Francesco Motta, live al Monk di Roma, concerto Sold-Out
Francesco Motta live con il suo tour “La fine dei vent’anni” venerdì sera, 17 marzo, al Monk di Roma, locale underground che si sta affermando sempre di più come scena romana della musica indipendente italiana ed internazionale. La data prevista per la tappa romana del cantante originario di Pisa, era stabilita per sabato 18 marzo. La data del 18 marzo è andata subito Sold-out, così si è proposto di bissare per il venerdì 17; ed è stato un nuovo Sold-out. Tanto pubblico a seguire il giovane trentenne pisano che nelle sue canzoni elabora una sorta di manuale pronto all’uso per affrontare la fine dei vent’anni e l’inizio dei famigerati trenta, che Motta ha compiuto lo scorso ottobre.
L’album di Motta ha avuto grande seguito da quando è uscito esattamente un anno fa, lo scorso 18 marzo. Da allora Motta ne ha fatta di strada e ne ha fatti di concerti. Ma come lui stesso ci tiene a sottolineare, “La fine dei vent’anni” è solo il primo album da solista. Motta ha alle spalle un’esperienza di dieci anni, a suonare per i pub d’Italia e “a mangiare camogli” come è solito scherzare. Motta è un animale da palco, un cantautore, un cantante e un polistrumentista; per anni è stato voce e batteria del gruppo Criminal Jokers, che si formano a metà degli anni 2000 a Pisa come gruppo busker di matrice punk. Il disco d’esordio è stato This Was Supposed To Be The Future in inglese, a cui ha fatto seguito un secondo album, nel quale la band decide di avvicinarsi alla lingua madre, l’italiano. Così Francesco Motta, voce, batteria e paroliere del gruppo si mette al lavoro e il risultato, pubblicato nel settembre 2012, è l’album Bestie. Motta ha voluto omaggiare la sua esperienza con i Criminal Jokers interpretando il primo singolo tratto da Bestie, la canzone Fango e facendo salire sul palco il bassista dei Criminal, Simone Bettin.
Come ha dichiarato in una recente intervista e ribadito sul palco del Monk, alla fine di questo tour, dopo un anno trascorso a fare concerti in tutta Italia, Motta avrà bisogno di andare dallo psicologo per riprendersi. Ama ripetere che “La fine dei vent’anni” è un album sentito, un album per produrre il quale ci sono voluti dieci anni, e l’aiuto di alcune persone importanti come la madre e il padre del cantante; a quest’ultimo è dedicata la canzone “Mio padre era comunista” che suona come un omaggio all’idealismo di chi crede ancora che l’amicizia e la rivoluzione siano cose vere e ancora sincere. Un ringraziamento particolare che Motta non manca mai di fare, un omaggio ad un cantante di cui in Italia si parla troppo poco, è quello rivolto al produttore de “La fine dei vent’anni”, Riccardo Sinigallia, produttore e anche coautore di alcuni brani. Ricordiamo tra l’altro che “La fine dei vent’anni” è disco vincitore del Premio Tenco 2016 sezione “Opera prima”.
Grande l’energia che Francesco Motta mette sul palco nell’interpretare i suoi pezzi, energia accompagnata dalla qualità impeccabile della sua voce capace di reggere in modo impeccabile il palco del Monk. Il pubblico coinvolto e appassionato canta le canzoni e si lascia trasportare dall’energia e dalla potenza dei pezzi. Motta dice più volte di dover ringraziare la città di Roma per averlo adottato, città a cui ha dedicato un pezzo “Roma stasera”. Ma non è questa la canzone con cui decide di chiudere il concerto. Prima di lasciare il suo pubblico avvisa che quella a seguire non sarà l’ultima canzone, ma sono un consiglio, un monito per il futuro. La canzone di chiusura è “Prenditi quello che vuoi”.
Oltre all’esibizione al Monk, l’appuntamento che Motta ironicamente dà al suo pubblico è tra dieci anni con un nuovo album, di cui -scherzando dice- “già sapete il titolo”. Speriamo solo non abbia parlato sul serio e speriamo di non dover attendere davvero altri dieci anni per apprezzare l’originalità e la malinconia mista a realismo di questo sarcastico toscano.