Bais. Apnea, un viaggio musicale alla costante scoperta di sé

Bais è Luca Zambelli, cantautore originario di Bassano del Grappa ma di stanza a Milano. Il 21 ottobre è uscito Apnea, l’EP d’esordio del suo nuovo progetto musicale, un tuffo nell’intimo, un dolce naufragar nel mare dei suoi pensieri. Cinque brani che parlano di lui e della sua vita, caratterizzati da un sound suggestivo e a tratti quasi visionario, sempre ricercato e avvolgente.
Tra le ansie di una generazione e lo scorrere incessante del tempo, Bais propone un disco da ascoltare “con la testa per aria e i piedi staccati da terra”, in una realtà quasi immaginaria per compiere un viaggio in un’altra dimensione, alla costante scoperta di sé stessi. Dopo l’esordio nel 2019 con il singolo Milano, seguito poi da La luna al sole, Vorrei e Déjà Vu, oggi Bais è pronto a far immergere gli ascoltatori nella sua Apnea. L’abbiamo intervistato.

Ciao, Luca! Iniziamo subito da Apnea. Descrivici l’album.
Certo! Apnea è un album acquatico. Il titolo scelto è un po’ slegato dal significato comune, per me apnea è infatti un’immersione intima, un viaggio in prospettiva, è un concetto che descrive me anche durante il momento della lavorazione del disco. Apnea è fresco ma al tempo stesso profondo, in bilico tra leggerezza e pesantezza. L’acqua è il fiume che scorre a Bassano, quindi qualcosa di personale, una descrizione del mio rapporto con lo scorrere del tempo. Apnea è protezione, la culla del grembo materno.
“Dove si va a finire non lo sa nessuno, io quando ci penso che ansia”, cito da Dove si va. Nella situazione attuale come è possibile affrontare l’ansia del futuro?
La paura del futuro è uno dei pochi pensieri che mi hanno accompagnato sin da piccolo. Il futuro, l’incertezza di ciò che ci aspetta, mi ha sempre creato angoscia. La difficoltà del periodo attuale può essere superata dedicandosi a sé stessi e alle proprie passioni, come abbiamo fatto mesi fa. Durante la quarantena passata ho approfittato per suonare e rivedere il materiale che era rimasto in cantiere, da lì è poi nato il disco, anche ripescando vecchie idee.
Un salto indietro. “Milano un po’ ti odio un po’ ti amo”, com’è oggi il tuo rapporto con questa città?
Diciamo che è migliorato, ma non penso che diventerà mai solo amore. Come tutte le cose della vita, nulla è solo rose e fiori, c’è sempre qualcosa che non va. Quello tra me e Milano è un intenso connubio di amore e odio, un leggero risentimento verso un luogo che non mi appartiene e che non rispecchia in toto. Ho lasciato Bassano per andare a studiare all’università, quindi non è stato un trasloco emotivo e voluto a pieno, ma dovuto, una necessità.
Infine, quali i progetti futuri?
Ho un tour in cantiere, ma è tutto in fieri. La situazione attuale non ci consente di fare programmi e organizzare concerti, è tutto rimandato a giorni migliori. Oggi mi concentro sulla promozione del disco, con la speranza di provare a registrare qualcosa di nuovo e, quando si potrà, proporlo durante i live.