Toscana, record nel consumo di antidepressivi

Se sia l’effetto della precarietà, che soffoca ogni previsione appiattendo la vita in un inappagato presente, o della rinnovata attenzione verso le patologie psichiatriche resta ancora un nodo da scogliere. Sul tavolo però rimane un punto fermo: la Toscana è la regione con il più alto consumo di antidepressivi d’Italia, +50% rispetto alla media nazionale. Dato che non fa ben sperare, nonostante la riduzione del numero di ricoveri a cui, parallelamente, è corrisposto un aumento nei trattamenti day hospital o presso servizi territoriali. Ad essere afflitti da problemi psichiatrici sono sopratutto gli uomini in giovane età, vengono poi le donne con oltre 40 anni.
Scattano gli interventi volti alla gestione del problema sanitario. E per tracciare un quadro della situazione in merito alla salute mentale della regione, è in programma mercoledì prossimo il convegno, organizzato dall’Agenzia regionale di sanità della Toscana, “Epidemiologia della salute mentale in Toscana”. L’incontro rivolto a chi opera nel settore dei servizi di cura dei disturbi della mente.
Una tendenza non solo italiana. Secondo un recente studio condotto dall’Unione Europea, circa un cittadino su 10 soffre di patologie psichiatriche e tra queste la depressione rappresenta il problema più urgente. Statistiche che se rapportate al nostro Paese delineano i contorni di una immagine a tinte ancora più fosche. Solo il 33% degli intervistati dichiara di non essersi mai sentito profondamente abbattuto nelle ultime quattro settimane (contro una media europea del 47%), mentre appena il 16%, rispetto al 35% dei cittadini UE, non si è sentito demoralizzato e triste. Nella sola Toscana oltre il 2% della popolazione, pari a circa 78.000 persone, ha fatto ricorso nel 2010 a un servizio territoriale di salute mentale. Nel 40% dei casi si è trattato di nuovi utenti.
Difficile l’individuazione di una unica causa. Allo studio sono vagliati aspetti quali la precarietà economica e lavorativa, il luogo di residenza e un arricchimento in termini di sensibilità a patologie quali ansia e depressione. Che fino a pochi anni fa erano assai meno stigmatizzate dalla popolazione. Il dubbio allora sorge spontaneo: siamo sicuri che non sia proprio il massiccio ricorso alla medicina, insieme ad altre cause ambientali, a sortire proprio l’effetto opposto a quello desiderato?
Iacopo Bernardini
24 gennaio 2012