Hube non ha mai imparato

2020 arriva il primo libro 33, tre anni dopoColla 00139, il 2025 di Hube segna l’uscita del suo terzo lavoro Non ho mai imparato, libro edito per GOG Edizioni.
Ciao Marco e bentornato, partiamo dalla casa editrice. Perché GOG?
Ho conosciuto Lorenzo Vitelli e la realtà editoriale di Gog quando mi hanno invitato a Palazzo Brancaccio per un talk qualche anno fa subito dopo il Futuro Festival.
Avevo preso da loro il Libretto Rozzo dei Cccp e il libro fotografico Pictures From Italian Profiles di cui mi ero innamorato, forse uno dei miei libri di fotografia preferiti, oltre ai versetti sardonici di Dino Risi, per me un piccolo capolavoro.
Ci siamo trovati, e dopo qualche settimana ho tirato fuori questo progetto per mostrarglielo, un librone pieno di anni di vita e di foto, quest’ idea su cui lavoravo da un po’ di tempo di fotografie e pochi versi.
Lorenzo mi è sembrato capirlo subito.
Da dove nasce la necessità artistica di questo libro?
Da tempo le immagini mi parlano insieme alle parole, a volte anche meglio. Ci trovo meno manierismo, più sincerità, le trovo più immediate e spesso mi ci fermo più a lungo. Ho perso tanti ricordi negli anni, ma la storia che racconto parte da lontano e non si è mai interrotta. Questo è il modo in cui la vedo ora, gli occhi che ho adesso. Ci sono poche parti scritte nel libro ma per me molto significative, mettono insieme un po’ tutto, raccontano. Cerco meno parole ma che abbiano più peso, e delle immagini che parlino per me, per tutta questa nostra storia.
Un libro che racchiude in realtà un progetto a largo respiro. Puoi dirci cosa c’è oltre? Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
Sto usando tanti supporti, oltre le foto e le scritte per sviluppare le idee.
Questo libro è quasi un manifesto direi, e, vorrei che questo fosse solo l’inizio di un racconto.
Guardando in città qualcosa succede sempre..
Sfogliando le pagine, ci racconti la TUA Roma con la TUA gente. Cos’è Roma per Hube?
Ho messo insieme tanti anni e molte storie, strati di vita e di movimenti.
Dalle foto di fine anni ottanta che a guardarle non sembrano vere fino alla città di oggi o di me bambino.
Roma è tantissime cose, tanti strati culturali, al momento la culla dell’ inferno o un purgatorio eterno per molte persone in gamba che cercano di sopravvivere.
Lo storie da raccontare però qui non mancano mai.
Dicevano che ci ce la fa a New York ce la fa ovunque, se ce la fai a Roma per me vale il doppio.
C’è uno scatto tra quelli presenti al quale sei particolarmente legato? Perché?
Avrai rullini e rullini da parte, con quale criterio hai scelto le foto da mettere nel libro?
Volevamo fare un racconto per immagini e sensazioni più che un catalogo di spot o di scritte come spesso succede.
Credo che la città, le persone, le epoche siano molto interessanti e si muovano insieme ai segni che la raccontano.
Ho cercato una storia, musica che suonasse senza delle regole troppo precise, un’armonia di racconto.
L’aiuto di David e dei ragazzi di Bahut Studio è stato fondamentale per trovare una chiave anche un po’ diversa da quella che avevo in mente all’inizio.
È stato bello lavorare con loro e il materiale era veramente tanto, si trattava di mettere le mani su quasi 400 rullini e scansioni a partire dal 1984, le foto col bavaglino.
Loro e Nicola, alla fine, hanno raccontato questa storia con me.
Non hai mai imparato, questo è chiaro. C’è qualcosa che invece vorresti imparare in questa vita?
A stare bene, la cosa più difficile direi.
Hai intenzione di presentare il libro anche in altre città?
Sicuramente sì da Settembre.
Questo libro è la somma delle esperienze visive e di vita di Marco. Tornando indietro nel tempo cosa consiglieresti al Marco del primo tag sul muro?
Non lo so, forse passerei del tempo con lui, proverei ad aiutarlo a cercare una strada.
Ma questa è la storia di 33, il mio primo libro.
Siamo già al terzo ormai, mi sa che quel ragazzino faceva sul serio.