Essere leggenda: la nostra intervista a Vincenzo Maenza
Vincenzo Maenza non ha bisogno di troppe presentazioni, per lui può tranquillamente parlare il suo palmares: due ori alle Olimpiadi (Los Angeles 84 e Seul 88), un argento a Barcellona 92, due Mondiali, un Europeo, sei campionati italiani nella categoria 48 kg e sette nei 52 kg; a sedici anni Vincenzo militava già nella nazionale maggiore… a tutti gli effetti una leggenda vivente.
Ciao Vincenzo e benvenuto su 2duerighe.com , iniziamo con qualche domanda di rito: com’è nato il tuo amore per la lotta greco-romana?
Un amico del mio quartiere mi invitò a provare la lotta, andammo in palestra il giorno dopo e da quel giorno mi innamorai di questo sport.
Los Angeles e Seul, hai portato a casa oro in entrambi i casi, quale delle due Olimpiadi è stata la più difficile?
Sicuramente quella di Seul, è stata un’olimpiade completa e non boicottata come quella di Los Angeles. In Corea ho incontrato e battuto l’avversario più forte di sempre: il bulgaro Bratan Tzenov.
Hai alle spalle un numero spropositato di incontri, qual è stato il più difficile?
La finale olimpica di Barcellona con il sovietico Oleg Kucerenko.
Ogni lotta un ricordo, se ti dicessi di sceglierne una quale sceglieresti?
La semifinale olimpica di Seul con il bulgaro Bratan Tzenov perché era l’atleta più forte al mondo della mia categoria e posso dire che la vittoria in quell’incontro è stata l’apice tecnico della mia carriera.
Tralasciando per un momento i record e le vittorie agonistiche, qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato la lotta?
La lotta mi ha insegnato ad affrontare le difficoltà della vita nel miglior modo possibile, con la massima determinazione.
Finale delle Olimpiadi di Barcellona: cosa non ha funzionato in quella lotta?
In realtà non potevo fare di più, il mio avversario era molto più giovane di me, fisicamente più potente e con una difesa impeccabile che non riuscii a sfondare nonostante il ritmo mostruoso che impostai.
Sei stato allenato da Gyuro Gyurov, quanto è stata importante la sua figura nella tua carriera e perché?
Fu importante poiché aveva un bagaglio tecnico di altissimo livello mondiale e dal punto di vista umano sapeva come prendermi e come gestirmi , avevamo un gran feeling.
“Pollicino”, chi ti diede questo soprannome?
Sinceramente non lo so, presumo un giornalista della mia zona comunque è un soprannome che mi piace molto e mi si addiceva.
Da agonista ad allenatore: cosa hai cercato di trasmettere ai tuoi allievi?
Impegno, serietà, determinazione, sacrificio ed i concetti tecnici che ho acquisito nella mia carriera cercando di creare affiatamento nel gruppo.
Come lottatore hai avuto dei punti di riferimento?
Il mio allenatore ed il mio preparatore Vittorio Romanacci, un mostro.
Uno sguardo al presente: la nostra nazionale è pronta per le prossime Olimpiadi?
Si, con gli atleti stranieri che sono andati a comprare all’estero.
Com’è cambiata la lotta dai tuoi tempi ad oggi?
Il regolamento cambiava ogni quadriennio olimpico, al giorno d’oggi sembra che le nazionali a livello fisico siano più preparate ma a livello tecnico sono sempre le stesse nazionali ad essere le più forti, quelle con la tradizione più grande: la Russia (ex URSS), Iran e USA.
Grazie mille per il tempo dedicatoci.
Grazie a voi.