Kae Tempest: la creatività delle parole tra poesia e musica

Finalista al Costa Book Award e al BRIT Award, due volte in finale per il Mercury Prize e altrettante per l’Ivor Novello Award, nel 2014 la Poetry Book Society ha inserito il suo nominativo nella lista Next Generation Poet, che ogni dieci anni individua le venti voci poetiche più promettenti del panorama britannico. Kae Tempest pubblica nel 2019 il suo quarto album musicale, The Book of Traps and Lessons.
Il percorso di liberazione
Dopo tre anni dall’ultima opera, le parole di Tempest sono tornate in musica con un nuovo album intitolato The line is a curve. È il suo primo disco da quando – ad agosto 2020 – ha scelto il nome Kae e si è dichiarata una persona non binaria, scegliendo di usare per sé il pronome neutro they/them. È un percorso di liberazione che parte dall’isolamento e dall’alienazione descritta nel primo brano, Priority boredom, ma che poi si apre all’incontro e all’amore, evocato nell’ultimo pezzo, Grace. Come ha scritto Tempest nel testo di presentazione del lavoro, The line is a curve è un disco «sul lasciarsi andare». L’artista è ormai tra i pilastri della musica contemporanea nella sua accezione più teatrale e stavolta punta sulla collaborazione, come dimostra la presenza di alcuni ospiti coinvolti nel disco: Kevin Abstract, Grian Chatten dei Fontaines D.C., Lianne La Havas, Confucius MC. A questi -racconta Tempest – si aggiungono tre linee vocali di diverse generazioni di persone registrate in un solo giorno: «Un uomo di 78 anni che non ho mai conosciuto, una donna di 29, la poetessa Bridget Minamore, che è una mia cara amica, e poi tre giovani fan di 12, 15 e 16 anni che hanno risposto a un post sui social».

The line is a curve
Come spiega l’artista in questa intervista «The line is a curve è una specie di risposta ai miei album precedenti, nei quali ero ossessionato dalla narrativa e dalla fiction. Stavolta parlo soprattutto di me, e non a caso ho messo la mia faccia in copertina, fotografata dal tedesco Wolfgang Tillmans. Ho registrato tutto in presa diretta, al primo colpo, tre pezzi al giorno di fronte a un pubblico di una sola persona. Erano uomini e donne di tre diverse generazioni. Questa scelta mi ha complicato la vita, ma mi ha anche permesso di essere più diretto, viscerale. Prima di incidere ogni brano mi preparavo come faccio per un concerto: accendevo un paio di candele, il mio cane Murphy dormiva sul pavimento, e quando mi sentivo pronto andavo a registrare. È stato strano, ma emozionante». Il disco è una dichiarazione energica dello spessore dell’artista che ha raggiunto il picco, in serenità, della sua espressione. E lo spiega chiaramente Tempest : «Questo disco parla di lasciare andare. Di vergogna, ansia, isolamento e di caduta nella resa. Di accettare la natura ciclica del tempo, crescita e amore». È proprio questa serena accettazione di sé che giunge a noi come punto di arrivo inestimabile per la sua pace interiore, monito per chi lo ascolta, per chi lo legge e per tutti coloro che cercano una strada definita da seguire che, alla fine, semplicemente non esiste.