Processo commissione grandi rischi: i ricordi di quella notte,la deposizione dei testimoni dell’accusa fra la rabbia di Vincenzo Vittorini

di Andrea Marasea
L’Aquila. La terza udienza del processo alla commissione Grandi Rischi è cominciata con una proiezione, quella di uno spezzone del film “Draquila: l’Italia che trema” di Sabina Guzzanti. La decisione e’ stata presa dal giudice Marco Billi dopo l’ennesima rimostranza dell’avvocatura di Stato, responsabile civile. In assenza dell’avvocato Carlo Sica, il sostituto, Massimo Giannuzzi, ha chiesto di visionare lo spezzone in aula.
“Questo documento – ha detto il giudice- allo stato non e’ accessibile a chiunque abbia interesse ne’ e’ possibile farne copia o visionario presso la cancelleria. Rimane il problema di una sostanziale lesione del diritto di difesa.
Quantomeno chiedo di visionare in aula la parte che e’ stata ammessa, altrimenti verrà eccepita fin d’ora la nullità di tutti gli atti successivi”. Billi ha autorizzato la osservazione dello spezzone in aula,dichiarando però: “a me risulta che non ci sia stata richiesta in cancelleria di vedere il film”.
Davanti al giudice Marco Billi hanno deposto i testimoni dell’accusa, rappresentata dai pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio, con loro i parenti delle vittime: Corrado Giallonardo, Pier Paolo Visione, Ortensia Tomei. I loro racconti sono stati tutti concordi su un argomento: la Commissione grandi rischi dichiarò ai mass media l’assenza di rischi, rassicurò i loro cari, li indusse la notte del 5 e 6 aprile notte a non uscire di casa, anche dopo le scosse delle 23.00 e e delle due del mattino, prima di quella fatale delle 3.32. dalle dichiarazione è emerso chiaramente che: ”Ci avevano detto spiegano un po’ tutti che tanto non ci sarebbero state scosse più forti di quella del 30 marzo, che si trattava di un rilascio graduale di energia, che non c’era nulla da temere”
Nella sua deposizione, Visione ha dichiarato: “n quei giorni – ha ricordato – c’era massima attenzione in città, tutti avevano bisogno di capire cosa stesse succedendo, ma c’era un vocio, nessuna istituzione forniva informazioni. Dal 20 marzo, la cosa andava crescendo. Era tutto ovattato, più di tanto non si poteva dire altrimenti si parlava di procurato allarme. L’arrivo della Commissione Grandi Rischi all’Aquila era un fulmine a ciel sereno – ha proseguito – arrivano i professionisti che dovevano salvare o almeno dare indicazioni a noi poveri provinciali.”
Ricordiamo che l’organo consultivo della presidenza del Consiglio è accusato di aver realizzato ispezioni approssimative e aver dato fittizie assicurazioni ai cittadini de L’Aquila nei giorni che precedettero il 6 aprile 2009, causando il decesso di 309 persone.
Gli altri imputati sono Franco Barberi: presidente vicario della commissione Grandi Rischi, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e. e Claudio Eva, professore ordinario di fisica all’Università degli Studi di Genova.
I capi di accusa per tutti sono: omicidio colposo, lesioni personali colpose e cooperazione nel delitto colposo.
La deposizione di Visione è stata molto chiara.
Il testimone ha sottolineato il diverso atteggiamento degli aquilani in circostanza di sismi precedenti. “Negli anni settanta” ha dichiarato “ricordo che uscimmo con il pigiama e dormimmo fuori dopo una scossa. Non solo quello, noi aquilani eravamo abituati ad
avere un certo comportamento, come quando ci fu uno sciame e i professori ci fecero uscire dalla scuola media, che fu chiusa per due giorni. La città reagiva in un certo modo”.
“Nei giorni precedenti alla riunione della Commissione” ha precisato “mia sorella si era attivata per costruire una casetta di legno a Prata d’Ansidonia. C’era qualcosa che non le quadrava. Lei mi disse però che se lo dice la Commissione Grandi rischi, dobbiamo stare tranquilli.
Continua dicendo: “Siamo una famiglia di funzionari pubblici, per noi l’istituzione aveva detto qualcosa poi non smentita. Lei aveva visto quel messaggio dirompente e che io definisco assassino: non c’è allarme, non c’è pericolo. Questo era quello che diceva lo Stato italiano. L’arrivo della Commissione Grandi Rischi fu un fulmine a ciel sereno, arrivarono i professionisti che dovevano salvare o almeno dare indicazioni a noi poveri provinciali”.
Claudia Conti, fidanzata del giovane Alessio Di Pasquale, lo studente di ingegneria marsicano morto nel crollo dell’edificio di via Campo di Fossa ha dichiarato: ”Alessio ed io parlammo e ci dicemmo che gli esperti avevano detto che non sarebbe successo niente, era giusto credere a loro perché sapevano di cosa parlavano”.
“l’atteggiamento di Alessio era cambiato. Dopo il 31 quando arrivava la scossa mentre mangiava, restava seduto. Alessio stava tranquillissimo dopo il 31, prima invece aveva paura e nei giorni precedenti lui scappava di casa”.
La mamma ha ricordato di aver invitato insistentemente il figlio a tornare a casa. “Non disfare il trolley, non ti fermare, gli dissi dopo che era caduto un quadro. Non sono una sensitiva ma ho la sensibilità delle mamme, quello non era stato un buon presagio e mi aveva lasciato più timorosa del solito”. Alessio fu inflessibile e disse: “Mamma, si è riunita una commissione di scienziati e ci hanno detto di stare tranquilli perché queste scosse sono di basso rilievo non credo ai presagi”.
ll giudice Billi ha fissato un corposo calendario di appuntamenti per tutto il 2012: la prossima udienza è fissata per sabato 29 ottobre, a seguire il 9 novembre.
24/10/2011