Intervista a Tia Airoldi. Il medium musicale a servizio dell’altro

Il protagonista dell’intervista di oggi è Tia Airoldi, cantautore di Cassano d’Adda, classe ’87. Immerso in un’atmosfera folk rock di stampo americano, Mattia è musicista, docente e studente di musicoterapia. La parola d’ordine è sperimentare, esplorare nuove sfere sensoriali, da cui ha avuto anche vita lo scorso anno l’installazione In Utero, un viaggio acustico all’interno del grembo materno. Dall’incontro prolifico con Fabrizio Campanelli è nata Isn’t it Fine, colonna sonora dello spot pubblicitario di Immobiliare.it, un brano evocativo e leggero, che ci permette di sollevarci da terra e immergerci nel suo sound suggestivo. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mattia, ecco la nostra intervista.
Ciao, Mattia! Iniziamo subito da Isn’t it Fine, scritta in collaborazione con Fabrizio Campanelli. Parlaci della genesi del pezzo.
Il pezzo nasce come primo embrione un pomeriggio di qualche anno fa nello studio di Fabrizio, il Candle Studio di Milano, da una sua intuizione. Abbiamo iniziato a lavorare insieme a questa prima bozza che conteneva già degli elementi presenti nell’edizione definitiva. Anni dopo abbiamo rimaneggiato il pezzo e l’abbiamo reso nella forma canzone, con riferimenti al folk rock di matrice americana e in questa sua ultima confezione ha incontrato poi lo spot di Immobiliare.it che sicuramente ha fatto da cassa di risonanza per il pezzo, contribuendo alla sua diffusione.
La colonna sonora che avresti voluto scrivere…
Wow, questa è una domanda bellissima e che mi esalta! Io sono un grande amante delle colonne sonore, anzi Fabrizio l’ho conosciuto proprio così, in occasione di una campagna pubblicitaria bellissima per Calzedonia, se non ricordo male. Mi ero incuriosito sentendo il brano, ho scoperto che l’autore era Fabrizio e ho provato a incontrarlo. Comunque, un film che non posso eleggere a mio preferito per colonna sonora ma che credo abbia una perfetta aderenza tra musica e vicenda narrata è Gattaca.
Nel brano dici “Imagine a world, You can call it home, The warm sun after the storm”. Qual è la tua casa?
La casa sicuramente è un luogo dove ci si augura di star bene, dove ci si possa sentire accolti. È anche qualcosa che uno si porta dentro. Spesso ci si sente in conflitto nel luogo fisico della casa, avulsi dal contesto, ma il sentimento c’è quando lo porti dentro. Casa è calore.
Il testo ha una vera struttura poetica e questo non è banale, è un plus da non sottovalutare nel panorama musicale contemporaneo. Com’è il tuo rapporto con la poesia e la letteratura?
La mia istruzione di base è stata quella del liceo classico, in cui si affrontano materie particolari come l’epica, che ti dà modo di avvicinarti ad alcuni componimenti poetici. Sono sempre stato affascinato dall’antichità. Tra le altre cose, ho anche una laurea in Archeologia. Ciò che mi affascina del mondo della letteratura in generale è la ricerca di qualcosa di mitico e di universale, la capacità delle parole (che sono già suoni di per sé) di evocare mondi e suggestioni potenti.
Quale libro c’è sul tuo comodino per ora?
Sto rileggendo i gialli di Simenon. Durante il periodo della quarantena ho letto diversi saggi relativi alla dimensione pedagogica della musica, ma per evadere e staccare dalla routine mi piace immergermi nei gialli e nei noir. Un altro autore, un po’ diverso, che apprezzo particolarmente è Jean-Claude Izzo che mi fece conoscere una mia ex collega di scuola e che credo sia una lettura immersiva e molto piacevole.
L’istallazione In Utero è un viaggio sensoriale nel grembo materno. Com’è nata l’idea?
Tutto questo fa parte di un’altra mia personale sfera di ricerca, infatti io sono studente di una scuola di musicoterapia ad Assisi. L’esperienza come docente nella scuola primaria, in particolare come maestro di sostegno, mi ha spinto a utilizzare il medium musicale a servizio dell’altro. In Utero è stata un’esperienza organizzata insieme all’associazione milanese Fedora, che si occupa di creare possibilità accessibili a non udenti e non vedenti. L’idea di lavorare sul suono primigenio, prenatale, è frutto del fatto che tutti possiamo concepire questa realtà, perché è parte di noi e l’abbiamo vissuta. Un ritorno dentro il primo paesaggio sonoro che tutti abbiamo abitato, confezionato con il cibo di suoni interni ed esterni, è stato reso possibile grazie alla pedana sensoriale che per mezzo delle vibrazioni permette di percepire il propagarsi dei suoni, anche per i non udenti.
Musicista e insegnante. Come conciliare le due cose?
Le giornate sono piene, non ci sia annoia mai. Chiaramente per come è impostata la musica la parola chiave deve essere flessibilità, mentre insegnare in una scuola significa calendarizzare e avere orari prestabiliti. Suonare comporta anche mancare per diversi giorni da casa e questo può essere difficile per chi svolge il mestiere di insegnante. Avendo però pazienza e trovando il modo giusto di gestire le relazioni con tutti si riesce a trovare il modo per conciliare gli appuntamenti.
Come hanno reagito i tuoi alunni quando hanno sentito lo spot in televisione?
Quest’anno non ho insegnato nella pubblica istruzione ma ho collaborato con una scuola privata di musica a Cassano d’Adda, in provincia di Milano. Tanti ex alunni, però, mi hanno scritto e mandato disegni, contentissimi e desiderosi di condividere con me questo momento di gioia.
Infine, parlaci un po’ del disco in uscita.
L’album è in embrione, ma ci sono già diversi pezzi in cantiere. Per me sarà una prima incursione nella lingua italiana, avendo sempre scritto in inglese, per cui mi definirei in un periodo di sperimentazione e di studio. Non abbiamo ancora date certe, ma a settembre sicuramente si potrà sentire qualcosa.