Aim. La frammentarietà dell’uomo nel campo di battaglia di Gravity

Realtà distopica e conflitto interiore tra libertà di combattere e tentazione di scappare, sound ricercato e distorto, chitarre elettriche che incontrano un’atmosfera evocativa e a tratti anche trap, questo è Gravity, l’ultimo figlio degli Aim. Band brianzola nata nel 2003 e formata da Marco Fiorello e i gemelli Matteo e Marco Camisasca, gli Aim presentano in questo 2020 un disco sperimentale, che unisce le tipiche sonorità rock con elementi nuovi, elettronici e psichedelici.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere al telefono con Marco Fiorello, che ci ha raccontato il campo di battaglia di Gravity e la realtà descritta nelle tracce che compongono l’album. L’uomo deve trovare quello che non va e avere il coraggio di cancellarlo per ricostruire qualcosa di nuovo e migliore, senza rimpianti e lamenti sterili. Ecco la nostra intervista…
Ciao, Marco! Gravity è un combattere, fermarsi e contrattaccare. Parlaci di questa realtà distopica e distorta.
La realtà di Gravity è un campo di battaglia in cui si snodano le varie canzoni, un inno alla libertà intesa non come fare quello che si vuole ma una tensione ad aderire al proprio centro di gravità, che ci determina e ci definisce. Questa libertà è in continuo conflitto con la tentazione di scappare e di arrendersi. Le due anime della nostra band, eterea e rock, sono anche il simbolo del conflitto, cui si aggiungono poi elementi nuovi, un sound innovativo, sperimentale ed esoterico. La frammentarietà dell’uomo è descritta passo dopo passo all’interno dei nostri pezzi, partendo dal punk fino ad arrivare anche alla trap.
“Where’s my place?”, cito Superweeds. Qual è?
Superweeds è nata dopo una festa nei campi in Brianza. Ho visto l’immagine di me stesso da fuori e mi sono chiesto quale fosse davvero il mio posto. È casa mia, sono i rapporti decisivi che bisogna coltivare tutti i giorni senza dare nulla per scontato. La mia casa è la mia cura per non vivere sottosopra.
L’impulsività e l’eccesso sono alla base di No Regrets. È così anche nella vita?
Nella vita l’impulsività non è proprio parte di me, mi piace ascoltare e non parlo tanto, ma non rinuncio a dire la mia opinione quando è il caso. No Regrets canta la libertà di vivere senza rimpianti, essere se stessi e avere il coraggio di combattere nel campo di battaglia della realtà.
L’amore per voi è un continuo odi et amo, turbolento e lacerante. Come mai?
Il rapporto umano è il lavoro più difficile che ci sia al mondo, che sia amicale o amoroso. Devi impegnarti, fare dei passi indietro e faticare per mantenerlo vivo. Puoi sanguinare, mettere giù le armi e decidere di smetterla di star male, ma se ci tieni davvero cerchi di costruire qualcosa e di non scappare, decidi di provarci.
I vostri testi ricordano i conflitti interiori e rivoluzionari alla Donnie Darko. In Always erasing dici infatti “Erase, rewind, rewrite”…
Esatto! Il lamento è inutile, perché è sterile e non costruisce niente, in noi c’è la voglia di cambiare. Ogni giorno è un tentativo di ripartire, cogliere ogni occasione per migliorare. Puoi lamentarti oppure puoi decidere di alzare la testa, cancellare ciò che non va, riavvolgere il nastro e costruire qualcosa di nuovo e migliore.
Poisoned è lo specchio di un mondo che ci avvelena con la sua ipocrisia. Qual è l’antidoto?
In effetti il disco si conclude con questa ultima traccia che è uno sfogo vero e proprio contro ciò che ci avvelena, contro il lavoro, gli amici, il sesso, i soldi, la macchina. L’antidoto sicuramente è appunto non far vincere il lamento, dedicare la propria quotidianità a trovare il coraggio di mettersi in discussione nei rapporti e combattere nel campo di battaglia. La situazione che stiamo affrontando dovrebbe spingerci a creare una società diversa e spero che sia così, ma purtroppo io credo che non sia questo il vero antidoto che cambia il cuore dell’uomo.