Come “condividerci” un mondo tra sharing e new economy
Quanto ci piace saltellare tra le mutevolezze del lessico mediatico. Sulla scia della “globalizzazione”, ci siamo aggiornati negli ultimi tempi con “uberizzazione” per indicare la “condivisione” dei beni di consumo secondo la logica di una sharing economy basata sul riuso anziché sulla proprietà.
In realtà, la condivisione di un bene è cosa antica. Trae infatti origine dall’enfiteusi, quel negozio giuridico del diritto romano in grande espansione nel periodo feudale e assai fiorente nell’800, tuttora esistente ma caduto in disuso. Mutatis mutandis, oggi la maggior parte degli italiani, ancora legati al concetto di proprietà per atavica tradizione trasmessa di padre in figlio, si ritrovano sulle spalle a pagare il mutuo della casa o le rate della macchina e quant’altro. Vediamo allora come la società italiana – ma anche europea e vogliamo dire mondiale – sia in qualche modo spinta ad adeguarsi a certi modelli di condivisione, configurandosi al momento in una sparuta classifica.
Ci troviamo infatti di fronte ad una sempre più consistente fetta di povertà che rasenta l’indigenza; a pochi ricchi che detengono il potere economico; infine ad un’assottigliata classe media impoverita dalla sfavorevole congiuntura dell’ultimo decennio, che ha imposto misure restrittive in ogni comparto d’impresa produttiva, in primo piano i grossi gruppi industriali, mandando sul lastrico migliaia di persone. Tuttavia, appare piuttosto vago incasellare il tessuto sociale in strette categorie poiché ognuna di esse contiene delle variabili dipendenti da numerosi fattori da affidare ad analisi ben più approfondite.
Se anche i ricchi piangono, vengono in mente i proprietari di castelli e dimore nobiliari, i quali, al fine di ammortizzare il pagamento delle tasse e le ingenti spese di ristrutturazione, ricorrono all’affitto delle loro proprietà per eventi culturali e visite turistiche a pagamento. Quindi, invasione della loro dorata privacy. E, se sgorgherà qualche lacrimuccia, andrà a bagnare i tappeti delle loro Rolls Royce, anche quelle affittate a 100 euro l’ora per cerimonie nuziali ed affini.
Quel che rimane del ceto medio, qualora non si sia fatto gabbare dalle banche in operazioni che l’hanno lasciato in mutande, non si espone più di tanto a spese superflue temendo tempi peggiori. Anche il passaggio in automobile dato a persone che devono recarsi al lavoro sullo stesso percorso sarà un efficace metodo di risparmio. Infatti, oltre alla condivisione del carburante, si eviterà la circolazione di tante autovetture con una sola persona a bordo a fini ecologici. E, in periodo di vacanze, la casa acquistata con qualche sacrificio o avuta in eredità dai nonni o dallo zio d’America, potrà essere scambiata con quella di amici residenti in altre città o all’estero. C’è chi poi, per forzata inattività lavorativa, sbriglia ogni sua capacità creativa per far quadrare i conti di fine mese, mettendo a disposizione la casa per cenette condivise tra amici, dove ognuno pagherà una quota stabilita all’ospitante, chef improvvisato di manicaretti e leccornie.
Chi rimane? I poveri, quelli veri e non quelli fasulli, i quali non possono condividere con gli altri ciò che non hanno. Ai poveri tanto scomodi, tanto imbarazzanti, sarà offerto il lusso di condividere la testimonianza diretta del loro stato, con la più ampia visibilità sul teatrino di ogni trasmissione televisiva, attori protagonisti del “presente indicativo” del nostro Paese.
Robottizziamoci
Intanto, trascinati da una galoppante new economy, che in ambito tecnologico segna la grande contraddizioni dei tempi, dietro l’angolo si sta muovendo tutto un esercito, che non sarà come quello cinese di terracotta, ma di ferraglia. Sono tanti omini di latta, simili a quello che andava dal mago di Oz per chiedergli un cuore che aveva perduto. Sono quelli che oggi chiedono un’intelligenza quanto più simile alla nostra per allinearsi a noi umani. Le chiamano intelligenze artificiali. Mr. Robot non mangia, non si sposa, non va in vacanza, non si ammala, non chiede permessi, rivelandosi l’optimum per l’abbassamento dei costi aziendali
In Italia esistono da tempo importanti aziende di ricerca che stanno lavorando per sviluppare le numerose potenzialità della robotica in ogni campo, dove macchina-uomo diventerà un binomio che può lavorare in perfetta sinergia. Naturalmente, più robot ci saranno in un posto di lavoro, meno necessità del fattore umano. Ma anche il robot, come tutte le macchine, sarà soggetto a qualche sbalzo… d’umore. In tale prospettiva, dobbiamo prepararci a sfornare tecnici capaci di aggiustare qualche rotella che vola via. Non basterà un oliatore per rimettere a posto le giunture dell’omino di latta come nella favola di Oz, ma serviranno delle specifiche professionalità tecniche che non dovranno trovarci impreparati.
Abbiamo visto un documentario dove, in alcuni villaggi sperduti all’est del globo e difficili all’uomo da raggiungere, un simpatico robottino con gli occhi a mandorla si sostituisce al maestro attraverso uno schermo televisivo per impartire ai bambini lezioni, dare compiti a casa e quant’altro.
In tale scenario, ci si chiede come potrà evolvere il rapporto uomo-robot, se nasceranno vincoli di amicizia come fra umani. O litigheremo anche con queste macchine che vorranno reclamare la loro autonomia, nel ricordo del film assai divertente di Alberto Sordi (1980) dal titolo Io e Caterina?
Condividere noi stessi
Forse, l’unica ricchezza che rimane a tutti quanti è l’atto della condivisione, inteso non come spartizione di risorse materiali ma quel sentimento che scavalca ogni tempo e ogni luogo, che ci porta a voler trasmettere le nostre emozioni nelle più diverse circostanze. Ognuno di noi ha racconti nuovi da inserire nell’altrui portfolio esperienziale, poiché rinchiudersi in se stessi è la condizione più nociva che può capitare ad un essere umano generando malattie di ordine psicologico. Condivisione è quindi anche amore per la vita e per il prossimo. In una parola, l’uomo è un animale sociale e gli animali stessi, di qualsiasi specie, terrestre, volatile, marina, vivono in branco perché da soli non potrebbero sopravvivere.
Regaliamoci anche noi un cuore nuovo come l’omino di latta, condividiamo quanto ci resta della nostra affettività più buona (come il colesterolo HDL), quando oggetti e persone vengono posti allo stesso livello diventando un unico prodotto di scambio. Anche la moglie o il marito…