Adelasia. Il passato malinconico, intimo e colorato del 2021

Con lo sguardo al passato, Adelasia si racconta in 2021, il suo album d’esordio targato Sbaglio Dischi. Cantautrice classe ’95, nata a Lucca ma cresciuta a Roma, unisce insieme sfumature elettroniche e un’atmosfera tipicamente indie-pop, in cui canta la sua malinconia, la fine di un amore, il ricordo di giorni trascorsi, la descrizione di un momento. Ma Adelasia non si fa vincere dal malessere, lo trasforma in linfa vitale per riemergere e imparare a crescere.
2021 è il numero civico della casa d’infanzia di Adelasia, che con questo album ci invita a entrare in casa sua, nel suo intimo, per conoscere le scelte che l’hanno cambiata e le esperienze che l’hanno formata. Nel disco c’è tutta la sua adolescenza, la sua incoscienza e la sua ingenuità. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei, ecco la nostra intervista.

Ciao, Adelasia! Iniziamo subito da 2021. Descrivici l’album.
2021 parla della mia adolescenza, che ho trascorso a Lucca in una casa sita proprio al civico 2021. Nel disco ci sono le paure, i pensieri, le amicizie e gli amori che risalgono a quel periodo della mia vita. Se dovessi scegliere qualche parola per poterlo descrivere ti direi intimo, delicato e colorato. È un album personale, che ha in sé tante sfaccettature che pochi conoscono, è ricco di sfumature al suo interno.
“Hai mani così grandi tu non sai quanta forza hai” cito da Camera mia, brano in cui racconti di un amore che diventa ossessione e dipendenza…
Sì, perfettamente! La violenza può manifestarsi sotto varie forme, non è solo fisica, c’è anche quella psicologica. La storia cantata in Camera mia è ovviamente romanzata, non ho subito violenza, ma la relazione che avevo al tempo non era comunque sana, c’era qualcosa che non andava. Le due immagini della mancanza di sorriso e dell’uso della violenza sono il simbolo di un rapporto malsano, che produce violenza e sofferenza.
Ti è mai capitato che qualcuno si riconoscesse nei testi delle tue canzoni?
Sì, in particolar modo proprio con Camera mia, che racconta della mia storia più lunga. Questa persona ha sentito la canzone e ha capito che era lui il protagonista. Certo, visto che i testi sono romanzati, gli ho dovuto spiegare che ovviamente non lo ritenevo una persona violenta, ma comunque lui era cosciente che il nostro amore era stato sofferente e non del tutto sano.
In Aliena nomini la scrittrice Agatha Christie. Com’è il tuo rapporto con la letteratura?
È stato conflittuale durante l’adolescenza, per poi trovare oggi un incontro d’amore. La mia famiglia ha un legame particolare con la letteratura, mia madre per esempio scrive e legge un sacco. Io sono sempre stata più ribelle, forse per distaccarmi proprio da questa indigestione culturale che regnava in casa. Leggevo poco e malvolentieri, col tempo però ho trovato il mio genere e ho compreso la bellezza della lettura. Non bisogna per forza avvicinarsi ai grandi classici, non esclusivamente almeno, basta trovare un proprio genere e dedicarsi a esso. Ho quindi capito l’importanza di leggere quando ho trovato dei libri che mi facevano emozionare.
“Il mare di ottobre odora di passato remoto”, cito Passato remoto. Parlaci del pezzo.
Dopo una storia d’amore estiva sono tornata nella mia casa al mare con un insieme di sensazioni malinconiche e ho osservato la distesa di acqua davanti a me. Il mare è pieno di ricordi, odora del nostro passato, ci conosce ed è testimone delle azioni. Ci accoglie e ci consola, rimandandoci indietro i ricordi, gli odori, i rumori e le emozioni, senza chiedere mai alcunché in cambio.
In chiusa al disco racconti la storia di Valerio Verbano. Come mai questa scelta?
La vicenda di Valerio Verbano è strettamente legata alla città di Roma e nella zona in cui abitava ci sono ancora le scritte sui muri che lo ricordano. La canzone è un mio modo di rendergli omaggio, tutti dovrebbero conoscere la sua storia. Siamo abituati a ricordare sempre i grandi eventi e tralasciamo spesso i piccoli personaggi, che ci hanno però insegnato tanto e hanno lasciato un segno indelebile.