Galleria Gracis: Novecenti, La discontinuità di un secolo.

É stata una grande sorpresa entrare negli spazi aperti, aristocratici e luminosi della Galleria Gracis, situata di fronte al Castello Sforzesco di Milano.
Un’architettura pura, dagli alti soffitti e una semplicità compositiva dal forte valore estetico e percettivo. Il colore alle pareti pareti, il bianco, è elemento di valorizzazione dei volumi e delle superfici. Amplifica la relazione fra gli spazi, la luce naturale che entra da grandi finestre in un dialogo costante con l’esterno dove troviamo un raccolto giardino interno.
Il minimalismo di questi spazi diventa un modo consapevole e sofisticato per progettare la quotidiana attività di esposizione, ricerca, studio della Galleria Gracis che si apre anche ad eventi espositivi esterni.
Fondata da Pier Giorgio Gracis nel 1959 nel cuore di Brera, opera originariamente nel settore dell’antiquariato. Il figlio Luca Gracis affianca il padre dagli inizi degli anni ’80 quando il mercato dell’arte comincia a cambiare rapidamente con l’evolversi della nostra società. Nel 2013, la Galleria lascia la visibilità delle vetrine di Brera, per la riservatezza dell’attuale sede di Piazza Castello, all’interno di Palazzo Rusconi. Dove, oltre all’attività sopra menzionata, la Galleria presta attività di consulenza, servizi di supporto alla vendita, al restauro delle opere, all’acquisto, anche come segmento consistente tra gli alternative assets di investimento.
Attualmente la Galleria propone arte moderna e contemporanea, italiana ed extraeuropea.
Galleria Gracis: Novecenti, La discontinuità di un secolo.
Dal 10 dicembre a fine febbraio 2021, ha presentato una splendida mostra: Novecenti, La discontinuità di un secolo.
Campigli (1895/1971), Carrà (1881/1966), Casorati (1883/1963), De Chirico (1888/1978), De Pisis (1896/1956), Funi (1890/1972), Morandi (1890/1964), Sironi (1885/1961), Sassu (1912/2000), Terzolo (1904/1975). Tutti testimoni silenziosi di un arco di tempo che va dagli anni venti agli inizi anni ’60. In mezzo, le due guerre, il nazismo, il fascismo, la guerra di Spagna, il regime di Stalin.
Davanti allo sgomento di quel tempo, allo sgretolarsi di tutte le certezze, questi artisti italiani, alcuni dei quali erano partiti come volontari nella prima guerra mondiale, hanno attitudini diverse e ci restituiscono il momento storico con linguaggi personali e autonomi. Nessuna delle opere esposte presenta traccie della distruzione bellica, come se i loro autori raccontassero volutamente la storia di quello che non si vede ma che è rimasto nel loro animo.Ritroviamo l’ anelito a ricomporre l’ordine post bellico, nel paesaggio ordinato di Carrà, luogo dell’utopia e del desiderio (Marina, Paesaggio). Il linguaggio plastico e semplificato di Casorati per rappresentare un mondo raggelato e senza tempo (Bambina con bambola, Piatto e flauti, Natura morta con uova). Sentiamo la grande poesia dell’antichità nelle donne di Campigli, nel suo viaggio a ritroso nel tempo (Le Métro, Paesaggio, Femme avec collier, Busto). Le inquietudini di un’esistenza nomade tra basse e alte maree della vita, nelle nature morte di Filippo De Pisis. Incontriamo i simboli misteriosi, onirici e allegorici insieme ai personaggi sfuggenti nella pittura e scultura metafisica di De Chirico (sette opere presenti in mostra). L’immaginazione allusiva e straniante nella tela del piemontese Terzolo, che fa da filtro ad un’istantanea di interno di vita quotidiana (Buona Musica).

Esposta, anche se non facente parte della mostra, un’opera di Chagall (1887-1985) ha attirato la nostra attenzione: le peintre au coq, (gouche, china, pastello e inchiostro di china su carta giapponese 66,8×49,8). Amiamo molto questo pittore, forse perchè con la sua arte ha creato un nuovo modo di riflettere sulle catastrofi, ha dato un piccolo aiuto alla resilienza collettiva. In questa opera, ritroviamo tutta l’allegoria lirica del mondo dell’artista, insieme alla sua visione onirica e poetica dell’esistenza, il suo sguardo incantato malgrado la vita sguaiata. C’è un gallo che richiama la sua origine ebraica (il gallo è infatti presente nella cerimonia di purificazione ebraica) ma anche l’annuncio del nuovo giorno dopo la notte buia; una finestra, uno spazio aperto sulla memoria ma anche una fuga dal mondo; decorazioni che ricordano la sua terra natale; una vaga erranza; una coppia di innamorati, che ricorda l’amore per Bella, moglie e musa, che gli resterà tatuato sulla pelle anche dopo la morte di lei. Perchè come dirà lui stesso,“nelle nostre vite, come sulla tavolozza del pittore, c’è un solo colore che dona senso all’arte e alla vita stessa: il colore dell’amore” .
Contatti
Galleria Gracis
Piazza Castello, 16 – 20121 Milano
tel. +39 02 877 807
e-mail: info@galleriagracis.com
Orari di apertura
dal Lunedì al Giovedì: 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
Venerdì: 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
Sabato su appuntamento