GIEI e Luca Dell’Olio al Polski kot. Torino combatte il covid con la cultura

In via Massena 19, a Torino, c’è un piccolo circolo ricreativo che vuole sconfiggere il covid con la cultura. Il Polski kot (gatto polacco) è un angolo felice nel cuore della frenesia cittadina, un luogo in cui l’arte può fiorire liberamente, immersa in un’atmosfera familiare e a tratti quasi underground. Polski kot nasce nel 2010 come associazione culturale che punta sulla diffusione in Italia (e in modo particolare nell’ambiente torinese) della realtà artistica slava, ponendo al centro la promozione della cultura polacca.
Il circolo è un ponte interculturale che mette in relazione realtà differenti e ne mostra le intime bellezze, in un incontro che genera ricchezza. Da dietro il bancone del Polski kot, Daria e Anna ci hanno raccontato la loro esperienza al circolo, la promozione dell’arte che va oltre i confini territoriali e che non si lega a scopi economici ma è spinta dall’esigenza di conoscere l’altro e di crescere grazie allo scambio culturale.
“L’associazione è un punto di riferimento per le culture slave e organizza eventi ricreativi, corsi di lingue (polacco, russo, serbo-croato per principianti e avanzati, per adulti e bambini), presentazioni di libri, mostre, proiezioni cinematografiche, corsi di poesia e letteratura straniera, aperitivi e cene a tema.” (Daria Sitek)
La musica come strumento per esorcizzare la paura e superare questo delicato momento storico. Ieri, 2 ottobre, GIEI (Marco Panichella) e Luca Dell’Olio si sono esibiti in acustico al circolo; abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro.
Cantautore ligure di stanza a Milano, GIEI definisce la sua musica il frutto di tanto sudore, ginocchia sbucciate, malinconia e voce spezzata e con la chitarra racconta sé stesso, il soggiorno a Londra e a Torino, le paure, le aspettative e i desideri. Tra cantautorato, blues e punk, GIEI canta anche la sua Liguria, in modo intimo e ricercato.

Dopo un periodo di pausa sei tornato con il videoclip di Fuori tempo. Come mai questa scelta?
Ho sempre pensato a Fuori tempo come a un singolo, parte di Panic ma che ha anche una vita propria. È un pezzo molto vecchio a cui sono particolarmente legato e che ha in sé tante sfaccettature, anche sonore.
Descrivi Panic con tre aggettivi.
Sì, Panic è dadaista, eclettico e intimo. I primi due aggettivi sono dettati dal fatto che è un album un po’ matto, formato da pezzi totalmente diversi tra loro, che vanno dal punk rock al country e al blues; intimo, invece, perché ci sono riferimenti personali che solo io riesco a capire e che mi rappresentano a pieno.
Cantautore ma anche sceneggiatore…
Sì, l’altra mia anima. A Milano lavoro prettamente per Sky Arte e per loro mi occupo della scrittura di vari documentari. Scrivere, raccontare storie, è sempre stata una necessità per me e già durante gli anni dell’Università scrivevo per la radio a Torino.
Cosa ha adesso in serbo per noi GIEI?
Il ciclo Panic è giunto al termine. Adesso inizia un nuovo percorso, ho già alcuni brani in cantiere e l’idea imminente è quella di racchiuderli in un EP, da pubblicare e far ascoltare al più presto.
Luca Dell’Olio è invece un cantautore comasco classe ’92. Trasferitosi a Torino, è proprio qui che inizia a comporre, ispirato dal folk, dal bluegrass e dal rock classico. Amante dell’inglese come strumento linguistico per diffondere la sua arte, Luca è un timido uragano pronto a conquistare il palco.

Da Como a Torino, raccontaci la tua storia.
Certo! Dopo il liceo era arrivato il momento di cambiare completamente ambiente, i ragazzi di Como di solito si trasferiscono a Milano per studiare ma io non volevo seguire questa strada e Torino mi ha accolto. Ho iniziato a studiare al Dams, ma sentivo in me l’esigenza di dedicarmi a pieno alla musica, quindi ho cominciato con le performance per strada e a comporre i primi pezzi in inglese.
Come mai la scelta di scrivere solo in inglese?
È nata naturalmente, non è stata una decisione premeditata. Quando scrivo, il testo sorge sempre spontaneamente in inglese, è il mezzo espressivo che riesce a rappresentarmi meglio, lo strumento linguistico che accompagna da sempre la mia musica.
Un album importante per la tua formazione artistica e personale.
È difficile sceglierne uno solo, in primis forse ti direi Pet Sounds dei Beach Boys e Doolittle dei Pixies.
Puoi darci infine qualche anticipazione sui progetti futuri?
A novembre uscirà il mio primo album, che attualmente esiste solo in vinile in edizione limitata. Dopo la pubblicazione, spero di poterlo portare in giro nei locali (covid permettendo), per far conoscere i nuovi pezzi e fare quello che più amo, suonare live.
Continuano intanto gli eventi culturali al Polski kot e 2duerighe è in prima linea per seguirli.