Riccardo Inge. L’esplosione di consapevolezza di un amore al fulmicotone

Un amore estivo, la presa di coscienza dei propri sbagli e la voglia di mettersi a nudo con sincerità: tutto questo è Fulmicotone, il nuovo pezzo di Riccardo Inge, cantautore e ingegnere, voce che ha la necessità di farsi sentire. Il gioco di sguardi al fulmicotone è un’esplosione di energia, che supera la barriera del virtuale per far riemergere una comunicazione reale.
L’amore non è bianco e non è nero, è un caleidoscopio di sfumature diverse che variano incessantemente e generano bellezze e incomprensioni. Le scelte sbagliate possono causare la rottura dei rapporti interpersonali, ma questo non significa la fine di un affetto, che permane nonostante gli errori e la sofferenza. Riccardo Inge canta la consapevolezza di un uomo che capisce di aver sbagliato e si rivolge alla donna, ammettendo i propri errori. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere al telefono con l’artista, ecco la nostra intervista.
Ciao, Riccardo! Iniziamo da Fulmicotone. Parlaci del pezzo.
Fulmicotone è una canzone che ho scritto per raccontare una storia d’amore. Sembra qualcosa di banale, ma per me è stata un’esperienza nuova e originale, è difficile parlare d’amore in maniera efficace e non scontata. Quando avviene una frattura solitamente i due amanti si insultano, qui invece è l’uomo stesso a rendersi conto dei propri errori e a voler spiegare l’origine degli sbagli commessi, con tutte le sfumature del caso. Fulmicotone sono gli sguardi, la miscela esplosiva che c’è tra i due.
Puoi darci qualche anticipazione sui progetti futuri?
Certo! Il singolo fa parte di un progetto più ampio che vedrà la luce (spero) a breve con la pubblicazione di un album. L’emergenza sanitaria nazionale non ci consente di fare previsioni future, ma crediamo di poter far conoscere il disco al pubblico il prossimo anno. L’obiettivo è per noi riuscire a pubblicare il disco in un periodo storico che sia più roseo, così da poter portarlo in giro per l’Italia e far ascoltare i pezzi nei live.
“Quante volte hai pensato di mollare ogni cosa”, cito da Finale di Champions…
Sì, è una frase che caratterizza tutti noi, anche me. Da ingegnere spesso penso di mollare tutto per dedicarmi a un lavoro che è più sicuro e che può darmi una garanzia maggiore di stabilità, ma la passione e la voglia di mettermi in gioco ed esprimere la mia musica sono implacabili. La vita da musicista è una scommessa continua, ci si dedica con anima e corpo alla produzione e non sempre arrivano le soddisfazioni, ma ne vale comunque la pena.
Immagina una collaborazione.
Mi piacerebbe organizzare un feat con un’artista femminile, penso in particolar modo a Francesca Michielin. La mia indole indipendente mi sprona però anche a cercare una collaborazione con una cantante meno nota, emergente, in modo da poter crescere insieme e provare a far sentire le nostre voci, con l’intento di occupare un posto nel panorama musicale contemporaneo.
In passato hai collaborato con Cranio Randagio. Raccontaci qualche aneddoto.
Proprio in questi giorni ho postato sui social una foto che ci ritrae insieme mentre stavamo andando sulla diga del Vajont per girare il video del nostro pezzo, quattro anni fa. Io e Vittorio eravamo due persone molto diverse, sia per un discorso di età sia per i modi di fare e i percorsi musicali intrapresi. La cosa bella di Vittorio è sempre stata quella di essere un ragazzo molto disponibile e alla mano. Spesso è venuta alla luce un’immagine di lui negativa e pessimista, ma errata. Era divertente e spiritoso, un’anima travagliata ma bella e coraggiosa. Ricordo in modo particolare un episodio, durante le riprese del videoclip, in cui ha fatto finta di provarci con la proprietaria dell’attività ricettiva, scherzando insieme a lei con ironia e gentilezza.