello e riportarlo ad uno stadio di fiducia incondizionata che, molto probabilmente, fa parte della sfera infantile. Crescere significa diventare coscienti della realtà e durante questo processo, a volte erosivo, si perderebbe un certo quantitativo d’istinto e di slancio. D’Elia la chiama intelligenza emotiva: provare passione per una determinata cosa, nello specifico per il lavoro (ottenuto o solo sognato) porta alla creazione di un polo di attrazione, un fuoco sacro dove occasioni, incontri, eventi conducono alla realizzazione del desiderio. La razionalità «raffredda» l’intensità del sogno e con dighe di pensieri negativi, impedisce il flusso della possibilità. Quando si sogna, si immagina e il detto «Sognare ad occhi aperti» ha un suo fondamento di verità: il nostro cervello infatti, visualizza la nostra ambizione creando una specie di ologramma. La visualizzazione è proprio il punto focale dell’autore: il primo passo è la scelta, il secondo è l’immaginazione dell’evento come se fosse già accaduto e il terzo è attuare praticamente le condizioni che portano alla realizzazione dell’evento stesso. Antonio D’Elia, operando attivamente nella consulenza della gestione emotiva del personale per diverse aziende, riporta come prima causa dell’insuccesso personale e della disoccupazione dilagante, la mancanza di convinzione. Mantenere uno stato di fiducia in quello che si ama fare conduce all’unico risultato possibile: passione nel lavoro, lavoratore soddisfatto e realizzato, incremento della produzione aziendale. So a cosa state pensando: No! D’Elia non è la Fata Smemorina; non ha la bacchetta magica e non credo (spero!) vada in giro con un cappello a punta. È ovvio che si sta parlando di un processo difficile e non immediato, ma ritengo che in un clima di disperazione collettiva, valga la pena ascoltare il parere di uno studioso. Errori comuni nella ricerca di un impiego o di un rinnovamento della propria vita, sono il delegare la responsabilità della propria infelicità ad altri (Stato, politica, disoccupazione, amore perduto) e il procrastinare: il tutto si traduce in un pericoloso circolo vizioso che si conclude con l’immobilità e l’impossibilità di un cambiamento. Mi viene in mente il senso di inutilità del viaggio magistralmente descritto da Petronio (I sec.) nel suo romanzo, Satyricon, dove appunto il protagonista Encolpio continua a voler evadere da situazioni per poi incontrare nuovamente personaggi dai quali stava fuggendo. Il viaggio di ognuno di noi non può e non deve essere inutile e dimenticando gli sfarzi goliardici della Cena di Trimalchione, dobbiamo rimanere focalizzati su noi stessi e sui nostri desideri. Sano egoismo, direte voi. Perché no! D’Elia ci spiega proprio come l’unico modo di aiutare gli altri, sia realizzare prima se stessi ed essere, nel nostro piccolo, un esempio. Molto interessante è la parte conclusiva in cui l’autore trascrive le testimonianze di persone, più o meno giovani, che hanno messo in pratica questo eversivo modus vivendi ed esempi pratici di formulazione di un Curriculum Vitae soddisfacente e attrattivo per le aziende selezionatrici. Che dire? Un’alfabetizzazione della ricerca e ottenimento, non di un lavoro ma DEL lavoro, decisamente trascinante. Ho voluto ribattezzare questo libro, «Apologia del Choosy», perché dal tono misurato e cordiale dell’autore emerge un grido in lontananza di rivendicazione della scelta come diritto-dovere di ogni essere umano. Spero quindi che la Legge di Attrazione Universale, di cui si fa sottilmente portavoce quest’opera, possa richiamarvi alla lettura di Passione al lavoro e che possa ricordare a tutti noi che scegliere, ad alcuni può sembrare un privilegio, ma in realtà (e per fortuna!) rappresenta l’impegno più faticoso e onorevole della nostra esistenza , che renderà assolutamente unico il viaggio più importante che si possa fare: il nostro.
Sarah Jay De Rosa
24 febbraio 2013