Dellarabbia: “Persi in un girone dell’inferno, non abbandoniamo la speranza”
Il 18 settembre è uscito L’Enigmista, il primo singolo dei dellarabbia, un collettivo musicale nato dall’incontro tra le influenze del cantautorato italiano vecchio stampo e il nu-folk internazionale. Immersi in un mondo schiavo della tecnologia e trascinato avanti dai sentimenti negativi, i dellarabbia vogliono essere un barlume di speranza, un punto di vista non ancora raccontato che fa dell’empatia un faro da seguire. Il collettivo nasce dalla collaborazione tra Marco De Vincentiis, Americo Roma, Adamo Fratarcangeli, Federico Garofali, Piergiorgio Tiberia e Paolo Notarsanti. Li abbiamo intervistati, ecco la nostra chiacchierata…
Ciao, ragazzi! Iniziamo subito da L’Enigmista, perché la scelta di questo personaggio?
L’enigmista è una figura particolare, caratterizzata da un’accezione sempre negativa, sia nel film horror Saw sia in Batman Forever. È un personaggio che usa gli enigmi per dare alle proprie vittime una scelta fra la vita e la morte, ponendo loro un quesito che potrebbe salvarle. Abbiamo deciso di personificare questa figura che per noi oggi è rappresentata da Internet. Il brano parla dell’imbrutimento del mondo contemporaneo, la cui società è chiusa nella stanza dell’enigmista, ovvero nella realtà dei social network. Il male nasce da noi, che abbiamo trasformato questa risorsa in un luogo in cui sfogarsi senza limiti di decenza, un girone dell’inferno.
“Miliardi di commenti nella testa […] milioni di opinioni”, cito il testo. Siamo quindi immersi in una puntata di Black Mirror?
Perfettamente! La promozione permette di svelare a poco a poco le carte, ma c’è un filo rosso che collega tutti i brani dell’album e Black Mirror è un riferimento culturale che rispecchia a pieno il concept del disco. Siamo figli della rabbia, come dice il nostro stesso nome, prendiamo da ciò che ci circonda spunti per creare qualcosa di nuovo con la speranza di sfuggire un giorno da questo sentimento. Ci sentiamo immersi in un contesto pieno di risentimento e ci piacerebbe fare un passo indietro, per tornare in un mondo più umano, in cui si dà il giusto peso ai pensieri e alle idee degli altri, senza sprofondare nelle emozioni negative.
Cosa vuole essere il vostro collettivo musicale all’interno del panorama contemporaneo?
Dellarabbia si vuole distinguere per contrasto, guardando alle cose in un modo differente e provando a essere diversi. Siamo un aspetto non ancora raccontato, che si inserisce nel cantautorato italiano ma mette in campo una narrativa vecchio stampo, cercando di cogliere dei riferimenti dalla realtà intorno a noi.
Immaginate un feat…
Abbiamo diverse idee al riguardo, ci piacerebbe collaborare per esempio con Brunori Sas, Samuele Bersani o Caparezza, artisti che fanno di un punto di vista diverso il loro modo di raccontare la musica.
Infine, cosa dobbiamo aspettarci da “L’Era della Rabbia”?
L’Era della Rabbia è un disco suddiviso al suo interno in tre macroaree. La prima mette al centro l’imbrutimento individuale e collettivo del mondo contemporaneo; segue la tematica dei rapporti interpersonali, in cui la parte emozionale incontra il racconto della difficoltà di instaurare relazioni tra gli uomini; infine la questione generazionale, che pervade anche il brano Ci siamo persi, nel cui testo è evidente la presenza di riferimenti anni ’90 e duemila (come la carta della Luna Nera). Siamo una generazione cresciuta con l’idea di dover abbandonare casa, ci siamo persi in un mondo pervaso dalla rabbia ma non abbiamo abbandonato la speranza.