Intervista a Maleducato, per un jazz educatissimo

Tommaso Sabatino, in arte Maleducato, inizia giovanissimo a masticare musica e studia violoncello e pianoforte. Il primo pubblico lo incontra già a scuola, intorno ai 15 anni, tra un’assemblea d’istituto e l’altra. Il jazz e il blues lo cullano, ma il rock non manca e il violoncello si trasforma in un basso, perché lo sappiamo, i Pink Floyd ti cambiano i connotati. Poi una prima esperienza sanremese e recentemente il podio al Cantagiro 2020. Adesso sono libero è fuori da circa un mese, e promette davvero bene.
Ciao, Tommaso! Come mai “Maleducato”, un nome d’arte che sembra fare attrito con le tue canzoni, i cui testi sono invece molto attenti al linguaggio e mai volgari?
Questo nome ha ovviamente una storia che nasce con la canzone omonima, è un progetto musicale che vuole essere diverso, con sonorità che vanno verso il jazz, per me molto importante. Questo genere nasce con le work songs, quelle stesse canzoni che hanno dato la libertà a chi le cantava, dai campi, fino alla musica di oggi, passando per New Orleans. Maleducato è anche basato sull’ironia che il jazz sa trasmettere. Secondo me, la cosa più difficile oggi è cercare di fare le cose normali. Abbiamo dimenticato il concetto di quotidianità, e non mi riferisco solo alla pandemia, siamo in una società nella quale la noia la fa da padrone, tornare alle cose normali ci aiuta anche a crescere. Voglio raccontare una storia normale, che faccia anche sorridere.
Adesso sono libero si ricollega molto a Maleducato, nel tuo ultimo singolo menzioni Aznavour, un cantautore che sembra così lontano dalla tua generazione.
“Adesso sono libero” aveva altri titoli come “Mon amour” o “La città di notte”. Richiama un’atmosfera notturna, un po’ parigina, ambiente di Aznavour, artista universale che è stato un grande uomo da molti punti di vista, un genio del Novecento. C’è un richiamo anche all’ambientazione di “Vecchio frack” di Modugno, nel suo periodo francese prima dei grandi successi. Vai dove vuoi, alla fine Modugno c’è sempre.
È evidente che il jazz e il blues sono importanti, ma cos’altro ascolti?
Ascolto tutto, ma ho una grande passione per la musica rock e per il cantautorato italiano. Ho avuto la fortuna di ereditare un’importante collezione di vinili che comprende anche pezzi dal ’68 in poi, Pink Floyd soprattutto. Mi piace molto come si sta sviluppando l’indie italiano, e rap e trap, rispetto alla musica americana. Abbiamo davvero una grande cultura musicale in Italia, da fare invidia a tutto il mondo, e di questo vado molto fiero.

Con Se non ci sei hai respirato per la prima volta l’aria di Sanremo. Quanto è stata importante quest’esperienza?
All’inizio del progetto con “Se non ci sei” sbarcai ad Area Sanremo 2018, arrivando alla finalissima. Fu un’esperienza bellissima che mi mise davanti alla realtà discografica italiana, ho avuto l’opportunità di conoscere molti ragazzi, anche più grandi di me, che provenivano da realtà musicali diverse. Nel 2020 ho avuto anche la fortuna di essere a Casa Sanremo. È stato un momento di crescita, emozionante, che mi ha lasciato senza fiato; che dire: è stato il mio primo palco di Sanremo.
E di Sanremo 2021 cosa ci dici?
Sono contento delle scelte artistiche che sono state fatte, soprattutto rivedere un teatro aperto dopo così tanto tempo. Ho apprezzato i Måneskin, che seguivo già da tempo. È stato comunque un podio inedito, ho apprezzato molto Madame, e ho trovato bellissima la denuncia di Willy Peyote. Mi aspettavo una posizione migliore per Noemi e Annalisa. Tra gli ospiti, Loredana Bertè si è riconfermata una grande innovatrice, così come Achille Lauro, che continua a suggerire a noi giovani di continuare, nonostante le barriere sociali, a esprimerci liberamente contro la cultura dell’odio. Purtroppo, restiamo troppo spesso osservatori passivi dinanzi le ingiustizie.

Al Cantagiro 2020 sei salito sul podio dei vincitori, quale ricordo porterai con te?
Fantastica esperienza, sono stato circondato da molta gente esperta, cordiale e disponibile. La prima sera mi esibii con la cover di “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla. Poi le semifinali a Fiuggi e la finalissima. Mi sentivo poco sicuro di me quel giorno, complice forse la malinconia tipica della fine dell’estate, ma fu invece una serata splendida, diventai quasi un’icona indossando il cappello che adesso campeggia sulla copertina di “Adesso sono libero”. Alla fine, fui felicissimo di quella esibizione, il pubblico si era divertito. Credo che l’obiettivo finale dell’artista sia trasmettere, anche per pochi minuti, un po’ di felicità.