L’edera. Una generazione in balia del vento, ma pronta a salpare

Cantautore classe ’95, L’edera è Alberto Manco. Dalla Puglia all’Emilia Romagna, cresciuto all’interno di un mondo scevro di certezze, oggi canta la precarietà di un’intera generazione che non si lascia però mai sopraffare dalla paura e coraggiosamente guarda sempre al futuro, con sguardo deciso e aggrappandosi a mezzi di fortuna. In balia delle onde, come una zattera in mezzo al mare, è necessario tracciare giorno per giorno la rotta da seguire, in costante connessione con l’altro e alla scoperta della bellezza del mondo.
Il progetto di Alberto, proprio come un’edera, si evolve lentamente e cerca di conquistare il proprio posto nel panorama musicale contemporaneo, dando spazio alle più intime emozioni ed entrando in contatto con l’altro, per riuscire a sconfiggere la solitudine. L’edera cresce passo dopo passo e si propone di instaurare un dialogo costruttivo con il prossimo, una comunione tra personali introspezioni, una comunicazione che genera ricchezza. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista; ecco la nostra intervista.

Ciao Alberto, il nuovo brano è una Zattera che cerca un approdo in mezzo al mare. Parlaci del pezzo.
Sì! Nato durante una pausa studio, Zattera è un intimo dialogo con una persona cara. Mi sono reso conto che non avevo molto da offrire alla ragazza che mi stava accanto al tempo, ero immerso nella precarietà come la mia intera generazione e non potevo garantirle un futuro rassicurante. L’unica certezza che avevo era il mare, le mie origini. Il male comune della generazione anni ’90 è proprio questa incertezza costante, siamo tutti su una zattera in mezzo al mare, in cerca della nostra stabilità.
Nel testo dici “Tutto quello che so fare non è necessario”, l’esperienza della quarantena avrebbe dovuto condurci ad apprezzare le piccole cose. Cosa hai imparato?
Mi sono reso conto che la cosa da cui sentivo la necessità di ripartire al termine del lockdown era la collettività. Dopo un isolamento forzato ho percepito l’esigenza urgente di comunicare con l’altro, di connettermi con le persone per mezzo della mia musica, instaurando con loro un dialogo e superando la solitudine. Sento il costante bisogno di cercare dei ponti, creare dei collegamenti con chi mi sta intorno.
L’album che ti ha accompagnato e ha avuto un ruolo cardine nella tua formazione.
Penso in modo particolare a La testa indipendente dei Tre allegri ragazzi morti. Intorno ai 18 anni ho consumato completamente tutti i loro album, ma è stato questo disco a portarmi a innamorarmi davvero di loro e a iniziare a seguirli.
Immagina un feat…
Ti direi Vasco Brondi de Le luci della centrale elettrica, è un artista che mi ha sempre affascinato per le sue capacità e sarebbe davvero un sogno poter collaborare.
“È pieno di promemoria il calendario del mio futuro”, cito da Zattera. Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?
Certo, ho già parecchi brani in cantiere, pronti a vedere la luce al più presto. Il calendario è fitto di obiettivi da raggiungere e non vedo l’ora di poter far conoscere al pubblico i nuovi pezzi e raccoglierli in un progetto discografico unitario da diffondere in tour.