La leggenda del santo bevitore: il dramma del senza patria
Sino al 12 febbraio 2023 il Teatro Franco Parenti di Milano presenta La leggenda del santo bevitore. È l’ultima novella di Joseph Roth parzialmente autobiografica ed enigmatica. Fu pubblicata dopo la sua morte avvenuta nel maggio del 1939 a Parigi.
Lo scrittore e giornalista ebreo austriaco, cantore dello sgretolamento dell’impero asburgico, il giorno in cui Hitler aveva preso il potere nel gennaio del 1933, era scappato a Parigi.
Lì aveva cominciato la vita di stenti da esule, da senza patria, da profugo. E l’alcol, già presente nella sua vita, diventava l’unico rifugio necessario contro la vita sguaiata.
Mentre i suoi libri nell’amata terra natia venivano dati alle fiamme, lui continuava comunque a scrivere accompagnato da bicchieri di pernod al Cafè Tournon, al 18 della rue de Tournon.
Ed è proprio là, ad un anonimo tavolino del Cafè, che la regista Andrée Ruth Shammah sceglie di farci incontrare l’autore, la sua opera e il suo personaggio.
La leggenda del santo bevitore: il gioco di rimandi della regia
Lo fa con un gioco di rimandi, di traiettorie che si intersecano e che sembrano disegnare un labirinto che ci parla da subito della complessità del Mondo, dell’altalenarsi tra bene e male, perdizione e redenzione. Ma anche del suo eterno ripetersi.
Eppure il testo è semplice, tra favola e parabola. Il linguaggio fantasioso, l’unico forse capace di rendere più tollerabile una realtà insostenibile, racconta di miracoli possibili che si ripetono magicamente, mentre il personaggio precipita verso un naufragio già scritto.
Il tutto è avvolto da un’atmosfera di stupore, di meraviglia, anche di umorismo, che confonde lo spettatore. Inevitabili i parallelismi tra gli esuli di ieri e di oggi e quella domanda paralizzante: libero arbitrio o destino che segretamente ci spinge verso una storia già scritta?
Libero arbitrio o destino?
La regia accompagna il naufrago senza giudizio e con lo stesso affetto che lo scrittore nutre per il personaggio che poi è se stesso: esule come lui, incapace di guardarsi allo specchio, ha rinunciato a difendersi, a combattere contro il destino, la vita e l’alcolismo.
Ce ne parla dapprima una giovane donna che trova il libro di La leggenda del santo bevitore su un tavolo del bar. Comincia dunque a raccontarci di Roth e di Andrea, il santo bevitore, un vagabondo esule che crediamo vedere sul palco.
Invece è l’autore stesso Roth, Carlo Cecchi, che si muove instabile e insicuro all’interno del Cafè. Vuole continuare a raccontare al barista poco partecipe, la storia di Andrea, mentre la parola si impasta, la lingua si inceppa.
Il narratore parla quindi in terza persona del vagabondo, prima minatore in Polonia, poi esule a Parigi dove è stato incarcerato per aver ucciso il marito violento della sua amante. Uscito di prigione una sera riceve sotto un ponte, da un benefattore, tanti soldi. Dovrà offrirli in chiesa, a Santa Teresa, la domenica successiva.
Il vagabondo, che è un uomo d’onore anche se senzatetto, accetta, certo di poterli portare in chiesa. Ma piccole tentazioni gli impediscono di farlo e presto si ritrova senza soldi. Anche se i miracoli si riproducono, lui si ritrova sempre a spendere o perdere i soldi.
La morte in chiesa del santo bevitore diventa quasi una liberazione, una sorta di mistica redenzione al punto che Roth rivolge un omaggio a tutti i bevitori: che Dio conceda a noi bevitori, una morte cosi dolce e bella!
Teatro Franco Parenti
via Pier Lombardo 14
Biglietteria 02 59995206
biglietteria@teatrofrancoparenti.it
http://www.teatrofrancoparenti.it
La leggenda del santo bevitore
di Joseph Roth
regia Andrée Ruth Shammah
con Carlo Cecchi
e con Roberta Rovelli e Giovanni Lucini
spazio scenico disegnato da Gianmaurizio Fercioni
con le suggestioni visive di Luca Scarzella e Vinicio Bordin
luci Marcello Jazzetti
costumi Barbara Petrecca
produzione Teatro Franco Parenti