Metanodotto Snam: una Val di Susa umbra?

di Luca Bolli
Da qualche tempo sta nascendo in Umbria una disputa tra istituzioni nazionali e regionali, comitati cittadini e organizzazioni ambientaliste che rischia di degenerare in modo serio, qualora non si decida di collaborare seriamente in modo da trovare alternative valide e sensate. La vicenda è nota da anni ma, a livello nazionale, è piuttosto sottaciuta e non vorremmo che, in ossequio alle moderne teorie dello stato di diritto, si arrivi alla concessione dell’autorizzazione ai lavori senza voler ascoltare le opinioni e le osservazioni dei diretti interessati: i cittadini.
L’opera è stata già dichiarata di pubblica utilità in data 28 giugno 2004 con decreto del Ministero delle Attività Produttive (oggi Ministero dello Sviluppo Economico) ma ad oggi non è ancora partita la realizzazione anche grazie ai dubbi sollevati dai numerosi comitati e organizzazioni che si battono tenacemente contro di esso. Ma perché tanto fermento per un opera non certo imponente come la struttura che ha portato agli scontri in Val di Susa? Certo l’accostamento tra le due storie vuole essere più una provocazione da parte nostra ma a ben vedere, tralasciando le caratteristiche tecniche tanto differenti, non sembra sbagliato prendere a modello la vicenda del ben più noto progetto TAV. Le considerazioni dei due comitati, formatisi in seguito al rifiuto degli organi governativi di ascoltare i dubbi sollevati dagli stessi, sembrano, in fondo, essere le stesse: fattibilità del progetto, convenienza reale dello stesso alla fine dei conti, rischio sismico, ripercussioni sul turismo, impatto idrogeologico e ambientale sulle zone interessate.
Il tracciato del gasdotto dovrebbe, secondo il progetto in essere, attraversare le zone umbre del Parco dei Monti Sibillini, i boschi del bacino di Gubbio, il fiume Topino e i boschi di Pietralunga, attraversando di fatto tutta la dorsale est della regione, una zona cioè che, oltre ad essere di notevole interesse turistico, è soprattutto ad alto rischio sismico. Va ricordato infatti che, stando ad un comunicato della Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Cai Umbria, su un totale di 28 località, divise tra Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche, ben 14 sono classificate come facenti parte alla Zona Sismica 1 e le restanti alla Zona Sismica 2.
In relazione al querelle nata attorno al progetto del metanodotto in questione, che su territorio nazionale dovrebbe collegare Brindisi a Minerbio, le ultime parole pronunciate sono state quelle dell’assessore regionale all’Ambiente e Territorio Silvano Rometti che, incontrando i comitati in causa, ha dichiarato, non senza ambiguità, di voler giungere, in accordo con le altre regioni interessate, ad una posizione unica e decisa da portare davanti alla Conferenza Stato-Regioni, la quale poi dovrà dare o meno il parere circa la fattibilità della cosa.
I comitati e le organizzazioni che si battono, non per la cancellazione del tracciato del metanodotto, ma per una soluzione più credibile e di minore impatto, stanno sicuramente aspettando una proposta decente.