Roguelike: i Souls-like del nuovo decennio?
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Le origini del nome: che cos’è Rogue?
Potrebbe sembrare superfluo ricordare che i nomi “Roguelike” e “Roguelite” derivino dal videogioco Rogue, ma è probabile che molti non sanno di che tipo di videogioco si tratta questo titolo risalente al 1980.
Rogue è un Dungeon Crawler realizzato interamente in codice ASCII. Difficile a dirsi al giorno d’oggi, essendo abituati a una grafica che sia almeno illustrativa, ma Rogue è un videogioco fantasy, ispirato ai GDR come Dungeons & Dragons con l’intento, appunto, di riportare il cartaceo dei giochi di ruolo su PC tramite una grafica testuale.
Il protagonista, rappresentato da una “chiocciola” della tastiera colorata di giallo, è un avventuriero con lo scopo di attraversare ventisei livelli sotterranei per trovare l’Amuleto di Yendor, per poi risalire.
I nemici e gli oggetti sono rappresentati da altri simboli e lettere (ogni mostro è rappresentato dall’iniziale del proprio nome), la raccolta oggetti e le azioni vengono raccontate dai testi che appaiono in alto a sinistra e dalle statistiche in basso, i combattimenti sono a turni e automatici.
La particolarità di Rogue è il fatto che ogni morte del personaggio giocante equivale a ricominciare il gioco daccapo, perdendo tutti i progressi ottenuti durante l’avventura.
Inoltre, i dungeon vengono generati in maniera casuale, risultando diversi a ogni partita. Persino alcuni oggetti hanno ogni volta un effetto diverso, il quale può essere rivelato solo una volta che il giocatore avrà usato l’oggetto in questione.
Si è dibattuto molto negli anni sulle caratteristiche che dovrebbe avere un videogioco per essere definito come “Roguelike”; in chiave moderna, si potrebbe riassumere come un videogioco complesso da affrontare, con morte permanente del personaggio giocante, e con il mondo di gioco generato in maniera casuale.
Un Roguelite, invece, si differenzia dai Roguelike per il semplice (ma non trascurabile) fatto che alla morte del personaggio giocante si riparte sì dall’inizio perdendo gran parte dei progressi, ma non tutti.
Deus Ex Machina
Stando alla definizione del termine, potremmo dire che qualsiasi Roguelike moderno è in realtà un Roguelite, essendo questa differenza fondamentale per realizzare un videogioco del genere con una struttura più complessa che mantiene una difficoltà bilanciata.
Ad esempio, The Binding of Isaac è chiaramente un Roguelike, ma presenta una struttura oggettivamente semplificata rispetto a un Dead Cells, un Hades, o un Returnal, i quali farebbero davvero impazzire i giocatori senza la possibilità di mantenere qualche progresso alla morte del protagonista.
Che siano permanenti o meno, gli oggetti e i power-up nei Roguelike sono fondamentali per permettere al giocatore di proseguire nell’avventura, ma anch’essi, così come il mondo di gioco, vengono generati casualmente.
A differenza dei Souls-like, dove la componente GDR serve più a scegliere il modo in cui giocare, nei Roguelike la build del personaggio giocante è limitata dalla casualità. Il giocatore nei Roguelike deve sapersi adattare a quello che trova: per certi versi, una versione estrema di diversi Battle Royale che tanto piacciono al giorno d’oggi, per quanto difficilmente un Roguelike viene pensato per attrarre un giocatore accanito di Battle Royale.
Una similitudine con i Souls-like, invece, si potrebbe trovare nel metodo narrativo. Raccontare tramite la lore non è solo una scelta nei Souls-like, ma anche una convenienza: è difficile realizzare una narrazione fluida in un gioco dove si rischia di morire tante volte.
Lo stesso vale per i Roguelike, dove la struttura della ripartenza e della casualità possono favorire un diverso tipo di narrazione.
Innanzitutto, esattamente come avviene nei Souls-like, la morte del protagonista viene resa canonica nella storia del gioco. Si prenda ad esempio Hades che, essendo ambientato nell’Oltretomba e avendo come protagonista il figlio di un dio, è normale presenti la Dimora di Ade come una hub pronta ad accogliere più volte il protagonista ucciso durante la sua impresa, dove il padrone di casa, Ade, è sempre pronto a lasciar tentare la fuga a suo figlio Zagreus per poi ridere dei suoi continui fallimenti.
Allo stesso modo, gli altri abitanti della Dimora sono pronti ad aiutare Zagreus nei limiti del possibile, anche dando informazioni su ciò che ha visto nell’Oltretomba durante i suoi tentativi di fuga.
Quest’ultimo elemento spinge il giocatore a tentare più volte l’esperienza anche per tentare di svelare tutta la lore del gioco.
L’hub dei Roguelike e, soprattutto, dei Roguelite viene spesso realizzata in modo tale che il giocatore sia consapevole del fatto che sicuramente si tornerà spesso in quel luogo, anche se questo non può accadere volontariamente.
Le possibilità di scoprire ogni volta nuove informazioni e di ritentare la sfida con qualche vantaggio in più, unite all’inevitabile breve durata di una run completa (completare una run in Hades o The Binding of Isaac richiede circa tre quarti d’ora), potrebbero addirittura rendere Roguelike e Roguelite meno frustranti rispetto ai Souls-like.
Git Gud
Lo slang “Git Gud”, usato spesso in chiave Souls-like, è una storpiatura della frase inglese “get good”, che significa “diventa bravo”.
È l’essenziale per avere la meglio nei Souls-like, spesso basati su sfide superabili grazie all’abilità del giocatore piuttosto che al potenziamento del personaggio giocante.
Come può un concetto del genere non essere applicato anche ai Roguelike?
Videogiochi complessi dove si muore spesso per poi ricominciare tutto daccapo: come affrontarli se non migliorando le proprie abilità pad alla mano?
Ripetere le stesse azioni più spesso e in più breve tempo rispetto ai Souls-like, potrebbe favorire l’apprendimento e farlo risultare, paradossalmente, anche meno frustrante.
La ripetizione nei Roguelike permette al giocatore di poter studiare una sorta di build per il personaggio giocante, imparando a conoscere quegli oggetti e power-up che vengono generati casualmente.
Mortal Shell: The Virtuous Cycle – Lo dicono persino i Souls-like…
Si può affermare con certezza l’esistenza di qualcuno che ha immaginato come sarebbero potuti essere i Souls-like con la feature della morte permanente.
Gli sviluppatori di Cold Simmetry hanno recentemente reso possibile questa “follia” in Mortal Shell, tramite il nuovo DLC The Virtuous Cycle.
The Virtuous Cycle, oltre a inserire nel gioco un nuovo tipo di Involucro Mortale e di arma, permette di affrontare una modalità Roguelite accessibile dalla Torre di Fallgrim dopo aver ottenuto tutte le armi e gli involucri presenti nel gioco.
Si sceglie l’involucro, l’arma da equipaggiare, e ci si avvia in questo percorso dove morire significa ripartire dall’inizio.
In pieno stile Roguelike, il Foundling viene aiutato da alcuni power-up ottenibili interagendo con dei costrutti presenti lungo il percorso.
Gli ambienti e i nemici presenti in questi cicli vengono ripresi dal gioco base, ma il modo in cui vengono creati questi percorsi di sfida è, appunto, casuale, così come lo sono i power-up generati nei costrutti, sui quali tuttavia si può influire prima dell’inizio di un ciclo, sacrificando del Tar (la moneta del gioco) al Portale Runico per aumentare la probabilità di far apparire power-up qualitativamente migliori.
The Virtuous Cycle mostra quanto simili possano essere i Souls-like e i Roguelike, ma mostra anche come la complessità dei giochi moderni necessiti più di una struttura Roguelite, soprattutto se questa viene inserita in una diversa struttura preesistente.
Ad esempio, oltre all’inserimento di elementi Roguelite come i bonus delle Ombre, ogni volta che si ottiene un Istinto da un costrutto, viene recuperata anche parte della salute.
Dopotutto, sarebbe stato davvero folle limitarsi alla struttura di Mortal Shell con la sola aggiunta della morte permanente.
“I Souls-like del nuovo decennio”?
Ordunque, i Roguelike potrebbero essere i Souls-like del nuovo decennio? Potrebbero influenzare il mondo videoludico in maniere simile a quanto il genere creato da Hidetaka Miyazaki ha fatto negli anni 2010? La risposta è nì.
Come già detto nell’introduzione, oltre alle similitudini con i Souls-like, i Roguelike possiedono caratteristiche in grado di soddisfare nuove esigenze del mondo videoludico.
Una su tutte potrebbe essere la breve durata rispetto ad altre opere: viviamo in un’epoca dove per la prima volta vi è una generazione di adulti cresciuti con i videogames, i quali potrebbero non avere più tempo o volontà per dedicargli molte ore.
I Roguelike sono opere che incentivano a essere giocate per via del fatto che dedicargli un’ora potrebbe anche significare completare il gioco.
Proprio questo stile che fa molto videogioco arcade potrebbe essere un’altra caratteristica apprezzata in un mondo preda dell’effetto nostalgia.
Allo stesso modo potrebbero essere apprezzati dagli appassionati di videogiochi in cerca di un’alternativa ai titoli troppo lunghi e pieni di cose da fare.
Il motivo per il quale i Roguelike potrebbero invece non avere successo, è piuttosto palese.
La difficoltà elevata non ha impedito la diffusione dei Souls-like, per quanto rimangano un genere videoludico non dedicato alle masse e che ha tuttora i suoi detrattori, ma la struttura dei Roguelike che prevede di ricominciare daccapo ogni volta che si muore potrebbe essere vista come ancor più punitiva e spaventosa.
È evidente come non tutti potrebbero notare il modo in cui tale struttura favorisce l’apprendimento del giocatore; più facile trovare frustrante e ripetitivo dover affrontare più volte le stesse sfide dall’inizio.