Concerto di Natale alla Fondazione Idea di Roma
Con musiche di Vitali, Leclair, Beethoven, e Mendelsshon il 19 dicembre scorso il duo D’Alessio Buccarella si è apprestato alla rielaborazione di pezzi godibili ai più e ai meno esperti del settore. Dopo una sapiente introduzione del M° Francesco Ruocchio che ci ha trascinati nella vita e nelle opere di questi compositori si è proceduti all’esecuzione dei brani. Così, nella prima parte; con la Ciaccona di Vitali, i due strumenti lavorano in un gesto corale di apprendimento del pensiero del compositore. Il violino accompagna senza ascoltare, il pianoforte, ma seguendolo; il pianoforte incassa “i colpi” dell’armonia del violino, sentendo quasi le note come uniche da sottendere. Il vibrato del violino ben si accorda al tocco percussorio del secondo strumento che incanta la sala dal suo accompagnamento. Note di dolcezza arrivano al cuore: Vitali crea una melodia molto profonda e che persuade lo spettatore a collaborare al tutto.
Il violino, per sua stessa espressione fa sognare, ed insieme al pianoforte incalza uno struggente lamento che fa partecipare vivamente. In Beethoven la creatività del Maestro compositore ci stupisce, ci lascia quasi attoniti di fronte ad una “sola” musica che è come se avesse armonie atte a comporre un’unica melodia, anche se variabile nell’ascolto. La passionalità di Beethoven ci dirige in un “bosco incantato” di grovigli di emozioni e ci lascia desiderare i suoi stessi pensieri, come: libertà, libertà e ancora libertà; siamo al di fuori e all’interno di una crisi in cui lo spazio non c’è più, dove il compositore si sente invaso dal sentimento dell’amore, forse, dal comando o dall’alterità del pubblico a cui va a dedicare le note, ma comunque dalla classica serie di sentimenti romantici.
Nel tempo di minuetto del anche qui il nervosismo delle note ci lascia “comporre2 con lui. Il Tempo si sente forse più nel pianoforte che non nel violino che, per forza di cose, deve andar dietro allo strumento principe accompagnatore ed al tempo stesso protagonista. In alcuni momenti Beethoven affida al violino il veicolo trainante della musica, “non sbagliando un colpo”. Nell’Allegro vivace entrambi suonano la stessa armonia, entrambi seguono la stessa espressione e segnano lo stesso tempo, offrendoci un’ottica da cui non si può prescindere. La pianista non ha infatti tempo di respirare, il violino un po’ di più nel seguire la melodia, ma entrambi non hanno quasi tregua. L’Adagio molto maestoso di Leclair è tutto un assaporare un viaggio da cui ci si può lasciar dietro senza tranquillità il paesaggio ma, con attenzione, ricordarsi tutti i percorsi passati e da venire. Segue una Sarabanda da cui niente può staccare l’orecchio dall’armonico senso diu pudore che regala un’esecuzione quasi fosse un’incisione discografica. Nell’Allegro il pianoforte la fa da padrone, incalzando, come spiega l’inciso, come un “Tambourin”. È quasi una banda che suona per strada e da cui il primo strumento (pianoforte) attinge con solerzia mentre il secondo (violino) trascina con esecuzioni difficili, ma più che trasmissibili. In Mendelsshon vi è uno pianoforte che non fa stancare di ascoltare respiri affannosi di un’epoca che si dirige verso un’area sempre prossima e familiare. Il violino è qui indispensabile; niente farebbe meglio attraversare la “gola” delle emozioni senza quello strumento che ci toglie dall’abisso, tanto quanto ci si approssima il pianoforte. Non sono note scritte senza “una via d’uscita”, (come in Beethoven), ma piene di lacrime di quella stessa fossa da cui sgorgano le sensazioni e i sentimenti del compositore. Pianoforte e violino assieme, senza un secondo di attacco non in comune, ma sempre all’unisono.
È tutto un adeguarsi agli stati d’animo composti. Coro che si appropinqua in un solo stadio emotivo e sensibile. Le varie opere hanno una loro storia. Ad esempio il compositore italiano Vitali era figlio d’arte, e sulla Ciaccona esegu9ita, hanno dubbi di paternità, ma si avverte qui un fondamento armonico di fondo che, comunque lo caratterizzava. Durante il corso dell’esecuzione della musica i toni si fanno sempre più espressivi. In Beethoven si possono qui, nel scovare anche tratti quasi umoristici, il tratto è diverso e nel Minuetto si ritrovano tracce settecentesche. Per ciò che riguarda Leclair, innovativo in principio, ha poi mantenuto uno stile costante. Grande virtuoso che richiede grande spirito artistico. Mendelsshon è un bambino prodigio, compose e si mise alla prova già a quattordici anni. Questo pezzo è stato lasciato in un cassetto per molto tempo, poi l’opera venne riscoperta da un violinista. Ma, al di là della storia delle proprie esecuzioni e composizioni, questi grandi del “pensiero musicale”, si lasci passare il termine, altro no hanno fatto che decretare come le favolose sette note abbiano potuto parlare a chiunque avesse un po’ di cuore da “spendere ed anche a colui che di questo, forse, ne fosse, inizialmente privo.
Michela Gabrielli
24 dicembre 2012